‘Ndrangheta, Esercito, cantieri A3. Intervista al Prefetto Varratta: «Reggio non è e non sarà militarizzata»

Sul pentito Nino Lo Giudice: «Bisogna capire il movente degli attentati, il perché»

di Angela Panzera
Reggio Calabria. Un anno intenso di lavoro, scandito prima dalle bombe, e poi dal passo dei militari. Doveva insediarsi il 12 gennaio, con calma; da Crotone a Reggio i chilometri non sono tanti, ma le festività natalizie ancora dovevano terminare e quindi si riprometteva di arrivare in riva allo Stretto a metà della seconda settimana di gennaio. Luigi Varratta, attuale Prefetto reggino, che ha preso il posto di Francesco Musolino, invece ha dovuto fare in fretta i conti con la bomba alla Procura Generale del 3 gennaio, e poco dopo con la rivolta degli immigrati di Rosarno il 7, ma soprattutto con la grande attenzione mediatica che ha catapultato la nostra città al centro della cronaca nazionale. Un anno intenso, col calendario segnato dalla reazione rabbiosa della ‘ndrangheta, e dai colpi inferti sempre più duri ed efficaci dallo Stato. Nei giorni scorsi il Prefetto ha inoltrato la richiesta al Ministero dell’Interno per far giungere a Reggio gli uomini dell’Esercito, adesso forse sarà costretto a ricontattare Roberto Maroni e  Ignazio La Russa per l’invio dei militari lungo il V macrolotto dell’A3 Salerno Reggio Calabria che da anni è oggetto di furti, danneggiamenti e rallentamenti vari dietro ai quali, quasi sempre, c’è l’ombra della criminalità organizzata.

Arriverà davvero l’esercito per sorvegliare i cantieri del V Macrolotto dell’A3?
Stiamo valutando seriamente l’ipotesi di richiedere l’ausilio dell’Esercito per la sorveglianza del quinto macrolotto dell’A3 Salerno-Reggio Calabria, ma la situazione non è così facile come sembra. Martedì, al massimo giovedì, presiederò il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica e vedremo se richiedere o no la presenza dei militari. Ci tengo a sottolineare che la riunione darà un input, poi dovranno decidere il Ministero dell’Interno congiuntamente a quello della Difesa, ed in questo caso anche a quello delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il Ministro Altero Matteoli sì è dimostrato favorevole all’esercito, ma dobbiamo valutare bene. Ci sono tanti aspetti. In primo luogo siamo lontano dai centri abitati. A differenza dei presidi statici, gli obiettivi sensibili che dal 18 ottobre sono guardati giorno e notte dai militari, i cantieri dell’A3 sono dislocati all’interno del territorio; quindi i militari se a Reggio, eventualmente, dovessero intervenire, avrebbero l’immediato aiuto da parte delle Forze dell’ordine. Se per caso dovessero intervenire sull’A3 i punti di contatto con le forze di polizia potrebbero richiedere del tempo. Gli uomini dell’esercito non possono svolgere funzioni di polizia, non possono né arrestare, né agire come le forze di polizia, quindi bisogna capire quali potrebbero essere i migliori punti di contatto con Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza. In secondo luogo bisogna capire se la vigilanza deve essere statica o dinamica. I cantieri, in alcuni punti, sono tanto estesi quindi farla statica, non avrebbe senso. In un cantiere ci possono essere anche più punti di accesso e quindi occorrerebbe un tipo di vigilanza dinamica, ma non è possibile che i militari vadano avanti e indietro su tutto il tratto autostradale. Il V macrolotto è uno dei punti più estesi, per far sì che esso venga tutelato veramente occorre un intervento efficace. L’efficacia è un obiettivo che mi prefiggo di raggiungere. Non basta dire “occorre l’aiuto dell’esercito” per l’A3, l’aiuto deve essere concreto, efficace, per questo bisogna calcolare tutto nei minimi dettagli. Bisogna avere i dati precisi dei punti più a rischio, dei tratti e delle ditte maggiormente a rischio di furti e danneggiamenti. La misura deve funzionare.

Non crede che la presenza dell’esercito potrebbe allontanare “l’attenzione” della criminalità organizzata dall’A3?
Dipende. I militari non possono intervenire nelle attività di indagine delle forze dell’ordine. Però è anche vero che la presenza dell’esercito potrebbe ridurre gli eventuali atti di ritorsione, e dinamitardi, cui alcune ditte sono state interessate. L’A3 deve essere ultimata perché è giusto che la gente calabrese, e non solo, abbia a disposizione la sua arteria autostradale.

Non trova che anche l’a3 sia un obiettivo “sensibile”?
Se per sensibile si intende a rischio attenzione criminalità, sì. Ma è diverso. Se l’esercito a Reggio Calabria presiede gli obiettivi sensibili, ossia Procura della Repubblica, Procura Generale, Corte d’Appello e casa del Procuratore Generale Salvatore Di Landro, sull’A3 gli obiettivi sensibili sarebbero i materiali, gli automezzi e gli strumenti. Non sono istituzioni, quindi la vigilanza deve essere concepita in modo diversa. La cosa certa è che questi nuovi 80 uomini non verranno spostati da Reggio. Eventualmente ne arriveranno altri, bisogna capire però in che modo e in che numero.

Era davvero necessario l’impiego dell’esercito in città?
Sì. Perché l’unica funzione svolta dai militari è quella di aver alleggerito le forze di polizia. Prima c’erano 80 uomini, tra Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza che espletavano questo servizio e che quindi erano “sottratti” ai loro principali compiti. L’esercito ha permesso di recuperare e di ri-liberare uomini sul territorio. Reggio Calabria, di per sé, non ha bisogno dei militari. Io mi auguro infatti, che stiano poco in città perché vorrebbe dire che il clima si è rasserenato nei confronti dei magistrati reggini e delle Istituzioni in generale.

Sentendo le opinioni dei reggini, in alcuni casi esprimono “disincanto” nell’impiego di questa misura, paura in alcuni casi.
La gente non deve guardare ai militari, non se ne deve accorgere. Loro stanno lì solo per vigilare, non fanno controlli, non fanno ronde. Le modalità non sono assolutamente paragonabili a quelle del 1994 e degli anni settanta e ottanta. Siamo in periodi storici e sociali diversi. Quindi non bisogna creare allarme. Ho letto sui giornali che Reggio è stata paragonata a Kabul. Non è assolutamente così. Qui i militari quando non effettuano il servizio non devono neanche indossare la divisa.

Il ministro Maroni però ha dichiarato di voler applicare a Reggio, il modello Caserta.
Si, ma è comunque diverso. Più controlli, più uomini, ma non certo i militari utilizzati al 100%. Dobbiamo stare attenti a non far passare concetti sbagliati. Reggio non è stata militarizza e né lo sarà in futuro. I militari fanno solo un servizio di vigilanza e hanno permesso di sollevare le forze di polizia da questo compito.

Non sarebbe stato meglio richiedere l’aiuto di altri uomini delle forze dell’ordine?
Oltre agli ottanta militari, il governo ne ha inviati altri ottanta destinati alle forze di polizia. Il territorio è coperto più che sufficientemente. Siamo copertissimi. Dal 3 gennaio vi assicuro che sono arrivati a Reggio tantissimi uomini, basti pensare a quelli che si sono aggiunti al Reparto prevenzione crimine di Rosarno e ai Carabinieri provenienti dalla Compagnia di intervento operativo di Palermo. Reggio Calabria, dal punto di vista di uomini, è protetta. Certo se arrivano ancora altri uomini, non posso dire di no, ma non mi sento di dire che ne occorrono altri. Inoltre, tra Magistrati, Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza a Reggio Calabria c’è un apparato sicurezza tra i migliori.

Come giudica le dichiarazioni del pentimento di Nino Lo Giudice? Allarme cessato?
Avere un nuovo pentito è un passo importante. Non è una svolta, ma di certo potrebbe essere il punto per un nuovo scenario. Le dichiarazioni rese devono essere valutate con i massimi riscontri, l’autorità giudiziaria sta prestando, e presterà, la massima professionalità per cui si è sempre distinta. Bisogna capire il movente degli attentati, il perché. Bisogna capire se c’è qualcuno o qualcosa di più grande alle spalle. Se hanno agito per conto di qualcun altro e con quale scopo.

È possibile che i Lo Giudice abbiano davvero agito da soli, è possibile che siano dei “cani sciolti” sul territorio provinciale?
Da una prima analisi, sembra di sì. Ma si devono fare ampie indagini perché non è detto. Il vero obiettivo è arrivare a capire se c’è sotto qualcosa.

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