Omicidio Giuseppe Lauteta: Francesco Zindato il presunto assassino per motivi passionali

Fondamentali le testimonianze di una ragazzina cinese e di suo padre

di Angela Panzera
Reggio Calabria. Francesco Zindato, l’unico sfuggito al blitz di questa mattina nell’ambito della maxi operazione della Squadra mobile della Questura reggina che ha colpito la consorteria criminale degli Zindato- Borghetto-Caridi, sarebbe l’esecutore dell’omicidio di Giuseppe Lauteta. Il delitto è avvenuto l’undici gennaio del 2006 nei pressi del Viale Aldo Moro, alla periferia Sud di Reggio Calabria. Lauteta, che aveva 29 anni, è stato raggiunto da 5 colpi di pistola ed è morto all’istante; con lui vi era anche la fidanzata la quale è stata ferita, non gravemente, alla fronte. Durante l’azione di fuoco fu ferita anche una ragazza di nazionalità cinese. Lauteta è stato ucciso – secondo gli inquirenti – da Francesco Zindato poiché stava intrattenendo una relazione sentimentale con l’ex fidanzata dello stesso Zindato. Un delitto quindi, fuori dal contesto emerso in seguito all’operazione odierna, ma dal movente passionale. Nell’immediatezza dei fatti la fidanzata del giovane assassinato dichiarò di non aver visto il volto del killer né dell’uomo che era insieme al lui sul mezzo a due ruote poiché il viso di entrambi era coperto da un casco integrale. L’unico particolare che la donna disse di ricordare è che il killer indossava un giaccone di colore nero ed un paio di jeans di colore celeste.
Versione questa, opposta a quella riferita dalla ragazza cinese, rimasta ferita accidentalmente, e dal padre di quest’ultima che ha assisto al delitto in quanto l’atto è stato perpetrato a pochi passi dalla sua attività commerciale, un negozio cinese sul Viale Aldo Moro. Il padre della ragazza dichiarò agli investigatori che “pur non avendo visto bene in faccia gli autori dell’omicidio, questi ultimi erano di statura medio-bassa, di corporatura magra e a volto scoperto”. La ragazza cinese invece, affermò che ” gli autori del fatto delittuoso non indossavano il casco, avevano il viso magro ed i capelli di colore nero. Il fatto che la fidanzata del Lauteta dichiarò che gli autori dell’omicidio erano travisati da casco integrale, dettaglio risultato non corrisponde alle dichiarazioni degli altri due testimoni, ha fatto ritenere agli organi investigativi che la stessa potesse averli riconosciuti. In un’intercettazione ambientale la fidanzata del Lauteta ha esternato il proprio senso di colpa per quello che è successo a Giuseppe Lauteta, convinta che l’omicidio potesse ricondursi alla relazione sentimentale che aveva instaurato con la vittima, tradendo la fiducia e le aspettative dell’ex ragazzo. “Io ho un senso di colpa…che mi viene voglia di ammazzarmi..” diceva così la ragazza ad un amico. Preoccupata era anche la mamma dell’ex fidanzata di Francesco Zindato, la quale  intercettata mentre riferiva di un colloquio avvenuto proprio con lo stesso Zindato si era sentita dire dal presunto omicida che se la figlia avesse detto qualcosa che potesse coinvolgerlo nella vicenda, allora si sarebbe vendicato. Anche la madre infatti, era convinta della colpevolezza dello Zindato:” I quantu u odiuau, u mandau mu ‘mmazza”.
Dopo il delitto, l’autorità giudiziaria aveva avviato gli accertamenti del caso per valutare un eventuale coinvolgimento dello Zindato nell’omicidio. Francesco Zindato all’epoca si trovava in regime di semilibertà presso la casa circondariale reggina, in quanto era stato precedentemente arrestato per associazione di tipo mafiosa e traffico di stupefacenti. Francesco Zindato, durante un interrogatorio, dichiarò di avere avuto una relazione sentimentale, di lunga durata, con la ragazza coinvolta nella sparatoria, ma di averla interrotta per volontà della donna nel novembre del 2004, periodo dal quale non avrebbe avuto più alcuna notizia sulle frequentazioni maschili di quest’ultima. Sempre durante il colloquio con gli investigatori, Zindato riferì di conoscere Lauteta in quanto da giovani avevano giocato a calcio nella stessa squadra, ma nello stesso tempo disse di non averlo più frequentato perché, oltre ad essere detenuto da 4 anni, Lauteta era un pregiudicato ed egli non poteva intrattenere rapporti con personaggi noti alle forze dell’ordine. Giuseppe Lauteta infatti, fu arrestato il 31 marzo del 2000 insieme al fratello, nell’ambito dell’operazione “Bufera”. Quell’indagine fece finire in carcere 20 persone con l’accusa di aver costituito un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, eroina e marijuana, che dalla Piana di Gioia Tauro andavano a rifornire i pusher della zona sud di Reggio Calabria. Ritornando agli accertamenti eseguiti a carico di Francesco Zindato, subito dopo l’omicidio di Lauteta, la polizia durante una perquisizione domiciliare a casa del principale indiziato, sequestrò 5 giubbotti. Su 4 capi furono rinvenuti particelle appartenenti alla classe dei residui da sparo. Durante la perquisizione inoltre, furono sequestrati 7 bossoli cal. 7,65 risultati  compatibili con quelli esplosi contro Giuseppe Lauteta.

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