Reggio Calabria. Ieri la Polizia di Stato ha eseguito delle perquisizioni in casa dei parenti di Antonio Cortese, l’uomo accusato dal boss pentito Antonino Lo Giudice, reggente dell’omonima cosca, di essere l’esperto di armi ed esplosivi della ‘ndrina. Antonio Cortese, 48enne commerciante di frutta e verdura e titolare di una profumeria gestita dalla moglie, in seguito a quelle accuse è stato fermato lo scorso 20 ottobre dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria al confine con la Slovenia, a Trieste, mentre faceva rientro in Italia dopo un lungo soggiorno in Romania.
In particolare, le operazioni di perquisizione di ieri si sono svolte in casa del fratello di Antonio Cortese, Pasquale. Gli agenti della Divisione amministrativa, diretta dal primo dirigente Enzo Militello, gli hanno sequestrato un’arma regolarmente detenuta, un fucile da caccia, e gli hanno notificato la revoca del porto d’armi disposta dal Questore di Reggio Calabria, Carmelo Casabona. Una misura, questa, con ogni probabilità dettata dalla necessità di privare della disponibilità di armi, per motivi di sicurezza pubblica, quelle persone che hanno stretti rapporti familiari con soggetti non in regola con la Giustizia.
Più in generale si tratta, a ben vedere, di uno di quegli effetti “collaterali” negativi che inevitabilmente si estendono ai familiari di chi si fa coinvolgere in fatti delittuosi.
Fabio Papalia