Vittoria processuale su istanza dell’avv. Carmelo Malara
Reggio Calabria. La Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria, con pronuncia depositata il 25 ottobre, ha disposto che la pena dell’ergastolo inflitta ad Andrea Chilà con la sentenza emessa in esito al processo c.d. “Valanidi”, sia sostituita con quella di anni trenta di reclusione.
La Corte – presidente il dott. Bruno Finocchiaro consigliere a latere la dott.ssa Adriana Costabile – ha così accolto un’istanza articolata dall’avv. Carmelo Malara, il quale ha sostenuto l’illegittimità della pena detentiva perpetua, sulla scorta di una pronuncia di condanna dello Stato italiano da parte della Corte di Giustizia europea, che ha stabilito che la normativa di riferimento è in contrasto con il principio, fissato dall’art. 7 della Convenzione Europea per i diritti dell’Uomo, del divieto di retroattività della legge penale più severa.
La vicenda trae origine dall’emanazione, nell’anno 1999, di una legge – la n. 479 – che conteneva una disposizione con la quale coloro che richiedevano di essere giudicati con il rito abbreviato, che veniva introdotto anche per reati di sangue, avrebbero beneficiato della sostituzione della pena dell’ergastolo con quella della reclusione di anni trenta: Chilà, come altri imputati del processo Valanidi allora in corso di celebrazione in appello, richiese di essere giudicato con il rito abbreviato, ma prima che il processo venisse a compimento intervenne una modifica legislativa che stabilì che nei casi di concorso di reati e di reato continuato, alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno venisse sostituita quella dell’ergastolo.

Nella sua istanza, illustrata anche all’udienza in Camera di Consiglio tenuta dalla Corte lo scorso 20 ottobre, il penalista reggino ha definito intrinsecamente ingiusta e beffarda l’operazione condotta nei riguardi di tutti coloro che avevano richiesto di essere giudicati con la prospettiva di un trattamento sanzionatorio più favorevole, evidenziando come si sia realizzata una vera e propria violazione degli accordi processuali, dal momento che al Chilà è stata applicata retroattivamente una norma meno favorevole con ciò violando l’art. 2 del codice penale e la disciplina emergente dai Patti e Trattati internazionali sui diritti dell’Uomo.
La richiesta di revoca dell’ergastolo ha fatto leva sulla decisione della Corte di Strasburgo nel caso “Scoppola vs/ Italia”, nell’ambito della quale, stabilita la natura di norma di diritto penale sostanziale in capo alla disposizione di reintroduzione della pena dell’ergastolo e modificando il proprio precedente orientamento, l’organismo di giustizia internazionale ha stabilito che l’art. 7 della Convenzione Europea è stato violato nel caso in esame, avendo fatto retroagire la norma penale meno favorevole al reo.
La Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria, ha fatto proprie le argomentazioni dell’istanza, condividendo l’iter logico-argomentativo della sentenza Scoppola, ed ha ritenuto di conformarsi all’orientamento più volte manifestato in decisioni della Suprema Corte in ordine al dovere, per il giudice dell’esecuzione, di procedere alla dichiarazione di inefficacia della sentenza di condanna irrevocabile, nella parte contenente l’errata quantificazione della pena: i Giudici hanno pertanto disposto che la pena dell’ergastolo inflitta ad Andrea Chilà con la sentenza emessa a conclusione del processo “Valanidi” sia sostituita con quella di anni trenta di reclusione.