Palermo. Un ulteriore e duro colpo al patrimonio di cosa nostra è stato portato a termine questa mattina dai Carabinieri del Ros, che hanno completato il sequestro dei beni riconducibili alla famiglia mafiosa Madonia-Di Trapani del mandamento di Resuttana, per un valore complessivo di 22 milioni di euro.
La famiglia Madonia-Di Trapani è stata protagonista dell’ascesa dei corleonesi ai vertici dell’organizzazione mafiosa “cosa nostra” tanto che i suoi principali esponenti sono stati giudicati colpevoli – unitamente ad altri – degli omicidi di Pio Latorre, del gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa, dell’imprenditore Libero Grassi e del dott. Antonio Cassarà nonché del piccolo Giuseppe Di Matteo.
I provvedimenti di sequestro, disposti dal Tribunale di Palermo, su richiesta della Procura distrettuale – dipartimento di criminalità economica – giungono a conclusione di un percorso investigativo che, dopo aver portato all’arresto degli esponenti di spicco dell’organizzazione criminale, ad iniziare dai figli del defunto capo mandamento Francesco Madonia (deceduto in carcere nel 2007), ha contestualmente individuato e proposto il sequestro dei patrimoni accumulati, costituiti da aziende edili, attività commerciali, quote societarie, abitazioni, terreni, e numerose autovetture.
L’intervento, nel suo complesso, si è concentrato nel capoluogo siciliano e nei Comuni di Cinisi, Carini, Isola delle Femmine, andando a colpire inizialmente il patrimonio riconducibile ai fratelli Madonia e Di Trapani, e successivamente quello dell’imprenditore Vincenzo Sgadari, ed infine quello di Massimiliano Lo Verde, già raggiunti dalle ordinanze di custodia cautelare emesse il 5 dicembre 2008 e 3 aprile 2009, per associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni e altri reati.
Le indagini dirette avevano documentato il perdurante ruolo di vertice della famiglia Madonia nelle strategie di cosa nostra e l’evoluzione della gestione del mandamento di Resuttana, in cui si erano avvicendati Giovanni Bonanno, Diego Di Trapani ed infine Salvatore Genova, designati da Antonino Madonia in accordo con Salvatore Lo Piccolo, all’epoca principale esponente di cosa nostra palermitana.
Era stato accertato come prima Francesco Madonia (deceduto il 09.03.2007) e quindi i figli Antonino Madonia, Giuseppe e Salvatore, nonché il cognato di quest’ultimo Nicolò Di Trapani, benché detenuti e sottoposti al regime del 41 bis o.p., avessero continuato a dirigere il sodalizio, tramite i periodici colloqui con i congiunti ed un fitto scambio di corrispondenza.
Le attività avevano inoltre evidenziato l’inserimento dell’imprenditore Sgadari nelle dinamiche della struttura mafiosa, sia per aver svolto il ruolo di intermediario nella soluzione di una controversia tra Giovanni Bonanno e Francesco Di Pace, per la gestione della cassa comune della famiglia mafiosa di Resuttana, sia per essere stato un tramite attraverso il quale i latitanti Salvatore e Sandro Lo Piccolo, comunicavano le proprie direttive all’intera organizzazione criminale.
L’indagine patrimoniale, oltre a verificare l’entità del patrimonio riconducibile alla famiglia mafiosa, ha consentito di delineare l’asse economico-imprenditoriale, alimentato con conferimenti di “sospetta provenienza” nel settore edile, con la realizzazione di fabbricati ad uso privato o la costituzione di imprese di costruzione per la cessione di immobili, ed in quello commerciale, mediante la realizzazione di alcuni negozi di vendita al dettaglio.
L’attività ha accertato l’adozione da parte degli indagati di ricorrenti accorgimenti finalizzati a dissimulare i patrimoni illecitamente accumulati dall’organizzazione, quali la fittizia intestazione di immobili in favore di persone incensurate, nei cui confronti è stata ampiamente dimostrata l’inspiegabile crescita economica e la ridotta capacità imprenditoriale, comunque non sufficiente a giustificare l’avvio e la gestione di numerose attività commerciali.
In particolare, le risultanze investigative di natura bancaria e patrimoniale hanno consentito ai militari del Ros di individuare i prestanome del patrimonio occulto delle famiglie Madonia-Di Trapani, e la disponibilità in capo all’imprenditore Sgadari di complessi residenziali, fabbricati rurali, terreni magazzini e locali commerciali.
In definitiva, l’indagine patrimoniale ha documentato dettagliatamente le modalità di accumulazione di ingenti patrimoni illeciti da parte della famiglia di Resuttana, confermandone la pervasività nell’economia legale.
L’individuazione e l’apprensione dei beni di origine illecita si conferma, pertanto, uno degli obiettivi primari dell’attività della Procura distrettuale di Palermo, per depotenziare le organizzazioni di matrice mafiosa e limitarne la pericolosa forza economica.
Tra i vari beni sottoposti a sequestro si segnalano:
nei confronti di Michele Di Trapani:
Capitale sociale della “In.Tra.L. Industria Trasformazione legno” di DI TRAPANI Giuseppina & C. s.n.c., con sede in Cinisi, c.da Vecchio sn.
Immobili siti a Palermo in Via Casalini e Cinisi in Via G. Orlando.
Terreno sito a Cinisi Contrada Margi-Bonanno;
nei confronti di Vincenzo Sgadari:
Capitale Sociale della EDILMIGLIACCIO S.R.L. con sede a PALERMO Via s. Scrofani;
Quoe Societarie della SGADARI Pietro & C. S.a.s. con sede a PALERMO Via S. Scrofani;
Villino sito in Carini Via Piretro;
Villino sito in palermo Via S. Quasimodo;
Cavallo da corsa di nome IRAK