‘Ndrangheta. Domenico Oppedisano, il collaboratore che fa tremare le cosche di Locri

Proc. Aggiunto: E, e ora come stanno le cose a Locri ?
Teste: Le cose stanno …
Proc. Aggiunto: C’è ancora questa contrapposizione, questa guerra ?
Teste: Non esiste, sono amici, si vogliono bene…

Teste: …si… però… si allora in un discorso i lavori so che se li sono divisi… però… non so i dettagli io, come, anche perché non è che… so che si sono divisi i lavori…. Il lavoro grosso se lo prendono un pò per uno, il lavoro piccolo ognuno, insomma, hanno fatto un accordo di massima fra di loro in modo da non calpestarsi i piedi l’uno con l’altro… per la buona pace dei morti…. …incomprensibile…
Aggiunto: Quindi questo discorso della pacificazione, diciamo, di Locri, della pacificazione tra i Cordì e i Cataldo c’è stata, per esserci una pacificazione c’è stato poi un accordo con riferimento alla spartizione del territorio oppure chi si aggiudicava gli appalti, come venivano aggiudicati, come venivano distribuiti ?
Teste: No, hanno preso un accordo di massima… di … cioè l’appalto grosso, se c’è un appalto grosso si dividono…
Aggiunto: Senta, chi è stato a fare questa pacificazione ? Cioè c’è stata una famiglia importante, delle persone che sono messe a fare, diciamo, anche da ambasciatori… anche da … cioè…
Teste: Io quando…
Aggiunto: Cioè se non altro sia ad alto livello, sia a basso livello…
Aggiunto: Cioè, voglio dire, ci sono state trattative, discussioni, riunioni ?
Teste: Si, ci sono state discussioni… cioè, ci sono state delle trattative di appacificazione, si sono appacificati, però i dettagli, le cose, non li so… ecco, non li so… ecco c’è stata, c’era, avrete modo di vederlo anche… è così tutto…
Aggiunto: Cioè queste persone si muovono, viaggiano insieme ?… voglio dire…
Teste: Viaggiano assieme… a me è capitato di vedere, come dicevo, che Attilio Cordì ha portato Peppe Cataldo a casa, è salito su da Pepè, cosa che è… ha bevuto, sono stati insieme a parlare… capita spesso che Pepè Cataldo va nel bar dei Cordì a fare colazione o va a prendere o mandare dei regali, delle cose, capita spesso si… be, praticamente poi quando camminano a piedi… più pacificazione di quella… che veramente i Cataldo a piedi non hanno mai camminato… voi lo sapete dottore o camminano a piedi da casa… ma quando mai lo ha fatto nella vita sua… mai lo ha fatto…

Reggio Calabria. Un collaboratore di giustizia nuovo di zecca: così il gip presso il Tribunale di Reggio Calabria definisce Domenico Oppedisano, 58 anni di Locri, le cui dichiarazioni hanno messo nei guai i tre uomini arrestati questa mattina nell’ambito dell’operazione “Locri è unita”, con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso, ossia Ilario Aversa, 50 anni, Antonio Cordì, 23 anni, e Antonino Caroleo, 40 anni. Quanto sostenuto da Domenico Oppedisano trova riscontro, inoltre, da quanto captato dagli investigatori grazie ad un gran numero di intercettazioni ambientali registrate all’interno della lavanderia “Apegreen”, con sede a Siderno, di proprietà di Giuseppe Commisso, 63 anni, detto “u mastru” fermato il 13 luglio scorso nell’ambito della maxi operazione anti-‘ndrangheta denominata “Il Crimine” che ha fatto finire in carcere oltre 300 presunti esponenti della varie consorterie criminali operanti oltre che in Calabria anche in Lombardia.
Ma perché Domenico Oppedisano è ritenuto “affidabile” dalla magistratura? In ordine alla sua persona, scrive il gip, basta spendere qualche considerazione, utile a comprendere la portata delle sue dichiarazioni, specialmente con riguardo ai componenti della famiglia Cordì. Oppedisano è figlio del “capobastone” Domenico Cordì, classe 25, trucidato nel 1967 nella cosiddetta “strage di Piazza Mercato”, che segnò l’inizio della guerra di mafia proprio tra i Cataldo e i Cordì. Domenico Oppedisano, inoltre, è fratello di Salvatore Cordì, assassinato il 31 maggio del 2005, e di Vincenzo Cordì, 53 anni, attualmente detenuto poiché condannato per associazione a delinquere di tipo mafioso nell’ambito delle operazioni denominate “Primavera” e “Arcobaleno”.
Ancora, Oppedisano è nipote di Antonio Cordì, detto “u ragiuneri”, ritenuto capo dell’omonimo clan locrese, deceduto per cause naturali, mentre stava scontando una condanna all’ergastolo, e di Cosimo Cordì assassinato nel 1997 in un agguato di stampo mafioso, nel quale rimase ferito lo stesso Salvatore Cordì. I defunti Domenico, Cosimo, Antonio e Salvatore Cordì, fino alla loro morte erano considerati i capi dell’omonima cosca di Locri.
È il 28 aprile 2010 quando Domenico Oppedisano decide di varcare la soglia della Questura di Campobasso e recarsi alla Squadra Mobile per annunciare la sua volontà di collaborare con la Giustizia. Egli, durante l’interrogatorio del 6 maggio 2010, spiega i motivi della sua decisione, scaturita da una richiesta avanzata da Antonio Cordì, figlio di Cosimo, odierno arrestato, di rendere falsa testimonianza nel processo a carico di Michele Curciarello, Antonio Martino e Antonio Cataldo, imputati, i primi due, innanzi alla Corte d’Assise di Locri dell’omicidio di Salvatore Cordì, fratello dell’Oppedisano, già condannato, il terzo, in primo grado nell’ambito del processo, allo stato in fase di appello. La richiesta di Antonio Cordì, secondo quanto emerge nelle carte dell’inchiesta, genera una forte crisi di coscienza in Domenico Oppedisano, il quale, spiega, se avesse assecondato le sue richieste avrebbe tradito la memoria del fratello defunto. Quindi, la decisione di collaborare con la Giustizia. Per i magistrati Oppedisanno è un super teste. Egli infatti, essendo da sempre all’interno della famiglia Cordì, ne attesta la perdurante operatività, ne conosce la collocazione ‘ndranghetista, le modalità di funzionamento e gli interessi illeciti attuali e, soprattutto, organigramma e gerarchie. Quel che lo muove a parlare sembra solo l’amarezza, la delusione proveniente dalla condotta dei suoi familiari prossimi, ed il dispiacere per essergli stato richiesto di tradire la memoria dell’amato fratello barbaramente assassinato.

Angela Panzera

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