Operazione “Locri è unita”: i dettagli, i nomi e le foto dei 3 arrestati dei clan Cordì e Cataldo

Reggio Calabria. Ilario Aversa, Antonio Cordì e Antonino Caroleo: questi i nomi dei tre uomini arrestati oggi dagli agenti della Squadra Mobile della Questura reggina che hanno operato in sinergia con quelli del Commissariato di Siderno e del Servizio centrale operativo di Roma. L’accusa mossa nei loro confronti è di associazione per delinquere di stampo mafioso. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal gip presso il Tribunale di Reggio Calabria, Tommasina Cotroneo, su richiesta del Procuratore Distrettuale Giuseppe Pignatone nonché del Procuratore Aggiunto Nicola Gratteri e del Sostituto Procuratore, Antonio De Bernardo.
In particolare Ilario Aversa (50enne nato a Reggio Calabria ma residente a Locri, imprenditore edile), è ritenuto dagli inquirenti soggetto attivo all’interno dell’omonima cosca originaria di Merici, federata alla famiglia dei Cataldo di Locri; Antonio Cordì (23enne di Locri) e Antonino Caroleo (40enne di Locri) invece, sono ritenuti esponenti di spicco della cosca Cordì di Locri. L’indagine odierna, denominata “Locri è Unita”, evidenzia la pax mafiosa tra le due ‘ndrine del litorale jonico reggino, un tempo divise dalla scia di sangue di centinaia di morti ammazzati. Una guerra iniziata nel 1967, con la cosiddetta “strage di piazza Mercato” e che per oltre 40 anni ha visto contrapposti i Cataldo da un lato e i Cordì dall’altro, per il predominio mafioso sul territorio di Locri.

La soddisfazione degli inquirenti.
I dettagli dell’operazione sono stati esposti durante la conferenza stampa, che si è svolta nella sala “Nicola Calipari” della Questura reggina, alla quale hanno partecipato il Questore Carmelo Casabona, il Procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone, il Capo della Squadra Mobile, il primo dirigente Renato Cortese, e i vice questori aggiunti Luigi Silipo e Stefano Dodaro, rispettivamente vice capo della Squadra Mobile reggina nonché dirigente della Sezione criminalità organizzata, e dirigente del Commissariato di Siderno.
«Questa mattina abbiamo portato a termine un’operazione che, seppure sul piano numerico non è significativa, però lo è in funzione dei soggetti coinvolti. Con questi tre arresti si chiude un cerchio, originato da una guerra di mafia lunga più di trent’anni che ha inondato di sangue Locri e dintorni. Inoltre, i 3 arresti odierni evidenziano l’origine della pax mafiosa tra i Cataldo e i Cordì, una pace documentata, conclamata e scritta, che mette fine ad un’era di guerra».
E proprio su quest’ultimo particolare è intervenuto il Procuratore Pignatone: «Vi sono due aspetti significati. Il primo riguarda, appunto, la conferma della pace mafiosa tra le due grandi ‘ndrine di Locri, il secondo invece è un elemento, dal punto di vista processuale, di grande interesse, che ci permette di confermare tale situazione. La tregua tra i Cataldo i Cordì, oltre che sulla responsabilità dei 3 arrestati, appare anche dalla convergenza di due diverse fonti probatorie. In primo luogo ci sono le dichiarazioni di Domenico Oppedisano (58enne di Locri), che da 6 mesi collabora con la giustizia, il quale ha già deposto dinnanzi la Corte d’Assise di Locri, quindi nel pubblico dibattimento, chiarendo che la sua decisione di collaborare è nata dal rifiuto di testimoniare in Corte d’Assise a “favore” delle persone accusate dell’omicidio del fratellastro Salvatore Cordì, avvenuto il 31 maggio del 2005 in un agguato di chiara matrice mafiosa. Dall’altro lato, le stesse risultanze sulla “pace” emergono dalle dichiarazioni intercettate all’interno della lavanderia “Apegreen” di Giuseppe Commisso (di 63 anni, detto “u mastro”), ubicata a Siderno, ricordiamo che proprio la serie di intercettazioni effettuate all’interno di questo esercizio commerciale sono una delle fonti più preziose che hanno portato all’operazione denominata “Il Crimine” che ha portato ai 300 fermi del 13 luglio scorso. Tra i centomila argomenti che Giuseppe Commisso ha discusso nel corso dei molti mesi in cui sono andate avanti queste intercettazioni, c’è anche una serie di conversazioni, una in particolare con Ilario Aversa, in cui viene confermata la circostanza della raggiunta pacificazione tra i Cordì e i Catalto. Le due famiglie si sono messe d’accordo per un obiettivo. Lo scopo primario è quello di dividersi i guadagni illeciti in zona, tramite appalti o lavori. Per appalti e lavori si intendono in realtà i frutti delle estorsioni, nonché i lavori effettuati dalle ditte “satelliti”, ossia quelle aziende intestate fittiziamente a soggetti prestanome che riescono e riusciranno ad aggiudicarsi gli appalti. L’esigenza di accedere a questi guadagni fa prendere una decisione non “semplice” come quella di mettere una pietra sopra alla faida. La conversazione avvenuta all’interno della lavanderia, sotto questo profilo, è estremamente
interessante perché sottolinea da un lato che la decisione è stata presa in quanto un’ulteriore prosecuzione della faida sarebbe stata insopportabile e dall’altro vi è l’esigenza di guadagnare secondo regole di spartizione del 50% l’uno. Dal punto di vista processale abbiamo la convergenza di due fonti totalmente autonome. Oppedisano non sapeva infatti che la lavanderia di Commisso era sottoposta ad intercettazione ambientale e viceversa Commisso non sapeva che Oppedisano aveva deciso di collaborare con la magistratura. Entrambe – ha concluso Pignatone – sono dichiarazioni sicure».
Il capo della Squadra Mobile, Renato Cortese, dopo aver fornito un breve excursus sui principali fatti di sangue che hanno riguardato le due famiglie di Locri, ha sottolineato che «proprio il locale di ‘ndrangheta di Locri era stato “chiuso” a causa della faida e sarebbe stato riaperto in vista della spartizione degli illeciti fra i due gruppi criminali».

Angela Panzera

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