Operazione Entourage. Le indagini “parallele” di Pietro Siclari, a caccia dei rapinatori

Reggio Calabria. Voleva farsi giustizia da solo Pietro Siclari, il noto imprenditore reggino a cui fa capo l’impresa edile denomita “Siclari Antonio e figli s.a.s.” con sede a Cannavò, periferia sud di Reggio Calabria. Pietro Siclari è stato arrestato ieri mattina dagli uomini della Direzione Investigativa Antimafia con l’accusa di estorsione aggravata dall’articolo 7 della legge 203/91, ossia aggravata dalle modalità mafiose. L’estorsione, secondo gli inquirenti, sarebbe stata commessa nei confronti di Giuseppe Cutrì, uno dei dipendenti più anziani dell’impresa. Il tutto ha inizio alle ore 15.15 del 4 agosto del 2006 quando un commando di 2 persone armate, rapina l’azienda del noto imprenditore reggino, portando via circa 75 mila euro. Siamo a ridosso delle ferie estive e quei soldi sarebbero serviti a pagare gli stipendi degli operai. Quel pomeriggio, ad aver subito la rapina è stato il cognato di Pietro Siclari, C.C., che stava infatti preparando le buste destinate ai dipendenti. Viene allertata la sala operativa della Questura, e sul posto giungono i Carabinieri della Stazione di Cannavò che pur avendo avviato immediatamente le indagini sul caso, non hanno ottenuto i risultati che l’imprenditore si attendeva. Ma a Pietro Siclari, non va proprio giù l’idea che qualcuno potesse avergli rubato i soldi in casa sua e decide, sempre secondo i magistrati, di compiere autonomamente della indagini “parallele”. Il 25 settembre infatti, parlando con un uomo, fa riferimento alla persona alla quale si è rivolto come intermediario e dice di avere visto l’auto dei rapinatori e fa capire di conoscerli: “non lo so…tuo zio li conosce tutti e due, lì quel  giorno io sono passato da lì no? E la macchina l’ho incontrata nel vallone ma non ci ho fatto caso, uno sale l’altro scende…il tempo da là per arrivare qua, mi squilla il telefonino, era già mio cognato: “torna che mi hanno fatto  una rapina”. Va bene gli ho detto, quando sono arrivato là avevano chiamato la Questura perché mio cognato aveva preso il numero di targa, gli ho detto io chiamate i Carabinieri a questo punto…ho preso e ho fatto chiamare i Carabinieri e vedo di nuovo la macchina…in questo frattempo comunque io non mi muovo, tramite Pasquale, ha detto di non muovermi che ora se la vede lui, perché la macchina è là in faccia…ma io non posso”.

L’intermediario, sono sicuri magistrati, è Pasquale Libri,71 anni, fratello del defunto Don Mico Libri, anche perché Siclari fa riferimento alla circostanza che l’auto sia stata trovata in via Riparo Vecchio (“là in faccia…”), che è la via dove abita proprio Pasquale Libri. Ma Pietro Siclari può vantare amicizia anche con gli Alvaro di Sinopoli, e precisamente con Cosimo Alvaro il quale, si legge nelle carte dell’operazione “entourage”, si era offerto (o era stato contattato)  come intermediario (“Cosimo Alvaro che è venuto e mi ha chiamato, vedo io, faccio io, me la vedo io”). Pietro Siclari è sicuro di una cosa: che uno dei rapinatori è Antonio Cutrì, oggi arrrestato, già dipendente della sua impresa e figlio del suo più anziano dipendente, Francesco Cutrì, nei cui confronti avrebbe commesso l’estorsione. Antonio Cutrì infatti, lavorava per Siclar, e quindi conosceva la dislocazione degli uffici, ma fu licenziato il 28 giugno del 2001: PIETRO: no, no questo l’ho licenziato d’accordo con il padre ha detto caccialo, perché veniva, non veniva”. Ma in che modo sarebbe stata compiuta l’estorsione? Secondo l’accusa ciò è avvenuto mandando in pensione Francesco Cutrì e “trattenendo” i soldi della buonuscita. Ciò lo si può evincere da una serie di intercettazioni ambientali: “io aspetto, al 99% aspetto che me lo dicano loro: “quello a suo padre lo licenzia”, la prima cosa gli do una buonuscita…..

SICLARI: Mi firma le carte che mi deve firmare e chiudiamo questa cosa….
Se gli mancano qualche due tre mesi per la pensione vediamo quello che dobbiamo fare … ed anche su questo mi dispiace, però una parte dei soldi li recupero in quel modo, li recupero e basta,  se poi a qualcuno non gli piace o ha qualcosa da dire, che parli pure, ce la vediamo in un’altra maniera, va bene, non è che si può stare..inc…va bene?.
SICLARI: No Peppe, non è questione soltanto di soldi, non è solo questione di soldi … è meglio se gli tocco la buonuscita pure … sai perchè  erano tanti i  soldi?  Perchè  c’era la buonuscita di Nino pure, di Nino…(inc) e glie l’ho fermata all’altro mese.

L’otto novembre del 2006 Pietro Siclari convoca nel suo ufficio, sottoposto ad intercettazione ambientale da parte degli investigatori, Francesco Cutrì e gli spiega chiaramente come stanno le cose:”PIETRO Siclari: I soldi sulla scrivania e di aprire i cassetti, che non ci fossero soldi nei cassetti. Quindi sapeva tutto nei minimi particolari. Come sapevano …che mio cognato, alle tre e un quarto, alle tre e mezza, andava lì a prepararsi le cose.
Francesco Cutrì: Era preparata la cosa.
SICLARI: E questo glielo poteva dire solo uno che lo sapeva, che è stato lì …
Francesco Cutrì: Non sapevo niente veramente…..A me sapete quando l’hanno detto, ah? Domenica sera. Ero coricato e sono venuti a chiamarmi … “così, così …” e l’ho saputo, altrimenti non sapevo niente completamente. Ero con il bendaglio. Quando me l’ha detto sono diventato … (inc…) era stato meglio che mi tirassero una pistolettata per ammazzarmi, che non sapere una cosa di questi.
SICLARI: Perché onestamente il mio pensiero è andato altrove. Va bene? Ma è andato altrove per quanto? Per due tre giorni.
Francesco Cutrì: Purtroppo ormai la cosa è  successa così.Non possiamo fare diversamente. Tu lo sai quello che puoi fare! Quello che puoi fare fai, per me non ci sono problemi! Perchè …
SICLARI: Una parte dei soldi io li recupero su di te, per quelli che sono … non so quelli che sono … va bene? Non soldi di giornate lavorative, perchè quelli l’hai sudati e sono tuoi, ma quelli della buonuscita non te li do. Mi firmi, hai la bontà, (inc…) una parte forse già li avevi presi …

I giudice per le indagini preliminari, all’interno dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, ha evidenziato che Pietro Siclari non si sarebbe solo limitato a procedere all’identificazione dei responsabili del grave “affronto” ma avrebbe, addirittura, progettato la soppressione fisica degli stessi. Questo particolare lo si può apprendere da una serie di intercettazioni:
PIETRO Siclari: “se tu puoi arrivare mi canusci a chisti ddocu in modo mi ‘nci potimu mmazzari a cacchi d’unu…e poi mi manda a cu vonnu mi nci…, tu pensa mu mmazzi chi poi u sacciu ieu, capisci…

Siclari comunque, è bene precisare, non ha poi in alcun modo attuato i pensieri omicidiari, e ciò sarebbe avvenuto grazie anche all’espressa richiesta formulategli da Giuseppe Alvaro, di non fare del male al nipote. Giuseppe Alvaro è zio di Antonio Cutrì, in quanto la madre dopo aver sposato un Alvaro, rimasta vedova ha contratto nuovamente matrimonio con un Cutrì.

PEPPE: a mio nipote non voglio che lo tocchi nessuno
SICLARI: non lo tocco stai tranquillo
PEPPE: non perché
SICLARI: non lo tocco, perché se non l’ho fatto ammazzare subito perché
PEPPE: pure Pasquale Libri ce lo ha garantito che, guardate no
SICLARIe sai chi lo ha salvato a tuo nipote? Lo hai salvato tu quando sei salito a Gambarie con coso…se no lui era cotto
SICLARI: erano già venuti da Platì  per toglierselo davanti
SICLARI: la tua presenza a Gambarie ha salvato tuo nipote… e che resti il discorso tra me e te quel giorno che sei salito con Cosimo a Gambarie hai salvato tuo nipote che avevo due persone appostate (aviva a dui puntati)

Angela Panzera

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