Siracusa. All’alba di oggi, 29 novembre 2010, i Carabinieri del Comando Provinciale di Siracusa, coadiuvati da militari del Ris di Messina, unità cinofile e militari del 12° Nucleo Elicotteri di Catania, hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Siracusa, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di Giuseppe Raeli, nato a Noto, pensionato di 69 anni, considerato l’autore dei delitti commessi dal cosiddetto “Mostro di Cassibile”.
L’uomo è accusato di 5 omicidi, 4 tentati omicidi, 1 minaccia aggravata e danneggiamento a mezzo d’arma da fuoco, detenzione e porto illegale di arma, reati commessi dal 1998 al 2009. In particolare:
- minaccia aggravata e danneggiamento a mezzo di arma da fuoco ai danni di Francesco Implantini, occorso in Cassibile il 20.11.1998 (prescritto);
- tentato omicidio di Antonio Bruni, occorso in Avola il 21.11.1998;
- omicidio di Rosario Rizza Timponello, occorso in Noto il 28.01.1999;
- omicidio di Giuseppe Calvo, occorso in Avola il 09.10.2002;
- duplice omicidio dei coniugi Sebastiano Tinè e Giuseppa Spadaro, occorso in Fontane Bianche il 31.07.2003;
- tentato omicidio di Katia Tinè, occorso in Fontane Bianche il 31.07.2003;
- tentato omicidio di Aurora Franzone, occorso in Cassibile il 12.02.2004;
- omicidio di Giuseppe Spada, occorso in Cassibile il 18.08.2004;
- tentato omicidio di Giuseppe Leone, occorso in Cassibile il 15.03.2009.
L’attività investigativa condotta dai Carabinieri della Compagnia di Siracusa e coordinata dalla Procura della Repubblica aretusea, ha consentito di fare chiarezza su casi rimasti per anni irrisolti, grazie a meticolose indagini e ad un’attenta opera di analisi delle informazioni contenute nei fascicoli dei cosiddetti “cold case”.
Tra la metà degli anni 90 ed il 2004 il territorio di Cassibile diventa scenario di una serie di omicidi che, se pur riconducibili, per le modalità operative e per l’arma utilizzata, ad una stessa mano, rimangono senza un colpevole e soprattutto, senza una spiegazione,
I casi del “Mostro di Cassibile” erano fra loro legati da un’unica arma (un fucile cal.12) che negli anni, per lo più in zone isolate di campagna ma anche tra le vie trafficate del paese sempre comunque coperto dal favore delle tenebre, sparava a vittime ignare colpendole spesso nell’espletamento di ordinarie attività di lavoro.
I delitti, dal 1996, si susseguono ad intervalli di tempo regolari, per oltre 10 anni, e poi subiscono una battuta d’arresto nel 2004: una pausa di 5 anni e poi, di nuovo il tentato omicidio del 2009.
Le investigazioni partono proprio da qui, con il tentato omicidio di Giuseppe Leone, occorso a Cassibile nel marzo 2009. Da quel momento le indagini si sono concentrate sulla figura dell’indagato che con la vittima aveva avuto dei recenti dissapori. Le attività investigative hanno trovato un importante riscontro nel meticoloso sopralluogo effettuato dai militari dell’Arma, che hanno recuperato, sulla scena del crimine, un bossolo di fucile cal. 12 che, analizzato dal Ris di Messina, ha consentito di affermare che ancora una volta, a sparare, era stata l’arma del mostro. Di qui sono partite una fitta serie di attività tecniche di intercettazione telefonica ed ambientale, servizi di osservazione e pedinamenti, anche mediante GPS, fino all’esecuzione di una perquisizione presso il domicilio dell’indagato.
L’esito della perquisizione porterà a sequestrare un ulteriore bossolo di fucile, occultato all’interno del garage del Raeli: inviato al Ris anche quel bossolo risulterà legato all’arma del mostro. Questi elementi vengono passati al vaglio da magistrati ed inquirenti che decidono di riaprire oltre 17 “cold case”, casi chiusi ma rimasti senza un colpevole. Mesi di analisi, decine di persone riascoltate dai Carabinieri alla ricerca di verità: parenti, amici, colleghi di lavoro, testimoni o semplici persone che hanno trovato la forza di ricordare dettagli di eventi lontani anche 15 anni. Eppure, dal mare di informazioni, emergevano giorno dopo giorno, i dettagli sempre più nitidi di un racconto di omicidi ed azioni criminose compiute da una unica mano. Il profilo del serial killer si delinea mano a mano che magistrati ed investigatori si avvicinano a lui: un soggetto cupo, totalmente votato al lavoro, con un attaccamento maniacale ai soldi. Taciturno, solitario (“u lupu” qualcuno lo definisce), dimesso, schivo ma anche freddo, chiuso, rancoroso, minaccioso e vendicativo se si interferisce con i suoi interessi. Ed è proprio in questi interessi economici il movente dei delitti. L’attività lavorativa è infatti sicuramente il nodo centrale di tutti i casi perché è il legame tra le vittime ed il Raeli. Questi conosceva perfettamente tutte le vittime e per tutti gli episodi nefasti che gli sono stati contestati, gli investigatori hanno riscontrato rapporti lavorativi a seguito dei quali erano insorti forti dissidi di natura economica, inerenti il mancato o incompleto pagamento delle prestazioni d’opera del Raeli. Unico è quindi il movente che emerge dalle indagini: chi si mette tra il denaro e Raeli subisce le tragiche conseguenze della sua ira. E così muoiono o vengono ferite, in un rituale semplice ma pieno di violenza, tutte le vittime del mostro, dal 1998 al 2009.
Il “modus operandi” del mostro ha costituito, per gli inquirenti, un elemento di analisi importante e spesso decisivo per interpretare le mosse dell’uomo: l’appostamento al buio, in alcuni casi forse anche l’osservazione prolungata e lo studio della vittima, in modo da potersi avvicinare silenzioso, predisponendo talora degli ostacoli sul cammino per rallentare la vittima. Un rituale preciso e sempre uguale, fatto anche di stratagemmi per fare uscire le sue “prede” allo scoperto, con incendi ai mezzi o alle vetture, fino all’esplosione di quei mortali colpi, talora anche a distanza ravvicinata, senza mai perdere, però, la possibilità di allontanarsi nel buio, sicuro dell’impunità.
È sfruttando questa scia di terrore che quest’uomo, Giuseppe Raeli, assicurato stamane alla Giustizia, è riuscito ad evitare di essere scoperto fino ad oggi: adombrato dietro la figura di un mostro che uccide senza un perché, ha trasformato il suo rancore in rabbia omicida divenendo un insospettabile serial killer, guadagnandosi l’appellativo di “Mostro di Cassibile”.