Processo “Bellu lavuru”. Inizia il secondo grado di giudizio per i 27 imputati

Iniziato il secondo grado del processo “Bellu lavuru”. Questa mattina dinnanzi alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, presidente Iside Russo, Massimo Gullino e Ornella Pastore giudici, ha avuto luogo la prima udienza in cui si è proceduto alla costituzione delle parti e all’analisi di routine delle questioni meramente tecnico-legali. Parte civile si sono costituiti la Regione Calabria, rappresentata dall’avvocato Maria Elena Mancuso, la Provincia di Reggio Calabria, avvocato Pietro Catanoso, ed i Comuni di Bova Marina, Palizzi e Africo, rappresentati rispettivamente dai legali Santo Asaro, Giuseppe Racco e Maria Gabriella Romeo. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 11 gennaio 2011 e per questioni logistiche verrà discussa presso l’aula Bunker di Viale Calabria.
In primo grado, precisamente il 23 novembre del 2009, il gup Domenico Santoro ha inflitto quasi due secoli di carcere, condannando 27 persone e assolvendone 6 (tra cui Giuseppe Morabito inteso “U Tiradrittu”, Giuseppe Pansera e Antonio Mafrica). Queste, nel dettaglio, le condanne: Sebastiano “Nuccio” Altomonte, 9 anni; Vincenzo Carrozza, 6 anni; Dante Catroppa, 6 anni; Francesco Cilione, 6 anni; Pietro Cilione, 8 anni; Terenzio Antonio D’Aguì, 6 anni; Francesco D’Aguì, 6 anni; Carmelo Dieni, 6 anni; Mario Domenico Mauro, 8 anni; Leone Modafferi, 8 anni; Saverio Modafferi, 8 anni; Bruno Morabito, 10 anni; Domenico Morabito, 6 anni; Leone Morello, 9 anni; Giuseppe Nucera, 6 anni; Pasquale Nucera, 8 anni; Francesco Spanò, 6 anni; Costantino Stilo, 6 anni; Antonino Taormina, 6 anni e 4 mesi; Carmelo Tuscano, 6 anni; Antonino Vadalà, 10 anni; Carmelo Vadalà classe 1980 (figlio di Domenico), 9 anni; Carmelo Vadalà classe 1982 (figlio di Antonino), 9 anni; Domenico Verduci, 6 anni; Giovanni Talia, 9 anni; Domenico Vadalà, 9 anni.
Il processo “Bellu lavuru” è nato da un’indagine sulle presunte infiltrazioni mafiose nei lavori di realizzazione della Strada Statale 106, condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia reggina, sfociata nel giugno 2008 con le richieste di custodia cautelare. Tutto ha avuto origine da alcune conversazioni intercettate, nel 2006, nel carcere di Parma tra Giuseppe Morabito alias “U Tiradrittu” e alcuni familiari. Il vecchio boss di Africo ha saputo proprio dai familiari che stavano per essere realizzate a breve le opere relative all’ammodernamento della S.S. 106: «chistu è nu bellu lavuru»: ha commentato “U Tiradrittu”, riferendosi in particolare alla variante di Palizzi, oggetto di attenzione criminale da parte della sua cosca. Dopo questa conversazione, gli investigatori hanno iniziato ad intercettare una serie di persone ritenute vicine alle consorterie mafiose dominanti nel territorio compreso tra Africo e Bova Marina. L’attenzione degli inquirenti si è rivolta principalmente ai cantieri della 106, con particolare riferimento al comune di Palizzi, tra l’aprile 2006 e l’inizio di giugno del 2008.
Secondo l’accusa esisteva un cartello criminale del cemento composto dalle famiglie mafiose dei Morabito-Palamara-Bruzzaniti, Talia, Maisano e Vadalà i cui interessi illeciti si estendevano fra Bova Marina e Africo, comuni del litorale jonico della provincia di Reggio Calabria. L’organizzazione, secondo l’impianto accusatorio, monitorava tutte le fasi dei lavori di ammodernamento: dal movimento terra al trasporto e fornitura di inerti, alla dotazione dei mezzi, passando per l’impiego della manodopera.

Angela Panzera

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