Gioia Tauro (Reggio Calabria). La Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria ha dato esecuzione ad un decreto di confisca di beni emesso dal Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione – a seguito di una proposta di applicazione di misura di prevenzione personale e patrimoniale formulata dal direttore della D.I.A., Generale dei Carabinieri Antonio Girone, nei confronti di Vincenzo Giacobbe, di 42 anni, nativo di Gioia Tauro, imprenditore operante nel settore della produzione di calcestruzzo e lavorazione inerti. Colpite dal provvedimento 2 aziende, una villetta a due piani, svariati autoveicoli e fabbricati aziendali, terreni e disponibilità finanziarie riconducibili all’imprenditore, del valore complessivo di circa 4 milioni e 500.000 euro. Giacobbe risulta essere stato colpito da un‘ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa il 2 luglio 2007 dal GIP distrettuale di Reggio Calabria, nell’ambito dell’operazione “Arca“ – “Labirinto”, che aveva condotto all’arresto di 15 esponenti delle cosche mafiose del reggino e del vibonese che, secondo un criterio rigorosamente territoriale, avevano imposto il controllo sull’aggiudicazione degli appalti e subappalti dei lavori di ammodernamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria nei tratti Mileto-Serre e Mileto–Rosarno, per lavori da oltre 100 milioni di euro. L’attività investigativa era connessa ad altra precedente indagine, diretta dalla Procura Distrettuale di Catanzaro in ordine alle attività delle cosche del versante cosentino e vibonese, sempre finalizzate all’infiltrazione nei lavori della “Salerno-Reggio Calabria”, sfociata nella cosiddetta operazione “Tamburo”, eseguita dalla Sezione Operativa D.I.A. di Catanzaro. Oltre a ciò, i clan estorcevano tangenti alle imprese appaltatrici con la cosiddetta “assicurazione cantieri tranquilli”, somma di denaro pari al 3% dell’importo dei lavori, che veniva poi recuperata illegalmente dalle stesse imprese sia con il sistema della sovrafatturazione (indicando importi maggiori rispetto ai lavori realmente effettuati) sia con la fornitura di materiale di scarsa qualità. Giacobbe, secondo gli inquirenti, veniva ritenuto vicino al clan dei “Piromalli – Molè”. Il prosieguo degli accertamenti effettuati, a cura di personale del Centro Operativo D.I.A. di Reggio Calabria, a seguito delle risultanze emerse dall’operazione “Arca”, sfociava nel corso del mese di gennaio 2008, nel sequestro preventivo, ex arocolo 321 c.p.p., disposto dal GIP presso il locale Tribunale, del patrimonio dell’azienda gestita da Giacobbe; la società G.D. Calcestruzzi S.r.l., in quanto ritenuta strumento per la commissione dei reati di associazione mafiosa ed estorsione. Parallelamente, il personale dello stesso Centro Operativo D.I.A. effettuava una laboriosa e complessa serie di accertamenti patrimoniali volti a verificare, in chiave di proposizione di misure di prevenzione, la congruità tra i redditi e le attività svolte da Giacobbe ed il patrimonio da questi posseduto, nonché per verificarne le modalità di acquisizione. L’attività svolta veniva compendiata in una corposa ed esaustiva informativa-proposta di misura di prevenzione, a firma del direttore della D.I.A., Generale dei Carabinieri Antonio Girone, che il locale Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione-, recepiva emettendo, il 18 luglio 2008, un apposito decreto di sequestro ai sensi della legge 575/65, sottolineando come tali beni risultassero essere il frutto o il reimpiego di attività illecite. Il Tribunale ravvisava nell’occasione la sussistenza di una tipica “impresa mafiosa”, che si impone sul mercato con la forza dell’intimidazione e dell’imposizione del dominio sul territorio e la conseguente estromissione delle imprese che non godono di pari entrature criminali, alterando – anzi azzerando – così il meccanismo del libero mercato. Il Tribunale accertava, comunque, anche la sussistenza di una notevole sperequazione tra il patrimonio nella disponibilità di Giacobbe rispetto ai redditi dichiarati e le attività svolte. Successivamente con sentenza dell’8 luglio 2009 del GUP del Tribunale di Reggio Calabria, Giacobbe, a conclusione del primo grado di giudizio, veniva condannato a 6 anni di reclusione per il reato di cui all’articolo 416 bis C.P. nonché per frode nell’esecuzione dei contratti di fornitura di calcestruzzo ed inerti relativi al tratto autostradale Serre–Mileto. Con l’odierno provvedimento il Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione – in esito al contraddittorio instaurato tra pubblico ministero e difesa, ha sottolineato come “ Giacobbe sia seriamente indiziato di appartenenza ad un’organizzazione criminale di tipo mafioso ed abbia tratto consistenti vantaggi imprenditoriali ed economici da questa sua collocazione “, disponendo la confisca :
– del patrimonio aziendale e quote sociali della società “S.R.L. G.D. Calcestruzzi” , con sede a Gioia Tauro, operante nel settore produzione calcestruzzo e della produzione di inerti;
– dell’impresa individuale “Vincenzo Giacobbe”, con sede a Gioia Tauro operante nel settore edilizio e dei lavori pubblici;
– di numerosi automezzi e fabbricati ad uso aziendale;
– di una villetta a due piani con seminterrato e di un terreno siti entrambi in Gioia Tauro;
– di disponibilità finanziarie riconducibili al predetto.
Con lo stesso provvedimento il medesimo Tribunale ha sottoposto Giacobbe alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di tre anni con obbligo di soggiorno.