Seminara (Reggio Calabria). Doveva essere festeggiato oggi il Natale ortodosso, cioè tredici giorni dopo quello cattolico, secondo il calendario giuliano. Tuttavia, la straordinaria coincidenza dei due calendari, così come avvenuto per la Pasqua, ha fatto collimare le due date. Pertanto, soltanto un incontro di preghiere, stamattina nella chiesa bizantina dedicata ai santi Elia e Filareto alle porte di Seminara. Per ricordare il rito della natività, erano presenti, nel monastero guidato da madre Stefania, fedeli di varie nazionalità, tra cui: bulgari, rumeni, moldavi, ucraini e serbi. La presenza dei “monaci di Dio” in queste zone, oltre a restituire visibilità al territorio, contribuisce ad arricchire la conoscenza degli aspetti religiosi e culturali della civiltà bizantina. Infatti, le tre ore di liturgia natalizia, intercalate da inni e messaggi di pace, sono inondate dalla luce sprigionata dall’albero di quercia acceso. Quella dell’accensione del tronco d’albero di quercia è una delle tante tradizioni di cui è ricco l’emisfero ortodosso. Infatti, secondo una tradizione dei serbi del Montenegro, come ci ha riferito madre Stefania, la quercia è considerata come l’albero della vita, simbolo di Gesù Cristo. Ogni famiglia in Montenegro, il giorno prima di Natale, riceve la visita di un bambino, simbolo del pastore che per primo ha visto Gesù nato, che porta in casa della legna di quercia. Una volta acceso il fuoco, il bambino, esclama: “Gesù è nato!”. Tutti i presenti rispondono: “Pace tra noi!”. Nelle chiese, invece, come è accaduto a Seminara, viene posta al centro l’icona della Natività, che racchiude un profondo significato teologico e simbolico. Come, ad esempio, la testa del Bambino è il centro dogmatico dell’icona, la culla e le bende (rimandano alla sepoltura) e la grotta, rappresenta la vittoria sulla morte e sull’inferno; Maria e Giuseppe, sono l’umanità; le donne che lavano il bambino, evocano e rimandano al battesimo nel Giordano. I fedeli entrano a piccoli gruppi, non tutti insieme e non tutti alla stessa ora. Si assiste, quindi, a un costante, lento e rispettoso fluire di gente che sfilano davanti all’icona e, prima di sedersi, accendono un cero. La chiesa va quindi pian piano illuminandosi con ogni persona che entra. Si rimane così incantati davanti alla naturalezza della luce e si innalzano al cielo inni di gioia, in slavo, russo, rumeno e greco, per la nascita del Bimbo che cambiò le sorti del mondo.
Antonio Ligato