Reggio Calabria. Teatro Cilea, ore 21, sulle note di Heaven on their minds è appena entrato in scena Giuda per accompagnarci nell’ultima settimana di vita terrena di Gesù. Gesù superstar, da quarant’anni nel celebre musical di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice, e superstar da undici nella versione di Massimo Romeo Piparo, andata in scena ieri al Cilea. L’unica versione italiana in lingua originale, in inglese, l’unica al mondo ad aver ottenuto un riconoscimento ufficiale dal Vaticano, in occasione del Giubileo. Su una scalinata bianca con dietro un video wall che proietta immagini e passi dei vangeli per aiutarci a immergerci nel dramma antico del “Figlio dell’uomo” e del suo traditore, ben trenta attori cantano e raccontano, accompagnati da un’eccellente orchestra rock (diretta da Emanuele Friello), gli ultimi giorni di passione di Gesù Cristo. Si succedono i farisei sadomaso con tanto di borchie, gli apostoli con abiti hippie, l’interrogatorio di Ponzio Pilato (Mario Venuti), la Maddalena (Simona Bencini), la cattura nel giardino del Getsemani, il “No”, quell’urlo di Giuda, straziante, grondante di pentimento, che conclude il primo atto. E poi il Jerusalem King Herod show, sulle note della King Herod’s song, spettacolo che farebbe invidia ai più variopinti di Las Vegas, in cui il re Erode festeggia, insieme ai suoi assistenti (due drag queen) la cattura di Cristo. È tempo che non sia fatta la volontà di Gesù, ma la Sua volontà, e il “Figlio dell’uomo” si deve genuflettere, alle frustate che un aguzzino di Erode gli riserva; trentanove, come trentanove sono le immagini che scorrono sul video wall per segnalare altrettante atrocità dell’epoca contemporanea: Aushwitz, le guerre mondiali, l’omicidio di Martin Luther King, l’attentato alle Torri Gemelle e in conclusione la celebre foto di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Altri due martiri in terra, due martiri della giustizia. Viene proiettata anche la frase di Tim Rice, che chiede a Gesù Cristo: “perché hai scelto un tempo così lontano e una terra così strana? Oggi con la televisione sarebbe tutto più facile”. Non sappiamo se sarebbe stato più facile, all’epoca di Falcone e Borsellino la televisione c’era, eppure è finita come sappiamo. I millenni passano, ma l’uomo rimane sempre lo stesso. Per questo quel Giuda (un ottimo Matteo Becucci) che a fine spettacolo danza e canta tra la platea del Cilea, è anch’egli una superstar, è uomo tra gli uomini, carnefice e vittima, costretto a vivere in un mondo che sembra non migliorare mai.
Raffaele Putortì