Anna Ferraiuolo, urbanista e dottoranda in Pianificazione Territoriale, il 27 gennaio, giorno dell’inaugurazione, ha visitato il “Museo Virtuale Garibaldino” di Delianuova, una struttura che fra i tanti meriti e le tante potenzialità ha sicuramente quello di concorrere ad una sempre maggiore identificazione dei nostri territori e delle nostre storie. Riteniamo interessante proporne la lettura a chi consulta “Urbanistica e Città Metropolitana”, la nostra rubrica online.
(E.C.)
Caro Garibaldi lo avresti mai immaginato?
di Anna Ferraiuolo
Nel versante tirrenico meridionale dell’Aspromonte, a Delianuova, nel cuore della Provincia di Reggio Calabria futura città metropolitana, è stato inaugurato pochi giorni fa un museo. Un museo diverso da quelli che da sempre siamo abituati a visitare. Il “Museo Virtuale Garibaldino” in Aspromonte.
Non c’è società umana nel mondo in cui l’idea di museo non sia stata concepita e, al di sopra di un certo livello di ricchezza materiale, non sia stata realizzata. La nascita dei Musei è molto lontana nel tempo, anche se il ruolo si è evoluto nel corso dei secoli.
Musei erano detti, anche dalla gente comune fra VI e V secolo a.C., i cenacoli della setta dei Pitagorici, poiché i discepoli di Pitagora, che erano filosofi, matematici, politici, letterati e scienziati in genere, si riunivano in onore e sotto la protezione delle Muse.
Nel IV secolo, Tolomeo, compagno e generale di Alessandro Magno, divenuto re d’Egitto, con la collaborazione di un suo ministro, Demetrio del Falero, decise di costruire un complesso di edifici, giardini e strutture di servizio, per raccogliervi i migliori studiosi del tempo. Tale complesso di laboratori, biblioteche, sale di riunioni, giardini zoologici e botanici, mense, palestre, campi sportivi, scuole di ogni tipo, teatri, piscine … fu chiamato MUSEO probabilmente da Tolomeo II Filadelfo.
Successivamente il concetto originario di Museo andò perso per diventare sempre più semplice luogo di conservazione ed esposizione di oggetti, almeno fino a qualche tempo fa. Infatti è in atto un cambiamento tecnologico di portata mondiale che sta rivoluzionando non solo il background storico-filosofico di queste istituzioni, ma anche il loro ruolo e la loro organizzazione strutturale e culturale. Il ruolo del museo, configuratosi storicamente come eminentemente conservativo, i Musei infatti, nascono dal bisogno dell’uomo di accumulare e conservare oggetti e artefatti che si riferiscono alla sua storia e alla sua cultura, si amplia per includere funzionalità nuove quali comunicazione, formazione, intrattenimento, ricerca, diffusione della cultura.
Da queste motivazioni di fondo, i musei cominciano a collegarsi con le scuole creando nuovi metodi di insegnamento/apprendimento; si collegano con altre istituzioni pubbliche e private, sia con scopi formativi che di intrattenimento culturale; in questa ottica il Museo diventa il grande comunicatore o il narratore di storie che propone avventure e avvince il pubblico. In tal senso è possibile attribuire realmente al museo la possibilità/capacità/necessità didattica di influenzare le nuove generazioni, utilizzando tutti gli strumenti della comunicazione intesa in senso più ampio; non solo linguaggio scritto e orale, ma anche musica, arti figurative, reperti, manufatti e tutto ciò che è stato creato dall’uomo nel corso dell’evoluzione della sua storia.
Anche il modo di comunicare del museo ha subito profondi cambiamenti diventando multimediale e mediatizzato: utilizza diversi sistemi di comunicazione tra i quali un posto particolare spetta all’audio-video ed al computer. In particolare l’utilizzo di quest’ultimo ha consentito la digitalizzazione dei reperti e la loro fruizione in modo differente rispetto al passato. Questo processo, attualmente in corso in numerosi musei del mondo, rappresenta una delle principali direttrici del cambiamento.
Cambiamento necessario che è ha investito il versante tirrenico meridionale dell’Aspromonte, Delianuova, sede della Comunità Montana con il “Museo Virtuale Garibaldino”, grazie all’incrollabile fede nel nuovo, e nell’immateriale, ma con profonde radici nella storia e nelle tradizioni, di una studiosa come Patrizia Nardi, nota sostenitrice e promotrice della Varia di Palmi come “Patrimonio mondiale dell’Unesco”, nel nome della validità e della parità fra cultura materiale e cultura immateriale. Ma anche dell’identità dei luoghi, delle culture e delle comunità.
Provate a immaginare se qualcuno si avvicinasse sotto la pioggia a quel soldato generale in camicia rossa, agonizzante, stremato dalla fatica, squassato dalla ferita da lui stesso definita “regalo due palle di carabina, una all’anca sinistra e l’altra al malleolo interno del piede destro” e gli dicesse: Caro Garibaldi, ma lo sa che esattamente fra 150 anni, qui, in questo Aspromonte aspro e brullo, dove si è rifugiato per difendersi da un attacco, non borbonico ma piemontese, dove non rispose al fuoco con il fuoco, dove dalla popolazione locale impaurita fu scambiato per bandito, dove patì fame e freddo, costruiranno e Le dedicheranno un museo? Si, proprio un museo! Ma non uno di quelli soliti, dove tutto ciò che è raccolto è rinchiuso in teche polverose, dove “è assolutamente vietato toccare”, non si possono scattare fotografie, dove l’uso del cellulare è vietato, quasi a suggellare la lontananza di pensiero e di anni dalla tecnologia, dove si paga un biglietto e all’uscita ci si ripromette di non tornarci più, certamente non per l’importanza di ciò che è conservato ma per la pessima gestione … E no! È un centro d’avanguardia, sicuramente antiretorico, per la conservazione, promozione e valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale relativo al Risorgimento e all’Eroe dei due mondi.
Già… è così che ora viene descritto sui libri di storia e così che La chiamano! Che fa? Ripensa a quelli che Le intimarono la resa perché da sempre considerato una pedina troppo autonoma, la catturarono e la trattarono da prigioniero? Bhè, ora, in ogni città del nostro Stato c’è una via, una piazza con statua, se non un liceo che porta il suo nome! E l’Italia tutta festeggia e spegne 150 candeline sulla torta della sua impresa… Maestro, si, è così che, piuttosto che Eroe, per tutto quello che ha fatto, per la convinzione con cui l’ha fatto, per quello che ci ha insegnato e l’ha fatto sulla sua pelle, io preferisco chiamarla. A Delianuova nel suo museo, per essere all’altezza del suo pensiero avanguardistico, sì è affiancato accanto al percorso tradizionale di documenti storici immagini e oggetti un nuovo modo per imparare a conoscerla.
Ora La voglio proprio stupire! È un museo multimediale! Strumenti come la multivisione, le postazioni multimediali e leggio elettronico, attraverso ipertesti, filmati e percorsi didattici interattivi offrono al fruitore, che non è più un passivo visitatore, una rappresentazione tecnologica dello scenario dell’epopea risorgimentale. Principi a Lei cari come libertà, indipendenza e unità saranno sviscerati, partendo dai rudimenti della ricerca storica come strumento di formazione insostituibili per sviluppare capacità di indagine e valendosi oltre che della documentazione d’archivio anche della comunicazione contemporanea con tecnologie informatiche e cinematografiche, infatti tutto ciò che è consultabile è digitalizzato; la funzione conservativa del museo resta inalterata ma con una grande novità tecnologica tutti i reperti possono finalmente essere fruiti, anche se virtualmente, dagli utenti.
Mission di tale “avventura” è rendere attivamente partecipi e protagonisti di un percorso più ampio, nazionale che possa alimentare nei giovani l’orgoglio di appartenenza al proprio territorio, con l’impegno di riflettere sugli itinerari individuali e collettivi che hanno segnato la storia risorgimentale e unitaria nel contesto territoriale in cui vivono, per individuarne le ragioni più profonde in rapporto al Suo disegno rivoluzionario senza tempo che nel perseguire i valori a Lei cari, ha gettato le basi per l’impegno di ognuno a favore della democrazia, della crescita civile e del rispetto della legalità.
La Multivisione “Aspromonte, 29 agosto 1862” racconta uno dei momenti cruciali della Sua vita: il giorno in cui fu ferito e lasciò a Menotti il suo testamento spirituale, ripercorrendo gli ideali che l’hanno spinto e sostenuto. L’audiovisivo è stato sviluppato attraverso accostamenti e contrasto dei materiali documentali conservati negli archivi, creando una sequenza dinamica in grado di sintetizzare gli avvenimenti narrati. Pensi, hanno ripreso la sua voce ed è proprio Lei a fare emozionare raccontando la storia delle idee che lo hanno portato a lottare per l’uguaglianza, la libertà e la giustizia.
Che fa Maestro? Non ci crede? Non è finita! il museo è affiancato e supportato da un progetto ben più ampio: prendendo spunto da un percorso individuato dal Ministero della Gioventù e sviluppato nel programma “Gioventù Ribelle” nell’occorrenza delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, ha lo scopo di parlare alle giovani generazioni di loro coetanei del passato focalizzando idee e azioni di alcuni tra i giovani protagonisti del Risorgimento calabrese. Si articola su una collaborazione scientifica tra l’Archivio di Stato di Reggio Calabria, il Museo Virtuale Garibaldino, in sinergia con la Soprintendenza ai Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria, il Museo Centrale del Risorgimento di Roma e la Fondazione Spadolini; si collaborerà con le scuole del territorio della provincia di Reggio Calabria sulla base di un piano di approfondimento didattico-scientifico del processo di unificazione nazionale e delle sua problematiche politiche, economiche e sociali oltre che di alcuni aspetti del Risorgimento della provincia reggina nella prospettiva nazionale, con particolare attenzione al ruolo dei giovani patrioti calabresi nelle varie fasi risorgimentali e nel processo di costruzione della nuova Italia unita.
Ha capito bene, è soprattutto alle giovani generazioni meridionali che si è pensato: offrire loro l’occasione di appropriarsi della storia in maniera consapevole e partecipata, nella costruzione della propria identità come parte integrante di un tutto e nel senso di appartenenza ad un contesto nazionale che a 150 anni dall’Unità, presenta ancora profonde e pericolose fratture.
È triste ammetterlo, ma anche dopo 150 anni ci sono ancora ferite ma non è questa la sede idonea e il momento per parlarne.
Generale, a questo punto le vorrei fare una domanda, ma prima di rispondere faccia una visita a Delianuova ed al museo che Le hanno dedicato: a distanza di 150 anni obbedirebbe ancora?