Inghilterra, anni 30, in tutta l’Europa soffiano venti di guerra, la presa di potere e i progetti bellici di Hitler sono molto minacciosi, la seconda guerra mondiale è insomma alle porte e bisogna comunicare questa situazione al popolo. Lo deve fare il re, ma come può farlo se soffre di una forma di balbuzie molto seria e invalidante? Ecco il dramma di re Giorgio VI, duca di York, Bertie per gli amici. In un’ epoca in cui la televisione ancora non esisteva e il media dominante era la radio, la comunicazione a voce era tutto, il principale veicolo informativo, quella che tranquillizzava e spronava il popolo. E certamente ai nemici (basti vedere i discorsi del Fuhrer) la verve oratoria non mancava. Fa tenerezza questo duca, uno stupefacente Colin Firth, già vincitore con questo film del Golden Globe 2011 come migliore attore in un film drammatico. Per la serie anche i ricchi piangono, non basta la ricchezza e il potere per essere felici, anzi le aspettative per il ruolo che dovrebbe ricoprire lo mettono ovviamente ancora di più in crisi. Non riuscendo a parlare non può guidare un popolo, e ancora non sa che il padre re Giorgio V morirà e il fratello darà le dimissioni, quindi sarà re, molto presto. L’unico rimedio è curarsi, ma c’è guarigione per il suo male? Ed ecco allora l’incontro con il logopedista australiano Lionel Logue (un a dir poco convincente Geoffrey Rush), attore fallito, dai metodi e dai modi forse poco ortodossi, ma probabilmente efficaci. Il rapporto con lo specialista è spesso burrascoso, ma molto profondo, diventa in alcuni momenti una sorta di psicoterapia, in cui per la prima volta a una persona “comune” il futuro re Giorgio VI si confida, raccontando dei rapporti con i suoi familiari, delle sue difficoltà, dei suoi complessi d’inferiorità. Non è la prima volta che il regista Tom Hooper rivolge la sua attenzione verso ambientazioni storiche. Dopo la mini-serie sulla rivoluzione americana (John Adams), ecco uno spaccato di storia europea, in un periodo fatale e di grave crisi per il vecchio continente, raccontato attraverso il dramma privato di un monarca balbuziente, simpatico ed impacciato. Il discorso del re ha già vinto il premio del pubblico al festival di Toronto ed è candidato a ben dodici Oscar per l’edizione di quest’anno. Merito anche dell’accuratissima ambientazione, della scenografia e della fotografia, affidata a Danny Cohen. Riuscirà re Giorgio VI, padre di Elisabetta II a pronunciare il discorso per annunciare al popolo che l’Inghilterra è in guerra? Se desiderate scoprirlo, Il discorso del re è al cinema.
Raffaele Putortì