Noto (Siracusa). Città considerata centro dell’arte barocca in Sicilia, di fronte alla superba scalinata di un’antica chiesa dalle forme barocche, accanto all’Università, trovi una piccola trattoria, “Al Buco”, gestita da una cordiale, sagace, sorridente donna di origini calabresi di Cinquefrondi, Angela Cannata e da sue suoi figli: il simpaticissimo Marco e la splendida Francesca. La trattoria fu aperta trent’anni fa dal marito di Angela, l’intraprendente, gioioso, spontaneo, eccentrico, Franco Alizia, deceduto improvvisamente cinque anni fa. La signora Angela si è subito rimboccate le maniche per non far cessare l’attività avviata e realizzata dal buon Franco. La trattoria, infatti, è oggi, una splendida realtà. Vi si respira la sana e genuina aria familiare, tipica delle nostre parti. Un intreccio di odori e sapori, circonfusi alle gentilezze della famiglia che non lesina ospitalità a chi si trova intento a gustare le fumanti lasagne di tipo calabrese con il sugo della carne di maiale, accompagnate dall’ottimo vino locale che il solerte Marco ti porta a tavola in caratteristiche brocche di vetro che ti riportano alle vecchie osterie calabre. Così oltre al palato trova gusto la vista per quel nettare dal “rouge” colore. E che dire del pesce, appena pescato e indorato da aromi genuini e accattivanti che ti aprono il cuore e ti riempiono lo stomaco in un susseguirsi di sinfonie olezzanti sul piano di quell’altare che non ha nome. Si chiama semplicemente: arte della cucina. E poi c’è Francesca con la sua semplice semplicità che, con uno smagliante sorriso, ti sa consigliare sul menu del giorno. In questo emisfero di artistica arte culinaria si staglia la figura di mamma Angela Cannata, calabrese di Cinquefrondi, un’artista che tra l’altro sa coniugare le buone maniere con i sorrisi che accompagnano le tante e succulenti portate. Pertanto, si può parlare di un connubio felice tra le tradizioni culinarie di due Regioni meridionali, la Calabria e la Sicilia che hanno dato e daranno buoni frutti anche nei tempi difficili della disagiata modernità.
Antonio Ligato