La vittima ha sparato in aria alcuni colpi di pistola per far scappare il killer
di Fabio Papalia
Reggio Calabria. Con ogni probabilità, più che alla pistola regolarmente detenuta deve la propria vita al marsupio, e al suo modo di portarlo a tracolla. Chi ha sparato a Tiberio Bentivoglio, sessantenne titolare della sanitaria “Sant’Elia” impegnato nella lotta al racket, lo ha fatto per uccidere. Fortunatamente l’aggressione si è risolta in una gambizzazione, l’uomo è stato colpito al polpaccio destro, ma le intenzioni dell’aggressore, o degli aggressori, erano di ucciderlo. Chi gli ha sparato contro, infatti, lo ha fatto mirando ad altezza d’uomo, e non semplicemente alle gambe.
Un agguato in piena regola, vista la dinamica e il luogo, quello che si è consumato questa mattina alle 7 a Ortì, a metà strada tra Reggio Calabria e Gambarie, dove Bentivoglio si era recato a bordo di un furgone bianco su un appezzamento di terreno di sua proprietà, sulla strada per Sambatello. Appena sceso dal mezzo ha sentito gli spari e un bruciore al polpaccio, ha compreso di essere sotto la mira di un killer, senza riuscire però a vedere da quale punto giungesse la minaccia, ed ha cercato rifugio nuovamente dentro al furgone, da lì ha estratto la pistola che detiene ed ha esploso in aria alcuni colpi, sperando di mettere in fuga il suo aggressore. Forse spaventato dalla reazione a mano armata della vittima, forse perché pensava di aver già messo a segno il compito assegnato, chi si era armato contro Bentivoglio si è dileguato facendo perdere le proprie tracce. La vittima, nel frattempo, ha allertato la sala operativa della Questura, che prontamente ha fatto convergere sul posto le Volanti dell’Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico, diretto dal vice questore aggiunto Fabio Catalano con la collaborazione del commissario capo Enrico Palermo. Bentivoglio, dopo i primi soccorsi del caso, è stato trasportato al pronto soccorso degli Ospedali Riuniti a bordo di un’ambulanza del 118. Al nosocomio reggino, dove è stato scortato dalla Polizia, l’uomo è stato medicato, e non versa in pericolo di vita.
Vita che deve al suo marsupio, che ha trattenuto uno dei proiettili calibro 7.65 sparati da mano ignota. Bentivoglio era solito indossare il marsupio a tracolla su una spalla, più sù della cintura. Segno questo, come anche altri due proiettili rinvenuti sul furgone, conficcati ad altezza d’uomo sulla lamiera, che chi ha sparato voleva uccidere. In tutto sono 4 i proiettili rinvenuti dagli specialisti del Gabinetto regionale di polizia scientifica. Tutti dello stesso calibro, e si presume (fino a ulteriori accertamenti di laboratorio) esplosi dalla stessa arma. Non è chiaro però se si sia trattato di un solo killer, o di più d’una persona. Bentivoglio non ha visto chi gli ha sparato, non si è nemmeno reso conto da quale direzione arrivava il piombo. L’uomo è stato interrogato dagli investigatori della Squadra Mobile, diretta dal primo dirigente Renato Cortese, che indagano sul caso di tentato omicidio, appunto, e non di semplice ferimento. Le indagini della Squadra Mobile, pur non tralasciando alcun indizio, non possono non tenere conto della storia personale di Bentivoglio, uno dei primi commercianti a denunciare le richieste estorsive del racket. Una punizione per il suo impegno antiracket è, al momento, la pista privilegiata per dare un movente al tentato omicidio. Titolare della sanitaria “Sant’Elia” di Condera, dopo avere subito diversi atti di danneggiamento, incendi e bombe, Bentivoglio denunciò le richieste estorsive. Grazie alla sua collaborazione ne scaturì l’operazione “Sant’Elia” (che terminò però l’iter processuale con una pioggia di assoluzioni), così denominata dal nome dell’esercizio commerciale. Bentivoglio è socio di Libera, l’associazione nazionale antiracket, ed è stato uno dei promotori di “Reggio Libera Reggio”, un’associazione che si oppone al racket e alla ‘ndrangheta. Nell’aprile dello scorso anno, nel corso di una manifestazione di Libera a Reggio Calabria, è stato il primo commerciante a ricevere il logo di Reggio libera Reggio. Questa mattina, invece, se fosse confermata la matrice del gesto, qualcuno voleva consegnargli il “logo” del racket, coniato nel piombo.