A Claudia Trillo, architetto e dottore di ricerca, direttore scientifico del Laboratorio di Politiche di Sviluppo del Centro Interdipartimentale di Ricerca LUPT, Università “Federico II” di Napoli, abbiamo chiesto un contributo sull’approccio innovativo Usa nei confronti dei territori metropolitano per i lettori della Rubrica “Urbanistica e Città Metropolitana”.
(E.C.)
Il governo della forma della città metropolitana tra locale e globale: lo Smart Growth
di Claudia Trillo
In un mondo globalizzato ed accelerato, in cui pare non ci sia più tempo per la costruzione di quadri di lungo termine per la pianificazione territoriale, l’approccio incrementalista è stato talvolta interpretato in maniera distorta, perfino inducendo a incrinare i paradigmi fondanti la disciplina urbanistica nel fare operativo. Nel dibattito europeo, si sono individuate nuove categorie concettuali di analisi e progettazione del territorio, dai contorni sfumati e talvolta nebulosi, trasponendo la domanda di flessibilità intrinsecamente insita nella natura processuale dei meccanismi decisionali anche alla dimensione spaziale dei processi stessi.
Tuttavia, le problematiche che derivano da questa nuova concettualizzazione delle categorie spaziali della pianificazione sono pari, se non perfino superiori, a quelle che caratterizzavano una definizione più rigida e gerarchica dei quadri di riferimento fisico per la città e il territorio.
Queste problematiche investono in modo particolare la città metropolitana, nodo complesso di interazioni tra molteplici scale, che richiedono la convergenza di attori istituzionali non sempre allineati quanto ad obiettivi e a paradigmi di riferimento.
Da una parte, la geometria variabile dei tanti mondi, a cui il cittadino globale appartiene, ricalca il concetto di identità multipla sollecitando un uso sempre più fluido e dinamico della città contemporanea; dall’altra, l’esigenza antropologica di permanenza della forma urbana, quasi quale metafora di stabilità esistenziale, riflette l’istanza apparentemente opposta dello stesso cittadino globale al consolidamento di un’identità specifica, formulando una domanda di certezze e di punti di riferimento nella gestione dello sviluppo urbano.
In termini di economia urbana, è il mercato stesso a rivendicare la necessità di regole chiare al fine di poter operare in un sistema di valori affidabile. Ne consegue una rivalutazione del ruolo del sistema normativo come presupposto per un corretto dispiegamento di tutte le energie disponibili per attivare lo sviluppo urbano, incluse quelle del libero mercato, che interroga con decisione l’arena dei decisori pubblici chiamati a costruire il sistema di criteri, strategie, modalità e strumenti utili a configurare un sistema affidabile di valori per il mercato immobiliare. In altre parole, l’unitarietà dell’oggetto “città metropolitana” richiede convergenza di intenti ai soggetti multipli, portatori di visioni e di approcci molto diversificati, che concorrono all’apparato normativo e regolamentativo posto a presidio di un corretto dispiegamento delle forze sociali e del mercato.
La messa in crisi dell’impalcato concettuale di tipo autoritativo nel rapporto tra le diverse scale di governo del territorio non implica la messa in discussione dei paradigmi fondativi della pianificazione della città e del territorio, ma certamente ne richiede un adattamento in termini di metodologie di costruzione e implementazione.
L’esperienza dello “Smart Growth” statunitense può offrire spunti di estremo interesse nella strutturazione di un approccio innovativo al governo della forma della città metropolitana. Lo “Smart Growth” è un movimento che nasce negli anni ’90 negli Stati Uniti nel solco dell’urbanistica ecologista, tentando di strutturare un insieme di misure utili ad orientare lo sviluppo delle aree metropolitane verso modelli compatti e incentrati sull’uso del trasporto pubblico.
Letteralmente traducibile come “Sviluppo Intelligente”, l’espressione vagamente demagogica riflette l’origine più politica che tecnica del movimento: difatti, lo “Smart Growth” è divenuto popolare grazie al governatore del Maryland Parris N. Glendening, il quale nel 1997 decise di finanziare con una cospicua allocazione di risorse statali la realizzazione di interventi di densificazione lungo assi infrastrutturali serviti da trasporto pubblico, al fine di preservare le aree libere esistenti.
La novità dell’approccio promosso dallo “Smart Growth” risiede nella messa a sistema di meccanismi plurimi di intervento sui processi di sviluppo della città metropolitana, inclusi gli incentivi fiscali e le politiche abitative, onde perseguire l’obiettivo di pervenire ad una forma compatta, caratterizzata da un disegno urbano che incentiva l’uso pedonale e la scala umana degli spazi, dal contenimento nell’urbanizzazione di nuove aree onde preservare i suoli agricoli e le aree naturali, e dall’enfasi sul sistema di trasporto collettivo quale valida alternativa all’uso dell’automobile.
L’iniziativa di Glendening suscitò un notevole interesse, inducendo numerose amministrazioni ad imitare l’esperienza del Maryland, o ri-etichettando esperienze in corso (Metro Portland). Ad oggi le iniziative di “Smart Growth” sono numerosissime. In alcuni casi, si tratta di provvedimenti normativi introdotti a livello statale (Wisconsin) per promuovere la diffusione dello “Smart Growth”; in altri, si tratta di interventi normativi o pianificatori di autorità regionali oppure di regolamenti adottati da amministrazioni cittadine per favorire l’implementazione dei principi dello “Smart Growth” alla scala locale (sono frequentissimi gli “Smart Codes”, veri e propri regolamenti edilizi).
Non è raro imbattersi nella critica che, nonostante il successo dello “Smart Growth”, nella pratica le aree metropolitane statunitensi presentino caratteri di dispersione insediativa e di organizzazione della rete infrastrutturale fortemente sbilanciata verso l’uso dell’automobile. Forse però non è inutile precisare che l’armatura metropolitana degli Stati Uniti differisce sostanzialmente da quella europea; il sistema infrastrutturale è – tranne rare eccezioni – orientato all’uso del mezzo di trasporto privato, implicitamente incentivato da costi accessibili della benzina non paragonabili a quelli europei. La riconversione dei modelli di sviluppo metropolitano consolidatisi su un uso esteso dell’automobile verso modelli di tipo più compatto è indubbiamente una sfida i cui risultati non possono essere valutati in un arco temporale limitato.
L’utilità delle lezioni apprese dalle esperienze di implementazione dello “Smart Growth” prescinde pertanto dalla valutazione dell’efficacia delle iniziative messe in campo dalle diverse amministrazioni statali, regionali e locali, e risiede soprattutto nella ricchezza di sollecitazioni che emergono dall’analisi dei processi di pianificazione multilivello in atto.
Nei casi più interessanti di implementazione dello “Smart Growth”, come nell’area di San Diego, emergono alcuni tratti caratterizzanti il successo delle iniziative. Innanzi tutto, i processi di sviluppo metropolitano avvengono all’interno di un quadro di riferimento spaziale disegnato, in cui i margini di negoziazione sono chiari e definiti. Nonostante il sistema di regole di assetto spaziale scaturisca dall’interazione tra i diversi livelli di governo del territorio, tuttavia la vision che orienta lo sviluppo futuro è esplicitamente tradotta in uno scenario fisico, utile a far convergere l’azione dei vari soggetti istituzionali in un’ottica di lungo periodo. L’intersettorialità viene assunta come matrice fondante la costruzione dello scenario fisico, interpretando il sistema dei flussi come parte integrante dell’armatura urbana e come elemento determinante la formazione dei valori immobiliari. Pertanto, le problematiche ambientali vengono risolte grazie ad una corretta integrazione/interazione tra sistema dei flussi (la rete dei trasporti) e sistema dei nodi (punti di massima concentrazione dell’armatura fisica del territorio, su cui far convergere un mix bilanciato di funzioni residenziali e produttive). Infine, tutti gli strumenti che abbiano un impatto sul perseguimento dello scenario prefigurato divengono parte integrante dell’iniziativa di “Smart Growth”, dagli incentivi di natura premiale alle norme e i regolamenti. In altre parole, lo scenario fisico, ovvero il territorio della città metropolitana, consente la messa a sistema delle politiche di sviluppo e di riequilibrio, che risultano tutte, conseguentemente, territorializzate, riuscendo ad orientare la forma urbana verso modelli più sostenibili.
I casi di implementazione dello “Smart Growth” testimoniano da un lato le difficoltà che un approccio così complesso comporta, dall’altro i punti di forza derivanti dall’esistenza di regole spaziali per lo sviluppo urbano: dagli Stati Uniti, lo “Smart Growth” offre così interessanti spunti sul governo della città metropolitana contemporanea.