Reggio Calabria. Teatro Cilea, ore 23, il pubblico, divertito, applaude lungamente. È appena andato in scena “Il mare” di Paolo Poli, tratto dai racconti di Anna Maria Ortese ed è stato sicuramente un successo. Il grande attore e regista fiorentino non si è certo risparmiato, mettendo a disposizione nella performance tutta la sua vena ironica e poetica. Ed è così, con il suo istrionismo, con i suoi travestimenti, che Poli e gli altri quattro attori da lui diretti (Marco Bassi, Fabrizio Casagrande, Alberto Gamberini, Giovanni Siniscalco) hanno raccontato un pezzo di novecento italiano. Sceneggiando dodici racconti dell’Ortese e mettendo in scena sei monologhi, emerge dal mare dei ricordi dei protagonisti (e soprattutto delle protagoniste) un’Italietta con i suoi vizi e le sue virtù, con le sue speranze e i suoi sogni traditi, con i suoi successi e i suoi fallimenti. Uno spaccato del nostro paese, dagli anni ’30 ai ’70, passando quindi anche per la guerra, in cui la realtà si fonde con la fantasia e il naufragare è dolce in quel mare che fa da contenitore di sogni e speranze, fonte inesauribile da cui trarre ispirazione ma in cui affogare anche le delusioni. Napoli, Taranto, Catania, tutte città costiere protagoniste della pièce, contrapposte alla triste immigrazione nelle fabbriche tedesche e belga, con il mare fil rouge che collega i racconti e, forse, simbolo dell’identità italiana; simbolo della nostra penisola bagnata dal Mediterraneo e investita da una serie di onde portatrici quando di piccoli tsunami culturali, quando di novità, quando di sventure. Piccole e grandi, dalla guerra a una ragazzina un po’ orba in un quartiere napoletano. E qui continua la critica dell’ottantunenne Poli, che instancabile mette in scena dei personaggi che hanno sempre la forza di suggerire qualcosa di “diverso” per contrapporsi alla mentalità e alla cultura piccolo-borghese del nostro paese. Quale è il frutto di tutto ciò? Quel gran piatto di pasta col pesce, prodotto del mare, messo in scena alla fine della pièce, ma soprattutto la voglia di sperare e di commuoversi in questa nostra Italia.
Raffaele Putortì