Reggio Calabria. Giovedì 24 febbraio si è svolta la quinta tappa del Pulmino del Cambiamento. Anche in quest’occasione il candidato sindaco Massimo Canale ha preso visione, insieme ai giornalisti e ai ragazzi del Comitato Promotore, dei problemi di una zona particolare della città. I quartieri visitati sono stati San Sperato, San Giorgio e Ciccarello. Come di consueto, personalità istituzionali e cittadini hanno illustrato le criticità del luogo. Stefano Burrone, consigliere della Settima Circoscrizione, ha riportato, nell’ambito del quartiere San Sperato, l’assenza di interventi pubblici da almeno 15 anni e, in particolare, la mancanza di un condotto di raccolta dell’acqua piovana. La conseguenza è il cedimento frequente delle fognature e il relativo strabordamento dei tombini. Le strade della zona, come in buona parte del territorio comunale, si trovano in una condizione di dissesto. Il consigliere ha poi condotto Massimo Canale e i cittadini di fronte ai resti di una villa costruita dopo il terremoto del 1908. Questa era un bene architettonico certificato, ma non è mai stata messa in sicurezza ed è crollata a causa di un incendio. L’ennesima testimonianza dell’incuria dell’Amministrazione comunale nei confronti delle periferie. A San Giorgio è stata presa visione del dissalatore, opera decantata dalla Giunta di centrodestra, ma che sta arrecando molti fastidi e nessun beneficio ai cittadini della zona. L’acqua dissalata, infatti, è destinata interamente al centro storico, mentre agli abitanti della periferia è riservato l’inquinamento acustico causato dall’impianto. Un disagio, questo, accentuato in estate, quando, per sottrarsi al rumore assordante, i cittadini sono costretti chiudere le finestre nonostante il caldo. Dirimpetto si erge l’ex fabbrica di agrumi Vilardi, il cui pavimento è rivestito del pericolosissimo eternit. Giacomo Marino, presidente dell’associazione Opera Nomadi, ha guidato Massimo Canale e i giornalisti nella zona dell’ex polveriera, nei pressi del quartiere di Ciccarello. Proprio qui, a due passi dal centro storico, si erge una baraccopoli rom in miniatura. Il paesaggio rivela un degrado assoluto. Capannoni in legno e muratura convivono con discariche a cielo aperto; sentieri sterrati conducono direttamente all’uscio di case buie che suggeriscono precarie condizioni igieniche. In questa zona si incrociano tre gravi problemi.
Sicurezza. La baraccopoli si erge attorno ad un edificio che sta per crollare da un momento all’altro: decine di persone rischiano di finire sotto le macerie.
Problema amministrativo. La zona è tuttora destinata alla realizzazione del cosiddetto Contratto di Quartiere 2, i cui lavori non sono nemmeno iniziati.
Problema sociale. La comunità rom vive immersa nel degrado. Essa è identificata, agli occhi della popolazione, con la parte – ingente – di loro che delinque. E’ d’obbligo per le autorità perseguire chi commette reati, ma l’esasperazione è arrivata a tal punto che il linciaggio si è sostituito al normale corso della legge. A farne le spese è stato un ragazzo rom di 15 anni, dedito a scippi e furti, che è stato sparato.
Responsabile di questo clima, secondo l’analisi convergente di Massimo Canale e Giacomo Marino, è anche l’Amministrazione comunale che “non fa nulla per attenuare lo scontro. La delocalizzazione è l’unico strumento utile, in quanto consente di evitare la ghettizzazione – foriera di delinquenza – e promuovere l’integrazione”.
Delocalizzazione che la giunta ha realizzato solo a parole. E’ vero che il famigerato 208 è stato smantellato, ma si è di fatti creato un ghetto ancora più grande ad Arghillà. Il problema non è stato risolto, è stato semplicemente spostato, secondo la consueta politica del “nascondere la polvere sotto il tappeto”, tanto cara alla dirigenza di centrodestra.
Comitato promotore per Massimo Canale Sindaco di Reggio Calabria