La crisi economica in atto in questi anni, ha messo a dura prova anche le piccole e medie imprese (PMI) calabresi, al pari di quelle nazionali. I settori trainanti dell’economia locale sono da sempre l’edile, il commercio e l’agricoltura. La crisi nei primi due settori è il risultato del crollo della domanda, causata a sua volta da una riduzione dei redditi e del credito al consumo; nuovo vigore e nuovo impulso in tal senso dovrebbe provenire non già da interventi di carattere locale, bensì attraverso manovre del governo centrale, di portata ben più ampia e con carattere espansivo della domanda. Con riferimento alla crisi nel settore primario, ovvero, quello agricolo, la crisi è invece la naturale conseguenza della perdita di competitività sul mercato a causa soprattutto di importazioni dai paesi esteri. Osservando il territorio calabrese dal punto di vista delle attività primarie che in esso si svolgono, appare chiara la presenza di proto-distretti concentrati in aree circoscritte – in particolare nelle zone di Vibo Valentia, Rossano, Crotone, Reggio Calabria e Valle del Crati – tale distribuzione territoriale facilita senza alcun dubbio la costituzione di reti di imprese, una delle soluzioni maggiormente attuate dalle PMI nazionali per superare la crisi.
Si tratta di una forma di collaborazione più o meno formalizzata tra aziende che, pur mantenendo la loro identità, si organizzano per raggiungere un obiettivo produttivo-commerciale comune; tecnicamente, la rete si costruisce attraverso forme giuridiche quali società, consorzi e associazioni temporanee di imprese, permettendo agli imprenditori di acquisire una maggiore competitività non solo sul mercato locale, ma anche su quello nazionale e internazionale. Un’alternativa alla costituzione di reti di imprese è l’internazionalizzazione, consistente nello sviluppo di un sistema in grado di favorire gli scambi con l’estero, attraverso un processo graduale che inizia solitamente con l’esportazione dei propri prodotti, fino a giungere alla costituzione di vere e proprie strutture d’appoggio all’estero.
Per un’impresa del sud è paradossalmente molto più semplice internazionalizzarsi anziché trovare degli investors internazionali; la realtà del nostro territorio infatti, scoraggia qualsiasi tentativo si voglia compiere in tale direzione. Le cause sono molteplici: prima fra tutte la presenza delle organizzazioni mafiose, la cui infiltrazione nelle attività produttive altera i meccanismi di mercato e concorrenza; ancora, il costo del denaro preso in prestito dagli istituti di credito, i quali scontano il rischio-paese con tassi di interesse moto più elevati rispetto alla media nazionale; una burocrazia troppo lenta e poco efficiente; la fuga dei cervelli e quindi la presenza di un numero sempre minore di risorse umane davvero qualificate, il che ci aiuta peraltro nella comprensione del perché non vi siano aree distrettuali o vere e proprie imprese impegnate nelle cosiddette “produzioni a contenuto altamente tecnologico”; scarsa o assente propensione agli investimenti in ricerca e sviluppo.
A tal proposito, di recente istituzione è il progetto imprenditoriale lanciato dall’Università Mediterranea di Reggio Calabria in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina per la creazione di spin-off aziendali, il quale però si trova ancora in fase embrionale; un ulteriore motivo che scoraggia la presenza di capitali esteri nelle nostre piccole e medie imprese, è dato dal fatto che la maggior parte di queste sono di tipo individuale e familiare; nel tentativo di resistere alla crisi senza lasciar entrare nella proprietà soggetti esterni, essi ricorrono spesso al proprio patrimonio personale per l’appianamento delle perdite d’impresa. Da qui, lo scarso ricorso a manager o direttori aziendali, in favore di famiglie che continuano a gestire sulla base di istinto ed esperienza, importanti ma certamente non sufficienti in tempi di crisi. In una fase di stagnazione economica come quella attuale, un orientamento manageriale delle PMI locali porterebbe, in maniera responsabile, a un miglioramento delle condizioni non solo economiche ma anche sociali della nostra realtà, superando i tradizionali e ormai obsoleti schemi di gestione familiare, in favore di strutture organizzative in grado di competere maggiormente sia a livello locale che a livello internazionale.
Sabrina Quattrone