Cosenza. Accogliendo l’invito dell’editore Pellegrini di Cosenza, la Commissione consiliare politiche culturali, presieduta da Carmensita Furlano, parteciperà sabato 12 marzo, alle ore 17,00, al “Terrazzo Pellegrini” di via Camposano (ex via De Rada), al dibattito sui testimoni di giustizia la cui storia è narrata nel libro, edito da Pellegrini, “Tra l’incudine e il martello” di Angelo Greco. Nel corso del dibattito che sarà introdotto da Antonietta Cozza dell’ufficio stampa della casa editrice Pellegrini e moderato dallo stesso autore del libro Angelo Greco, interverrà, tra gli altri, la presidente della commissione cultura di Palazzo dei Bruzi Carmensita Furlano. “La commissione consiliare politiche culturali del Comune di Cosenza – sottolinea la presidente Furlano – ha accolto all’unanimità l’invito della casa editrice Pellegrini al dibattito dal titolo “Le ombre si fanno corpi, la parola ai testimoni di giustizia” che consentirà di alzare il velo su una condizione, quella del testimone di giustizia, sulla quale occorre riflettere attentamente. Chi è il testimone di giustizia? – si chiede Carmensita Furlano. Una persona che normalmente non proviene da ambienti malavitosi, che occupa normali posizioni nel tessuto economico e sociale, spesso impegnato in attività imprenditoriali. Spesso si tratta – afferma ancora la Furlano – di vittime delle organizzazioni criminali che assumono il ruolo di testimoni dopo aver subito estorsioni o aver assistito a eventi criminosi. Spesso la loro testimonianza risulta decisiva consentendo l’individuazione dei colpevoli e la successiva condanna penale. La differenza fra il collaboratore di giustizia e il testimone di giustizia – sottolinea la presidente della commissione consiliare politiche culturali – è enorme. Il primo decide di iniziare a collaborare con la giustizia, per calcolo, dopo un percorso di vita criminale e l’arresto (in tanti casi) ; il secondo, invece, è una persona con una vita normalissima che dopo aver assistito a un episodio criminale (spesso involontariamente) decide di aiutare la giustizia per spirito civico. Eppure, le cronache degli ultimi anni ci hanno quasi sempre consegnato esperienze di collaboratori di giustizia che dopo aver deciso di stare dalla parte dello Stato hanno visto la propria qualità di vita impennarsi; mentre quella dei testimoni di giustizia, dopo la scelta di fare la cosa giusta e normale, è scesa fino agli abissi, costretti come sono stati a lasciare la propria comunità e i propri affetti, senza venir messi sovente nella condizione di rientrare nel luogo di origine o di rifarsi una vita che non somigliasse ad una forma di esilio”
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