di Fabio Papalia
Reggio Calabria. E’ il candidato ufficiale indicato a succedere a Giuseppe Scopelliti. Demetrio Arena, Demi per tutti coloro che lo conoscono, 55 anni, commercialista, amministratore unico dell’Atam, sposato con Donatella e padre di due figli, Martina di 22 anni e Alessandro diciottenne; è questo l’identikit che il Pdl ha scelto per la corsa alla riconferma della poltrona più alta di Palazzo San Giorgio. In “comune” con il sindaco più amato, oltre a una candidatura non chiesta, ha la passione per il calcio. Per i colori amaranto della Reggina e per quelli nerazzurri dell’Inter.
«Un amore per lo sport che mi ha trasmesso mio padre, grande tifoso della Reggina e grande interista». Esibisce una vecchia reliquia, custodita gelosamente sottovuoto in una cornice di plexiglas, è la tessera del padre, che garantiva l’accesso allo stadio per l’anno 1956 quale socio fondatore della Reggina: «Ho alle spalle 48 anni ininterrotti di stadio amaranto» afferma con orgoglio, ma quando può non disdegna nemmeno una trasferta al Meazza. «Mio padre intratteneva rapporti epistolari con Helenio Herrera in qualità di membro di un Inter Club. Erano i tempi in cui era normale tifare per la Reggina, che in quell’epoca militava nelle serie inferiori, e per una squadra di serie A, ed è così che ho potuto coltivare la passione per queste due squadre. Non seguo solo il pallone, mio padre mi ha insegnato ad apprezzare i valori sportivi cosicché da 35 anni amo anche il basket e sono tifoso della Viola, sono anche sceso in campo in occasioni delle manifestazioni per salvare la squadra».
Il suo “contributo” si limita ad assistere dalla gradinata?
«Non solo, ho praticato sport acquatici, in particolare vela e sci nautico. Sono nato a Tremulini, in via Pennsylvania. Quando ero piccolo, fino al 68, ricordo una città ordinata e tranquilla. In quegli anni della mia vita è nato il rapporto col mare, che ha condizionato le mie scelte di vita. Non potrei spostarmi lontano da qui. Come tantissime altre famiglie reggine, siamo cresciuti al lido comunale, vissuto per tre mesi interi, come si faceva allora. Papà era nella Lega navale, organizzava le primissime crociere alle isole Eolie a bordo delle navi da guerra in disarmo, devo a lui anche la passione per il mare, oltre allo sport».
Come spiega tutto questo amore dei reggini, che a volte sembra eccessivo, per il calcio e per lo sport in generale?
«Negli anni successivi alla rivolta i reggini seguivano tutte le squadre sportive cittadine, era una forma di riscatto per la città, che nello sport riusciva a esprimersi a livelli nazionali. I risultati, per noi reggini, avevano un significato che andava al di là del solo sport».
Cosa ricorda dei moti?
«Avevo 14 anni, è un’esperienza che mi ha legato in maniera morbosa alla città e che alla lunga ha orientato anche la mia attività professionale, che mi ha consentito di potere operare per la mia città. Ne siamo usciti molto penalizzati. Ciccio Franco, Renato Meduri, Natino Aloi, erano i miei idoli di allora. Ricordo i comizi di Giorgio Almirante, i cortei, la marcia su Reggio dei sindacati.
E le barricate, ci andava?
«Sì, anche se ero giovanissimo. Ricordo una carica della polizia, sono scappato via a razzo col motorino, fatti pochi metri ho sentito uno spostamento d’aria, era un candelotto lacrimogeno che mi è sfrecciato a pochi centimetri dalla testa».
Poi la banchina del lido è stata sostituita dai banchi di scuola: il Carducci alle elementari, il Vittorino da Feltre alle medie, il Piria alle superiori, e la facoltà di Economia e commercio all’Università di Messina, dove oltre alla laurea si è conquistato anche l’amore della sua futura moglie. «Io stavo per finire e lei era appena entrata, stessa facoltà, come pure Economia e Commercio è stata la scelta di Martina e Alessandro». Dal padre e dal nonno Arena ha “ereditato” anche la devozione per la Patrona di Reggio, la Madonna della Consolazione «da 30 anni sono portatore della Vara».
In casa Arena le passioni si trasmettono di padre in figli, possiamo annoverare anche la politica tra le sue?
«Certamente sì, nel 96 l’incontro con Scopelliti mi ha fatto rivivere le pulsioni della politica. L’ho conosciuto nel 95, subito dopo le elezioni al Consiglio regionale in cui divenne presidente del Consiglio. Un tornado per me, mi ha coinvolto subito per le sue grandi capacità di aggregazione. Erano gli anni dei circoli di An, e Scopelliti riusciva ad attrarre pezzi importanti della società civile. In lui ho visto ciò che era mancato alla città dopo i moti degli anni 70. Del resto l’Msi dei moti era una partito di opposizione».
E così, oltre a insegnare alla scuola di formazione dei giovani di An, inizia per Arena un percorso che lo vedrà sempre più vicino a Scopelliti: suo consulente sia da presidente del Consiglio regionale che da assessore regionale alla formazione, periodo quest’ultimo nel quale il dottore commercialista contribuisce alla stesura della legge sulle opportunità per i giovani. Ancora un’esperienza con Franco Zoccali, altro uomo vicinissimo a Scopelliti, all’Asl di Vibo, per poi approdare nell’aprile 2003 alla guida dell’Azienda di trasporto dell’area metropolitana, l’Atam, della quale diviene amministratore unico, ruolo che ricopre tuttora. Sono anni di fortissime battaglie con la giunta regionale di centrosinistra di Agazio Loiero, con Arena che rivendica una dotazione chilometrica “adeguata” alla superficie della città, una delle maggiori d’Italia per estensione, a fronte del miglior trattamento riservato a Cosenza e Catanzaro, e il governatore Loerio che per anni bolla le richieste come “campanilismo”, salvo staccare il biglietto in prossimità delle elezioni regionali. Alla fermata, però, scende Loiero e sale Scopelliti. E adesso Arena, dopo avere guidato con polso fermo l’Atam per tutti questi anni, si ritrova candidato a guidare l’intera città.
Di certo non si può dire che non abbia fatto gavetta, dal posto di guida dell’Atam ha avuto modo di osservare tutti i problemi di tutte le zone della città?
«E’ stato sicuramente un osservatorio privilegiato, dal quale ho potuto notare il disastro degli anni del post-rivolta. Costruzioni abusive, nascita di agglomerati urbani nati senza progettazione e senza infrastrutture. Ho potuto toccare con mano le scelte scellerate di amministratori che hanno costruito l’università sotto i torrenti e non ad Arghillà.
A proposito di scelte, quand’è e perché ha accettato la candidatura?
Ci ho pensato per 7 lunghi mesi, è stata una scelta dura dal punto di vista personale. Diventare sindaco ti trasforma la vita, devi sacrificare l’attività professionale, soprattutto incide sulla famiglia. L’ultima picconata alle mie riserve è stato ciò che è successo negli ultimi periodi del post-Scopelliti. La paura che la città rischi di tornare indietro, dire no sarebbe stato più duro che dire sì. Ritengo che non si possa interrompere un discorso lungo 15 anni. Allora Reggio Calabria era la città più degradata d’Italia. Italo Falcomatà ha curato l’animo dei reggini ed è riusciuto ad aggregare componenti importanti della società civile. Avevamo toccato il fondo e abbiamo cominciato a risalire. Falcomatà ha ridato alla città un senso d’appartenenza, dando fiducia, combattendo la cutlura descritta dal poeta Nicola Giunta. Con Giusepe Scopelliti la città ha avuto un grande amministratore che, attraverso anche momenti favorevoli per il colore politico di città-regione-governo e per la sua statura politica che va al di là dei confini cittadini, è riuscito ad attrarre ingenti risorse, concludere i lavori del Decreto Reggio. Il programma sulla città e il suo sviluppo in chiave turistica ha cambiato la città, Scopelliti è stato il primo a farlo, ed è stato anche il primo promotore della sua immagine. Un grande riscatto culminato nel riconoscimento di città metropolitana, da città scippata a città privilegiata. Adesso si apre una terza fase, quella in cui ci si assume la responsabilità di amministrare la città.
Non le crea imbarazzo l’inevitabile confronto con Scopelliti?
«L’ho già detto più volte, lui è un cavallo di razza, un politico fuoriserie, ma ce la possiamo battere sull’amore per la città».
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