Si apre in Appello il processo a Francesco Macrì per l’omicidio dello zio e il tentato omicidio della zia

Reggio Calabria. Arriva in Corte d’Assise d’Appello, a Reggio Calabria, il processo che vede imputato Francesco Macrì, il giovane originario di Bovalino, condannato il 27 marzo del 2009 dalla Corte d’Assise di Locri alla pena di 30 anni di reclusione per l’omicidio dello zio Rocco Valente, e per aver tentato di uccidere la zia, Antonia Macrì. Il fatto risale al 14 maggio 2002.
Questa mattina ha avuto luogo la prima udienza dinnanzi alla Corte d’Assise d’appello reggina, Presidente Fortunato Amodeo, Francesco Greco a latere, durante la quale dopo la costituzione delle parti, l’avvocato difensore di Macrì, Antonio Managò ha chiesto alla Corte di disporre un’ispezione del luogo in cui sono stati perpetrati i reati per meglio comprendere la situazione dei luoghi all’epoca del delitto; il legale ha chiesto di acquisire, inoltre, il fascicolo processuale relativo all’omicidio di Stefano Valenti, figlio di Rocco, in quanto la difesa sostiene che la morte del padre sia collegata a quest’ultimo delitto e quindi non imputabile a Francesco Macrì.
Su quest’ultima richiesta l’accusa, rappresentata da Francesco Scuderi, si è opposta mentre sull’altra ha chiesto il rigetto da parte della Corte poiché tali particolari sono stati affrontati e valutati dalla sentenza di primo grado. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 5 maggio.
Secondo i giudici della Corte d’assise locrese Macrì ha ucciso lo zio, e avrebbe voluto anche uccidere la zia, per una questione di “onore”; un onore da restituire alla sua famiglia. L’imputato era sospettato infatti, di avere una relazione amorosa con la cugina, Teresa Valente, figlia di Rocco e Antonia, 9 anni più grande di lui, divorziata e già madre di due bambini. A levare l’onta di ogni sospetto senza però riuscirci, sempre secondo la ricostruzione cristallizzata in sentenza, ci aveva pensato il padre, Alfredo Macrì, che ha tentato, due anni prima dell’omicidio di Rocco Valente, di sgozzare la nipote e di uccidere il cognato.
Il pubblico ministero Ilaria Auricchi, durante la requisitoria del 2009, aveva definito Francesco Macrì “il principale autore dell’omicidio, giuridicamente l’istigatore dello stesso e anche il responsabile “morale” del fatto. La Corte d’Assise di Locri non ha avuto dubbi sui numerosissimi indizi di responsabilità a carico dell’imputato, verso il quale non era stata avanzata nemmeno una misura cautelare, prima del dibattito in Tribunale. L’assassino, secondo la testimonianza della sopravvissuta all’agguato, Antonia Macrì, era con il fucile in mano, ed era vestito di nero, era magro e alto un “po’ più del normale”. Sul luogo del delitto gli agenti del commissariato di Bovalino rinvennero anche delle impronte di un paio scarpe da ginnastica con il numero 43. Tutti indizi che riconducevano, secondo l’accusa, a Francesco Macrì.

Angela Panzera

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