Processo Maestro. Il pm Di Palma chiede condanne per 70 anni di carcere

Reggio Calabria. Processo “Mestro”, il sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia, Roberto Placido Di Palma, questa mattina ha chiesto condanne, per quasi 70 anni di carcere, nei confronti dei 10 imputati del processo che ha messo in luce i presunti intrecci fra ‘ndrangheta e mafia cinese che si sta celebrando con la formula del rito abbreviato dinnanzi al gup presso il Tribunale di Reggio Calabra, Andrea Esposito. Nel dettaglio il pm Di Palma ha formulato le seguenti richieste di condanna: 8 anni di carcere per Agostino Cosoleto, 49 anni di Gioia Tauro, Ernesto Madafferi, 35 anni di Gioia Tauro, Rocco Nicoletta, 23 anni di Rizziconi, Angelo Politanò, 34 anni originario di Melicucco, e Francesco Tripodi, 21 anni di Gioia Tauro. Durante la sua requisitoria il pm Di Palma ha chiesto inoltre la condanna a 4 anni di carcere per Antonio Morabito, 55 anni di Laureana di Borrello, 6 anni di reclusione per Dai Rongrong, 26 anni, e Lin Walnli, 28 anni, entrambi nati a Zhejiang (Cina) e residenti a Roma. La pena più alta, ossia 10 anni di reclusione. il pm l’ha invocata per Gesuele Zito, 30 anni originario di Rizziconi, mentre la condanna più “lieve”, 2 anni e 6 mesi di carcere, è stata richiesta per Cosimo Virgiglio, l’imprenditore trentaquattrenne della piana di Gioia Tauro che ha deciso di collaborare con la giustizia risultando essere utile alle indagini della Dda.
L’operazione “Maestro” era stata condotta dai Carabinieri il 22 dicembre del 2009 e aveva portato in carcere 24 persone. Ai domiciliari invece, finirono l’ex direttore dell’ufficio doganale presso il Porto di Gioia Tauro Adolfo Fracchetti, e il funzionario addetto al settore verifiche Antonio Morabito. Nel corso dell’operazione i militari dell’Arma avevano sequestrato immobili per un valore di 50 milioni di euro. Secondo l’accusa, la ‘ndrangheta della piana di Gioia Tauro, ed in particolare la cosca facente capo alla famiglia Molè, aveva stipulato un patto con alcuni contrabbandieri cinesi per lucrare illegalmente sul porto di Gioia Tauro che diveniva così un importante crocevia di merce contraffatta proveniente dall’estremo Oriente e destinata al mercato europeo. Per eludere i controlli, sempre secondo i magistrati antimafia, sarebbe stata fondamentale la complicità di due funzionari infedeli dell’Agenzia delle dogane.

Angela Panzera

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