Operazione “Il Crimine 2”. Catturato a Genova latitante ‘ndranghetista di una “Locale” svizzera

Tradito dalla passione per la moto. Arrestato mentre sta per imbarcarsi per la Sardegna; voleva partecipare a un motoraduno: aveva postato la sua foto in sella alla moto su un sito web di amanti delle dueruote.

Reggio Calabria. Nel pomeriggio di ieri, 27 maggio 2011, i Carabinieri dei Comandi Provinciali di Reggio Calabria e Genova, hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip presso il Tribunale, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nei confronti di Donato Fratto, ritenuto appartenente alle cosche della ‘ndrangheta operanti in Germania e Svizzera, indagato per associazione di tipo mafioso. L’uomo era stato colpito dal provvedimento emesso dal gip presso il Tribunale di Reggio Calabria nell’operazione denominata “Il Crimine 2”, eseguita l’8 marzo 2011, naturale prosecuzione dell’attività “Il Crimine”, dello scorso 13 luglio, nel corso della quale furono eseguiti 304 provvedimenti cautelari in coordinazione tra le Dda di Reggio Calabria e di Milano, che ha permesso di delineare l’esistenza della organizzazione ‘ndrangheta avente base strategica nella provincia di Reggio Calabria, con attive ramificazioni sia nel Nord Italia, in particolare in Lombardia, sia all’estero, dove è stato replicato il modello organizzativo calabrese da parte di quelle articolazioni che risultano dipendenti dai vertici decisionali presenti nel territorio reggino.
Fratto, che era residente nel Cantone San Gallo in Svizzera, è stato catturato a seguito dell’attività investigativa svolta dai militari del Comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria che dall’8 marzo 2011 erano sulle sue tracce e che in particolare si è concentrata sulle abitudini e sugli interessi del latitante. La sua passione per le motociclette, già nota agli investigatori nel corso delle indagini, ha consentito di comprendere anche attraverso il monitoraggio di un sito specialistico dedicato ad appassionati di moto, che nel mese di maggio si sarebbe svolto in Sardegna un importante motoraduno; per l’occasione Fratto aveva anche inserito la sua foto in sella ad una fiammante motocicletta. Dall’analisi dei dati in possesso, i Carabinieri di Reggio Calabria e di Genova hanno monitorato, in corrispondenza dell’evento, tutti gli snodi principali dai quali occorreva passare per giungere sull’isola. Quest’attività ha dato gli esiti sperati e nel pomeriggio di ieri al terminal del porto di Genova Donato Fratto è stato catturato mentre a bordo della sua fiammante Honda GoldWing, insieme alla moglie, era in procinto di imbarcarsi sulla nave che sarebbe salpata di li a poco per la Sardegna.
Nell’ambito dell’operazione “Il Crimine”, Donato Fratto, benché residente in Svizzera, viene ritenuto un anello di collegamento fra il Locale di Frauenfeld, località del Cantone San Gallo, e i locali tedeschi di Singen e Radolfzell ed ha partecipato con regolarità alle riunioni del sabato a Radolfzell-Boringhen in Oshlestrabe 40.
L’indagato è stato più volte intercettato mentre parlava con Bruno Nesci di giochi di potere interni alla ‘ndrangheta in occasione del rinnovo delle cariche di vertice dell’organizzazione nell’agosto e settembre del 2009, inoltre lo stesso indagato preannunzia la visita di affiliati al Locale di Frauenfeld e si informa per sapere quanti affiliati abbia il Locale di Singen. Il ruolo del Fratto emerge anche in relazione agli accertati contrasti per i problemi afferenti gli equilibri tra i locali della Svizzera e della Germania.

Il provvedimento “Il Crimine” ha permesso di delineare l’esistenza dell’organizzazione ‘ndrangheta avente base strategica nella provincia di Reggio Calabria, con attive ramificazioni sia nel Nord Italia, in particolare in Lombardia, sia all’estero, dove è stato replicato il modello organizzativo calabrese da parte di quelle articolazioni che risultano dipendenti dai vertici decisionali presenti nel territorio reggino.
L’attività ha offerto uno spaccato inedito della ‘ndrangheta, evidenziando l’esistenza di organismi (“provincia”, “mandamento” e “locali”), di gradi (sgarrista, santista, vangelo) e di ruoli (“cariche”), che rivelano un assetto mafioso basato su una struttura unitaria gerarchicamente organizzata, in cui le decisioni vengono assunte dal vertice provinciale di Reggio Calabria, nel rispetto rigoroso di regole e procedure, lasciando tuttavia alle dipendenti articolazioni esterne ampi margini di autonomia nella gestione delle attività criminali nel territorio ove operano.
Le attività illecite sono riconducibili a tre filoni principali: il narcotraffico, il traffico di armi e il condizionamento della vita economico-imprenditoriale nel territorio di competenza.
In sintesi, l’organizzazione ‘ndrangheta ricomprende un vertice, denominato “Provincia”, e ben tre mandamenti (Tirrenico, del Centro e Jonico), all’interno dei quali sono individuabili le “locali” di ‘ndrangheta, organizzate sempre su base territoriale.
Le “locali” costituite fuori dal territorio della provincia di Reggio Calabria rispondono alla “Provincia” direttamente o attraverso “locali” di uno dei tre “mandamenti” reggini. Solo la Lombardia presenta la peculiarità che i suoi “locali” sono collocati in una struttura, assimilabile al “mandamento”, denominata “Lombardia”.
Le oltre 340 persone arrestate in Italia e all’estero rispondono, dunque, a vario titolo dei reati di cui all’art. 416 bis commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6 c.p., per aver fatto parte, con altre persone allo stato non ancora individuate, nonché con Giuseppe Pelle, Giovanni Ficara, Rocco Morabito cl. 60, Antonino Latella, Vincenzo Pesce, Antonino Pesce, Francesco Pesce, Carmelo Iamonte, Antonio Ursino (nei cui confronti si procede separatamente) e con Domenico Alvaro (deceduto) dell’associazione mafiosa denominata ’ndrangheta, operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria, del territorio nazionale ed estero costituita da molte decine di locali, articolata in tre mandamenti e con organo di vertice denominato “Provincia”, associazione che si avvale della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, allo scopo di:

Con le aggravanti di avere la disponibilità di armi per il conseguimento delle finalità dell’associazione e che le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, il profitto di delitti.

L’altro aspetto che emerge dalle investigazioni riguarda le espressioni associative extranazionali. In Germania, segnatamente nelle città di Singen e di Francoforte, è attiva una struttura della ‘ndrangheta calabrese in cui è inserito Bruno Nesci, che in quella struttura definita Società ricopre un ruolo apicale. Il Nesci inoltre fa capo a Domenico Oppedisano al quale riporta le vicende che riguardano il contesto criminale in cui è inserito. Di conseguenza, al fine di monitorare l’evoluzione delle dinamiche criminali che si svolgevano in Germania, procedendo in rogatoria con le autorità tedesche, lo sviluppo delle indagini consentiva di registrare una serie di conversazioni, che permettevano di ampliare le conoscenze investigative riguardo ad alcuni personaggi, di origine calabrese ma dimoranti in Germania, in stabile contatto con Nesci e con lui associati. Si è avuta conferma circa l’esistenza di due gruppi criminali uno facente capo a Bruno Nesci, l’altro facente capo ad un personaggio ancora identificato che nelle intercettazioni viene soprannominato “lo svizzero”. Tra il gruppo di Nesci e quello dello “svizzero” vi sarebbero degli attriti che attengono esclusivamente al predominio territoriale che una fazione vorrebbe esercitare sull’altra. In tale quadro Nesci si sentirebbe autorizzato ad agire in maniera autonoma essendo egli autorizzato ad esercitare la sua carica di capo società forte di un assenso ricevuto da Domenico Oppedisano; autorizzazione che con tutta evidenza è espressione del “crimine” al quale Nesci risponde (come fanno risaltare i contatti con Domenico Oppedisano).

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