Reggio Calabria. I finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria – G.I.C.O. di Reggio Calabria, diretto dal tenente colonnello Claudio Petrozziello, unitamente ai Carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale – Reparto Anticrimine di Reggio Calabria, diretto dal tenente colonnello Stefano Russo, e del Comando Provinciale diretto dal colonnello Pasquale Angelosanto, hanno sottoposto a sequestro preventivo per equivalente la somma pari a € 47.250,00, nella disponibilità di Giuseppe Buda, 41enne figlio del noto Santo Buda.
Nell’ambito dell’operazione “Meta”, eseguita dall’Arma dei Carabinieri lo scorso giugno 2010, Santo Buda – unitamente a Vitaliano Grillo Brancati, Antonino Imerti, Domenico Passalacqua, Pasquale Buda, Francesco Buda e Domenico Barbieri – è stato ritenuto responsabile dei delitti di turbata libertà degli incanti ed estorsione in quanto secondo l’accusa, nella sua qualità di esponente della cosca di ‘ndrangheta Buda-Imerti, turbava le aste giudiziarie che si svolgevano presso il Tribunale – Ufficio Esecuzioni Immobiliari di Reggio Calabria.
In particolare, turbavano l’asta del novembre 2005, avente ad oggetto beni immobili (abitazioni e locali commerciali) con sede in Villa San Giovanni, provenienti dal fallimento “Tortorella”, “allontanando” i possibili offerenti – pure se affiliati ad altre cosche, ancorché vicine, ma con sfera d’influenza in altre aree territoriali, quali il noto Domenico Cambareri – ed aggiudicandosi ben 16 unità immobiliari, di cui 2 intestate a Giuseppe Buda.
Uno di tali immobili, tuttavia, nel successivo febbraio 2006 – al prezzo convenuto tra le parti pari a € 47.250,00 – veniva ceduto a terzo estraneo al provvedimento coercitivo e, pertanto, a seguito di apposita istanza difensiva, opportunamente dissequestrato.
Preso atto delle motivazioni addotte dalla difesa, la locale autorità giudiziaria, nella persona del Procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone e del sostituto Procuratore Giuseppe Lombardo, ha delegato la Guardia di Finanza a svolgere i dovuti approfondimenti di carattere economico-patrimoniale al fine di pervenire al sequestro preventivo per equivalente, oggi disposto dall’Ufficio del Gip, della somma di € 47.250,00 – pari al valore del trasferimento dell’immobile sito in Villa San Giovanni, come risultante dall’atto di compravendita stipulato tra le parti – ritenendolo, comunque, il profitto mediato del delitto di estorsione e turbata libertà degli incanti, comunque aggravato dalle modalità mafiose.
L’istituto della “confisca per equivalente” – che mira a impedire che l’impiego economico dei beni di provenienza delittuosa possa consentire al colpevole di garantirsi il vantaggio che era oggetto specifico del disegno criminoso – è il provvedimento ablativo disposto su somme di denaro, beni o altre utilità, di cui il reo abbia la disponibilità per un valore corrispondente al prezzo, al prodotto e al profitto del reato, previsto per talune fattispecie criminose allorquando sia intervenuta condanna e sia impossibile identificare fisicamente le cose che ne costituiscono effettivamente il prezzo, il prodotto o il profitto.
Nel merito, dapprima con il decreto-legge “sicurezza” 23 maggio 2008 n. 92 e poi con la nuova legge 15 luglio 2009, n. 94 in materia di sicurezza pubblica, pubblicata il 24 luglio 2009 ed entrata in vigore l’8 agosto 2009, la stessa autorità di Governo ha inteso fornire un’applicazione più ampia della “confisca per equivalente”.
Il pacchetto sicurezza ha consentito all’Autorità Giudiziaria di disporre la confisca per equivalente anche nei casi di condanna per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis c.p. o al fine di agevolare l’attività delle associazioni di tipo mafioso (sinora, questo istituto era previsto per reati come l’usura, i delitti contro la pubblica amministrazione e il crimine organizzato transnazionale).
La rilevanza dell’odierna attività, quindi, eseguita congiuntamente dai Finanzieri e dai Carabinieri, nel solco della priorità attribuita all’aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati, risiede nel recepimento del principio, e nella conseguente pionieristica iniziativa della Procura della Repubblica di Reggio Calabria – peraltro condiviso anche da recenti orientamenti della Cassazione – secondo cui, anche nella presente ipotesi di cessione a terzi in buona fede di immobili acquisiti illecitamente, nel ”profitto funzionale alla confisca rientrano non soltanto i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell’illecito, ma anche ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell’attività criminosa”.
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