Operazione congiunta dei Carabinieri e della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, che hanno eseguito un decreto di sequestro beni e contestuale notifica di avvisi di conclusione delle indagini preliminari, emessi dalla Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 5 persone ritenute responsabili dei reati di intestazione fittizia di beni (ex artt. 81 comma 2, e 110 c.p. quinquies della L. 356/92).
I sequestri hanno riguardato tre società e una ditta individuale, e i rispettivi patrimoni aziendali, tutte del settore del commercio al dettaglio di materiale per ottica e fotografia, per un valore complessivo stimato in 15 milioni e 300 mila euro.
Le indagini, sviluppate dal Ros dei Carabinieri e dal Gico della Guardia di Finanza, su delega della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, hanno riscontrato delle specifiche dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice, con particolare riguardo ai rapporti intrattenuti dall’imprenditore Santo Cuzzola con il boss Pasquale Condello detto “il supremo”, avviati attraverso l’intercessione dello stesso Lo Giudice.
In particolare è stato accertato che, attraverso “l’appoggio” delle famiglie Lo Giudice e Condello, l’attività imprenditoriale del Cuzzola era cresciuta in maniera esponenziale, con l’apertura o l’implementazione di vari negozi nella città di Reggio Calabria, nonché unità secondarie in Villa San Giovanni, Melito Porto Salvo, Bovalino e Milano. A riprova del rapporto instaurato tra l’imprenditore e “il supremo”, è stato rilevato che familiari del boss Condello sono stati stabilmente impiegati nelle attività commerciali del Cuzzola.
Infine, è stato constatato che nell’aprile scorso le società di Cuzzola sono state poste in liquidazione e i rami d’azienda ceduti in locazione a società e ditte individuali, gestite da congiunti e conoscenti dell’imprenditore. Di fatto, la locazione è risultata fittizia, poiché la direzione e la gestione delle attività è rimasta sotto l’egemonia del Cuzzola, dimostrando che la dissimulazione del patrimonio societario aveva la finalità di prevenire l’eventuale applicazione di misure ablative sui beni. Gli inquirenti, infatti, ritengono che la decisione di mettere in liquidazione o locare le società e i rami d’azienda, avvenuta in quel periodo, sia stata determinata dal fatto che proprio in quel periodo finivano in manette i due fratelli Lo Giudice, Luciano e Antonino, con la scelta di collaborare da parte di quest’ultimo, il quale era a conoscenza, sempre secondo l’accusa, del legame tra Cuzzola e il boss Condello.
I risultati dell’operazione denominata “Ortro” (figura della mitologia greca, un grosso cane bicefalo con un serpente come coda), sono stati illustrati presso il comando provinciale dei Carabinieri dal procuratore Giuseppe Pignatone nel corso di una conferenza stampa cui hanno partecipato ufficiali dell’Arma e della Guardia di Finanza: il comandante provinciale dei Carabinieri colonnello Pasquale Angelosanto, il comandante provinciale della Guardia di Finanza colonnello Alberto Reda, il comandante del Nucleo di Polizia Tributaria delle Fiamme Gialle colonnello Claudio Petrozziello e il comandante del Gico di Reggio Calabria colonnello Gerardo Mastrodomenico, il comandante del Ros di Reggio Calabria tenente colonnello Stefano Russo e il comandante della Compagnia Carabinieri di Reggio Calabria capitano Nicola De Tullio.
Particolarmente incisivo il commento del Comandante delle Fiamme Gialle, un messaggio, il suo, rivolto al tessuto imprenditoriale della città: “Un imprenditore che fino a quando non ha incontrato determinati personaggi, prima il clan Lo Giudice e poi attraverso questo Pasquale Condello, sembrava avere una vita normale, un’attività seria sul mercato, dopodiché le sue attività hanno avuto uno sviluppo imprevisto che poteva sembrare frutto della capacità, ma così non era. Alla fine voler trovare delle scorciatoie non aiuta, perché adesso l’attività del signor Cuzzola è andata completamente in fumo, fare i furbi non conviene, non rende e alla fine ti ritrovi con nulla in mano”.
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