Al consueto appuntamento con Test auto usate, si affianca un’iniziativa di Newz.it per i lettori più affezionati. Proponete le vostre auto per un test approfondito, raccontando pregi e difetti riscontrati da chi usa quotidianamente l’auto. Si inizia con la Fiat Bravo Multijet 165 cv Sport del nostro amico lettore Toni Crea che ci ha ospitati a bordo della sua quattro ruote. Per proporre la tua auto, scrivi a f.polimeni@newz.it
di Fabiano Polimeni
Fiat Bravo 2.0 Multijet Sport DPF (Euro 5), anno 2009. Quotazione Quattroruote, per allestimento Emotion e senza DPF, con circa 40.000 km: 13500 euro
Design
Quando hai un’eredità come quella lasciata dalla Stilo, non basta rievocare un nome del passato per seppellire i problemi di affidabilità che la prima serie della media che avrebbe dovuto rivaleggiare con la Golf si portò dietro. Così per la Nuova Bravo, non solo si preparò un nuovo registro stilistico, ma l’intera campagna di lancio del modello – figlia dell’enfant prodige Luca De Meo – ha puntato su elementi fortemente emozionali, con una pubblicità martellante in occasione del lancio. Emozioni che dovevano sposarsi con un vestito nel complesso morbido, con qualche spigolo a dare dinamismo alla linea, come nel caso del profilo laterale. Nella versione in prova – il top di gamma 2 litri turbodiesel in allestimento Sport – le caratterizzazioni estetiche votate alla sportività sono sparse su tutto il corpo vettura. All’anteriore, la Bravo è stata la prima vettura a far esordire il nuovo logo Fiat, incastonato al centro di una calandra divisa in due parti, che ricorda tanto una soluzione stilistica made in Ingolstadt. Parte superiore cromata, mentre nella zona inferiore del paraurti la griglia a nido d’ape è priva di listelli cromati. Ad alleggerire il complesso frontale, due nervature che contornano i gruppi ottici e regalano un equilibrio dinamico.
Il profilo della Bravo è l’esatto opposto di quel che fu con la sfortunata Stilo: linea di cintura a cuneo, passaruota generosi a evidenziare i cerchi in lega da 18” (!) che – come vedremo in seguito – tanto aiutano la media compatta di Torino nel comparto handling. Se proprio c’è un dettaglio che stona, è il posizionamento delle maniglie, al di sotto della bella nervatura che percorre la fiancata dal passaruota anteriore: troppo basse, un collocamento al di sopra della linea avrebbe dato una maggiore consistenza “visiva” e imponenza al profilo. Altro dettaglio perfettibile, gli specchietti retrovisori. Sono grandi, il che è un bene per la visibilità, ma stilisticamente hanno una forma che qui, sì la Stilo era riuscita a far meglio. Infine, lo sbalzo anteriore. E’ figlio delle normative comunitarie che hanno imposto più spazio tra organi meccanici e carrozzeria, per proteggere i pedoni in caso di incidente, ma la resa stilistica (sulla Bravo come su molte altre vetture) ne risulta leggermente azzoppata.
Chiudendo la carrellata stilistica, il posteriore è la parte che più esprime sportività. Doppio terminale di scarico incastonato in una grembialatura di plastica nera, che contrasta con la carrozzeria e ospita la targa. Gruppi ottici tondeggianti, che racchiudono vari elementi, poi il lunotto con uno sviluppo ridotto in altezza. L’insieme, con anche la soglia d’accesso del portellone alta, si sposa al meglio con le linee divergenti verso il basso, amplificate dai passaruota ampi: trucco stilistico per dare l’idea di una vettura “ben piantata” si direbbe in gergo.
Interni
Quando parli di segmento C, la regina, il benchmark è uno solo: quattro lettere che hanno fatto storia, partendo da una Fiat 127… ovvero, Volkswagen Golf. Ecco, il livello qualitativo non è sul piano della Golf, ma la Bravo in allestimento Sport si difende bene. Le plastiche sono oneste per il segmento di mercato, sufficientemente morbide al tatto, mentre un tocco di sportività arriva per la corona del volante, il pomello del cambio (entrambi in pelle) e la pedaliera in alluminio. Il volante è un bel tre razze con degli incavi comodi in posizione 9:15, per una presa perfetta e buona ergonomia, con i comandi della radio replicati sulle razze. La strumentazione presenta quattro elementi circolari, con tachimetro e contagiri in due grandi ogive, mentre carburante e temperatura del liquido sono concentrati al centro, tutto con lancette. Di notte, strumentazione dominata dal rosso (forse troppo eccessivo) specialmente nella retroilluminazione delle cifre e delle lancette.
La plancia al centro è orientata verso il guidatore, con due piani “sdoppiati”. Sopra, spazio al comparto infotainment, con il lettore cd-mp3 e un ampio display monocromatico, salvo optare per il navigatore satellitare, nel qual caso il display sarà a colori. Una sorta di esagono argentato racchiude anche le bocchette d’aerazione. Nella parte bassa della plancia, invece, sono alloggiati i comandi del climatizzatore automatico bi-zona.
I sedili sono prettamente sportivi, contengono bene i passeggeri in curva sia all’anteriore che al posteriore. La posizione di guida è buona, con il sedile che avvolge il guidatore e i comandi principali tutti a portata di mano: trasmettono una bella sensazione di controllo e sicurezza. Dove la Bravo paga dazio, invece, è nell’abitabilità posteriore. Difficoltà di accesso sia in salita che discesa per i passeggeri dei sedili posteriori, a causa del poco spazio tra il sedile anteriore e il divano posteriore: pochi i centimetri per le gambe dei passeggeri più alti specie dietro. Tutto sommato il confort generale è buono anche nei viaggi più lunghi.
Passando al bagagliaio, le dimensioni sono piuttosto contenute a causa del sub-woofer installato sul lato sinistro, inoltre la soglia di carico – molto alta rispetto al piano del bagagliaio – non consente agevoli operazioni di carico-scarico. Tuttavia, abbattendo il divano posteriore, si ottiene un’unica superficie che agevola il trasporto di oggetti piuttosto ingombranti. Infine, qualche perplessità suscita l’impianto di climatizzazione che nelle giornate molto calde va un po’ in crisi. Grande affidabilità al contrario per l’elettronica di bordo (tallone d’Achille della Stilo; ndr) sia nella gestione del quadro strumenti che nei sistemi multimediali (riproduzione mp3, porta usb e vivavoce bluetooth).
Impressioni di guida (modello anno 2009)
Sotto al cofano pulsa un quattro cilindri turbodiesel con turbocompressore a geometria variabile. Nel modello provato c’è anche il filtro antiparticolato DPF, che colloca la Bravo nella categoria Euro 5 quanto a emissioni. Il motore sviluppa 165 cavalli e una coppia massima di 360 Nm a 1750 g/min: divertente da guidare, sempre pronto a riprendere anche ai bassi regimi con marce alte. L’erogazione della potenza si mantiene fluida e piena in tutto il campo di utilizzo del motore, senza vuoti in alto, garantendo la giusta elasticità. Unico neo, la rumorosità a freddo.
Il cambio è un sei marce manuale con innesti prettamente sportivi; la Bravo copre lo 0-100 in 8.5 secondi. Sul comparto dei consumi, la sesta marcia aiuta, visto che è “di riposo” e fa frullare il quattro-in linea multijet a regimi inferiori a velocità da codice, a tutto vantaggio dei consumi. La frizione, dopo due anni e 40.000 km sulle spalle, si mantiene ancora in ottima forma. Passiamo ai consumi nell’uso quotidiano, sempre ricordando che non c’è valore più legato al proprio stile di guida. Nonostante la massa non trascurabile della Bravo e i 165 cavalli del 2 litri multijet, nel ciclo misto( città-statale-autostrada) si possono fare tranquillamente 100 km con 7,6 litri (13 km/l) mentre su di un percorso prettamente urbano, si sale a 11,5 l/100 km. Con l’ impianto di climatizzazione acceso in consumi aumentano in media di 1,5-2 litrix100 km.
Tra le mani, la Bravo sconta uno sterzo a servo assistenza elettrica troppo demoltiplicato, che non consente una guida precisa specie in autostrada, “difetto” comune a molti comandi elettro-assistiti. L’asse posteriore, con le staccate più decise tende a perdere aderenza, non trasmettendo la giusta sicurezza al conducente. Nota positiva, la gommatura 225/40 ZR18 che dà un look da vera sportiva alla vettura e recupera parte dell’aderenza che le sospensioni non riescono a esprimere. Tanto appoggio su strada che ha il suo risvolto negativo, e si avverte al capitolo rumorosità: al posteriore nei tratti cittadini piuttosto sconnessi. L’impianto frenante fa affidamento su quattro dischi, auto ventilati quelli anteriori, con le pinze verniciate rosso-corsa: forse un diametro maggiore dei dischi non sarebbe dispiaciuto. Impianto che comunque risulta sempre pronto ed efficace, anche dopo ripetute frenate con una corsa del pedale non troppo lunga che consente un attacco alla frenata tipicamente sportivo.