Brancaleone (Reggio Calabria). Abbiamo avuto modo di incontrare Giuseppina Amodei, in vacanza a Ferruzzano, suo paese di origine, dove torna ogni estate. La scrittrice, moglie del professor Giuseppe Furferi di Brancaleone, vive a Piandiscò in provincia di Arezzo e svolge il suo lavoro prevalentemente a Firenze. Questa volta propone un volume molto importante, pubblicato da Lepisma di Roma proprio in questi giorni. Si tratta di un’opera omnia diretta da Emerico Giachery che porta la prefazione di Dante Maffia, uno dei più validi scrittori e critici letterari contemporanei. “Il Sipario Smarrito” è un volume di oltre quattrocento pagine, frutto di un impegno teatrale di ben dieci anni, dal 2000 al 2010. Abbiamo intervistato la Amodei per conoscere meglio la sua scrittura poetica e teatrale e il suo modo di intendere e vivere la letteratura.
Domanda. Ci parli di questa opera che – a quanto ci risulta – è la diciottesima del suo percorso letterario. Quali sono i contenuti?
Risposta. Il volume è composto da otto testi teatrali, tre dei quali già pubblicati in passato. Il primo, dal titolo L’ingresso – che è l’ultimo in ordine di apparizione in quanto ho scelto di sistematizzarli in forma rovesciata – è stato musicato da Piera Pistono, docente presso il Conservatorio S. Cecilia in Roma. E’ una sorta di libretto d’opera in poesia ed è stato spesso rappresentato in ambito musicale e letterario. Anche Il gesto sospeso è stato messo in scena più volte in vari teatri italiani e curato da più registi: Sauro Albisani, Fabrizio Portalupi e Guido Paternesi. Cinque testi sono invece inediti. L’opera è stata voluta dall’editore in quanto è noto che ad un certo punto della propria vita letteraria uno scrittore deve in qualche modo “tirare le fila” del suo lavoro, se non altro per fermarsi a riflettere su quanto ha prodotto.
D. Abbiamo notato che le opere sono alquanto variegate e trattano temi diversi l’uno dall’altro. Una scelta personale o che altro?
R. Le opere sono effettivamente una diversa dall’altra: alcune sono in poesia, altre in prosa poetica, altre ancora in sola prosa. Forse a causa della mia innata curiosità. Anche le tematiche sono diverse: alcune sono rivisitazioni personalizzate di opere teatrali classiche, come ad esempio Tiresia Tu Solo, dove il personaggio tragico greco è visto come un contemporaneo che sconvolge (o almeno tenta) il Destino. Altre opere sono invece ispirate a fatti o personaggi, come ad esempio Lo sguardo Capovolto, dedicato a Diane Arbus, la fotografa americana che immortalava i frik. Non so se ha visto come proprio in questi giorni Giuliano Ferrara, in un suo articolo sul tema dell’aborto, abbia utilizzato polemicamente in prima pagina del suo giornale una foto della Arbus. C’è poi il mio preferito, Bimbo Pensiero, una sorta di favola solo apparentemente buffa ma molto sferzante e “pedagogica”. L’ultimo testo, Rubina e l’Unicorno, sintetizza invece il mio modo di intendere la poesia e la vita.
D. Il suo modo di intendere la poesia e la vita si può intuire dalla frase che Dante Maffia usa nella prefazione? Cioè quanto scrive “Mi pare chiara la posizione etica dell’autrice… Il suo teatro segue la strada della sintesi e vuole saldare, ancora una volta, cielo e terra”?
R. Esattamente. Sono convinta che la scrittura, così come ogni altra forma d’arte, debba comunicare agli altri una intenzione “etica”, deve cioè far riflettere anche sui temi essenziali del mondo, altrimenti diventa puro gioco, oppure banale meccanismo autoreferenziale. Io cerco di trasferire nelle mie opere il mio modo di intendere e concepire la letteratura ma anche di comunicare le mie idee personali, siano esse accettabili o contestabili.
D. Sappiamo che lei ha scritto anche opere di poesia e narrativa, oltre che di Pedagogia e Didattica. Esiste un legame tra questi vari generi?
R. Sicuramente. La mia attenzione verso il teatro è stata dettata forse dal fatto che, come mi hanno fatto notare alcuni critici e lettori, ogni cosa che scrivo è in qualche misura “teatrale”; i miei versi e le mie prose vivono cioè – come affermano Maffia e Taffon – nella “tentazione del palcoscenico” e chiedono di essere in qualche misura “gridati”. Gli stessi romanzi che ho scritto sono stati definiti “cinematografici”. Evidentemente la mia cifra letteraria è prevalentemente teatrale, forse perché ho avuto fin da bambina questa passione, oppure perché ho fatto in passato molta “gavetta” con i bambini. Inoltre, mi piace molto condividere esperienze con altri artisti perché trovo che lavorare insieme sia un modo per arricchirsi. Qualcuno ritiene che in un lavoro di èquipe l’uno prevarica l’altro ma io ritengo che la sinergia sia oggi l’unico modo per liberarsi dalla vanità che – purtroppo – imperversa anche nel campo letterario.
D. Il Sipario Smarrito. Perché questo titolo?
R. Il titolo può essere letto a vari livelli. Il sipario si smarrisce in quanto molte azioni sono “a scena aperta”; ma è smarrito anche perché lascio al regista la libertà di “smarrirsi” – e dunque di agire – come meglio crede; gli stessi spettatori possono essere nello stesso tempo fruitori e protagonisti, in quanto spesso si chiede loro di interagire. Ma forse il significato più vero è che i personaggi devono de-costruire e ri-costruire gli avvenimenti e dunque smarrirsi e ritrovarsi in continuazione.
Comprende dunque come il sipario come oggetto “classico” può risultare inutile, anche perché molte volte le rappresentazioni sono supportate da videoproiezioni o altre soluzioni di moderna tecnologia. La stessa copertina, che è un frattale, vuole indicare come le tende del sipario possono essere infinite e nello stesso tempo sfuggenti: smarrite, appunto.
D. Nella parte finale si leggono alcuni frammenti critici, una in spagnolo, non solo sul suo teatro ma anche sulla poesia e narrativa. L’elenco è molto lungo e autorevole. Ce ne vuole parlare?
R. L’editore ha scelto di indicare le recensioni critiche anche di altre opere in quanto è convinto che – come dicevo prima – esiste un legame, una sorta di fil rouge che le collega tutte, in quanto il mio pensiero sull’esistenza, pur essendo visto da varie angolazioni, è unico. Non abbiamo potuto inserire nella raccolta le opere fotografiche Femina Fera e Eudemonia, scritte in collaborazione col regista Portalupi e l’attrice Elisabetta Coraini in quanto opere compiute in sé. Anch’esse sono in qualche modo “teatrali”, tant’è che il 10 settembre verrà messa in scena a Firenze proprio Eudemonia, realizzata proprio in Calabria. Abbiamo deciso di inserire le recensioni di queste due opere “anomale” in modo che fossero presenti nel volume, anche se solamente in maniera ideale. Per quanto riguarda la recensione in spagnolo, è dovuta al fatto che alcune mie liriche sono state tradotte in varie lingue e in particolare al fatto che ho partecipato al Festival Internazionale di Poesia a Carabobo, in Venezuela, dove ho rappresentato l’Italia.
D. Ci ha colpito la dedica “Ai figli dei figli dei miei figli… ” Immaginiamo che abbia un qualche significato.
R. Forse perché sono appena diventata nonna? O meglio: siccome sono appena diventata nonna, ho compreso che tutti i miei libri non valgono un solo sorriso del piccolo Alessandro Giuseppe.
Agostino Belcastro