Reggio Calabria. Di seguito una nota di Nino Costantino, segretario generale Fil-Cgil Calabria.
Mi convince e molto la posizione espressa dall’onorevole Battaglia in riferimento al fatto che un partito moderno come il Partito Democratico “non può essere il partito di riferimento di un sindacato, nemmeno di un grande sindacato che ha contribuito alla crescita del Paese. E non può adagiarsi sulle posizioni di una organizzazione o utilizzarle o, peggio ancora, strumentalizzarle”. E’ una analisi giusta, ma forse un po’ stantia. Già Bruno Trentin e, in parte prima di lui e in un diverso contesto storico e politico, Luciano Lama avevano alimentato e costruito un diverso modo di rapportarsi fra CGIL e partito. E tante e profonde sono state, negli ultimi vent’anni, le differenze di analisi e di prospettiva della società italiana. Questo non ha evitato, ieri ed oggi, che tanta parte dei gruppi dirigenti nazionale e locale della CGIL aderisse, anche criticamente, al Partito Democratico. Ora, però, il punto non è sull’analisi storica o di prospettiva del rapporto sindacato-partito, questo sì davvero vecchio e non riproducibile. La questione vera è, purtroppo, molto più semplice e concreta: c’è in campo una manovra economica del governo che la CGIL considera sbagliata e iniqua. E il PD, il cui giudizio di fondo collima con quello della CGIL, ha preparato una contromanovra apprestandosi a fare opposizione e a dare battaglia in Parlamento. Fa, cioè, quello che un moderno partito deve svolgere in una democrazia: cerca di cambiare la manovra e, se non ci riesce, vota contro provvedimenti che considera sbagliati. E un sindacato moderno cosa deve fare? Fa proposte concrete per convincere il Governo a cambiare la manovra e, se non ci riesce, utilizza l’unico strumento democratico che gli resta, cioè lo sciopero. Sia sul metodo che, soprattutto, nel merito c’è, in questo caso, una grande sintonia fra Partito Democratico e CGIL. La cosa che mi riesce difficile da capire è la paura a dire che la CGIL fa bene a scioperare se la manovra è inaccettabile: del resto, lo stesso Bersani ha detto chiaramente che il PD sarà nei luoghi della protesta. Qui sta la differenza vera col ragionamento di Demetrio Battaglia che ha in Parlamento deputati e senatori che lo rappresentano. A meno che l’onorevole Battaglia non pensi che quello che conta è solo il contraddittorio parlamentare e che le lotte sociali siano un residuato del passato di cui è meglio liberarsi in fretta. Ma sarebbe un’altra Italia e, soprattutto, l’Italia che non è riuscito a fare nemmeno Berlusconi.