di Fabio Papalia
Reggio Calabria. Di chi è la colpa? A poche ore dalla notizia dell’evasione di Antonio Pelle l’opinione pubblica si interroga principalmente su come ciò sia potuto accadere, alla ricerca di una spiegazione e dell’individuazione delle responsabilità. Antonio Pelle, sanluchese di 49 anni, era stato condannato il 23 giugno 2009 a 10 anni di carcere, pena definitiva, e 50 mila euro di multa, per il reato di coltivazione di sostanza stupefacente. Per comprendere appieno chi è Antonio Pelle, detto “vancheddu”, va però ricordato che sul suo capo pende una condanna in primo grado, quindi ancora non definitiva, a 10 anni di reclusione nel processo Fehida, che ha portato alla sbarra i clan protagonisti della faida di San Luca. Quella stessa faida sfociata nella strage di Natale prima, e nella strade di Duisburg poi. Antonio Pelle è ritenuto un elemento di primissimo piano dell’omonima cosca, soprannominato oltre che “vancheddu”, anche con l’alias “la mamma”, a rimarcare secondo gli inquirenti il ruolo apicale che Pelle avrebbe in seno alla cosca.
Come è potuto succedere che sia fuggito senza lasciare traccia? Di chi è la colpa? Non dei Carabinieri, che hanno rispettato le prescrizioni dell’autorità giudiziaria; non dei magistrati, che hanno applicato le leggi vigenti. Vediamo quindi qual è il percorso, strettamente entro le maglie della Giustizia, che ha portato Antonio Pelle “vancheddu” a riguadagnarsi la libertà. L’uomo era detenuto in carcere, in forza delle condanna definitiva a 10 anni per coltivazione di sostanze stupefacenti. Il 28 aprile 2011 è stato ammesso al regime degli arresti domiciliari (con decreto emesso l’11 aprile 2011 dalla Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria) per motivi di salute, in quanto sofferente di una grave forma di anoressia che lo ha costretto alla sedia a rotelle. Dal 28 aprile, dunque, Antonio Pelle era uno dei tanti beneficiari degli arresti domiciliari. La detenzione domiciliare consiste nell’obbligo di restare nella propria abitazione e nelle sue pertinenze. Periodicamente le forze di polizia, ovvero Carabinieri o Polizia di Stato, devono effettuare dei controlli per verificare che l’arrestato si attenga alle prescrizioni imposte, se durante un controllo l’arrestato viene sorpreso fuori dalla abitazione o dalle sue pertinenze, scatta la denuncia per evasione (e può seguire anche la revoca degli arresti domiciliari con il ritorno in carcere). Sono solo due le ipotesi in cui è ammesso che l’arrestato domiciliare lasci la propria abitazione: o perché chiede l’autorizzazione all’autorità giudiziaria, per recarsi in un luogo per motivi che possono essere molteplici, oppure perché l’arrestato si sente male e si reca autonomamente all’ospedale o al pronto soccorso. In questo secondo caso, però, l’arrestato che si sente male e si reca all’ospedale, deve immediatamente, pena la revoca dei domiciliari, avvisare la forza di polizia che lo ha sottoposto al regime dei domiciliari, nel caso specifico di Antonio Pelle avrebbe dovuto avvisare i Carabinieri della Stazione di Careri. Una volta ricevuta tale comunicazione, che può essere fatta dall’arrestato o da un suo familiare, scatta l’obbligo per la forza di polizia di recarsi al nosocomio per piantonare l’arrestato durante il periodo di cure, o di ricovero.
Antonio Pelle in questi mesi di detenzione domiciliare si era recato più volte in ospedale, e tutte le volte aveva avvertito regolarmente i Carabinieri, i quali avevano effettuato la doverosa attività di piantonamento nel nosocomio. Tutte le volte tranne l’ultima, quando qualche giorno fa si è recato in ospedale senza avvisare nessuno. All’ospedale di Locri è stato sottoposto a ricovero, per la patologia di gastroenterite anoressica, ed è stato ricoverato per qualche giorno. Tra l’altro nessuno in ospedale aveva l’obbligo di avvertire l’Arma dell’arrivo di Pelle, diversamente dai casi in cui giunge un ferito d’arma da fuoco. Ieri l’epilogo, durante il controllo domiciliare effettuato alle ore 13, i Carabinieri non hanno trovato in casa Antonio Pelle. Venuti a conoscenza che era andato all’ospedale i militari si sono recati al nosocomio immediatamente, ma qui hanno appreso che il paziente era sparito dalla corsia. Vale la pena di precisare, inoltre, che i controlli effettuati presso le abitazioni degli arrestati in regime di detenzione domiciliari sono affidati alla discrezione delle forze di polizia, non vi sono delle prescrizioni precise circa la frequenza e le ore in cui effettuare tali controlli, che proprio per essere più efficaci, almeno nelle intenzioni, vengono effettuati “a sorpresa”. Tra l’altro Antonio Pelle, nei 140 giorni di detenzione domiciliare, era stato fatto oggetto di numerosissimi controlli presso l’abitazione, e mai una volta era stato sorpreso a violare le prescrizioni.
Sono queste, quindi, le maglie della Giustizia e in particolare del nostro sistema legislativo attraverso cui Antonio Pelle si è fatto strada per evadere; più che eguale, la legge italiana è sempre più “larga” per tutti.
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