Locri (Reggio Calabria). Il boss di San Luca, Antonio Pelle, condannato in Appello per associazione mafiosa a 13 anni di reclusione al termine del processo “Fehida” celebrato col rito abbreviato ed evaso ieri pomeriggio dall’ospedale di Locri, aveva beneficiato del regime degli arresti domiciliari perché anoressico. Una malattia documentata da un consulente incaricato dalla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria e che rendeva le condizioni fisiche di “Vancheddu” inconciliabili con la detenzione in carcere. L’anoressia, secondo quanto attestato dallo specialista, sarrebbe scaturita dal rifiuto opposto da Pelle ad alimentarsi. Il decorso della malattia avrebbe poi acutizzato i sintomi giustificando così la disposizione degli arresti domiciliari cui il boss era stato sottoposto nello scorso aprile. In occasione di svariate udienze nell’ambito del processo che si sta celebrando in Corte d’appello e che vede Antonio Pelle imputato per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti, il fuggiasco ha dovuto far ricorso alla barella. In primo grado, all’esponente di spicco della ‘ndrangheta era stata inflitta una condanna a dieci anni di reclusione per coltivazione di canapa indiana.
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