Zambrone (Vibo Valentia). All’alba di oggi, i Carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia ed i finanzieri del Comando provinciale di Vibo Valentia hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Pasquale Antonio Purita, 50enne di Zambrone, farmacista ed assessore del Comune di Zambrone e di sua moglie, Carmelina Accorinti, 43enne anch’essa farmacista, sottoposti rispettivamente alla custodia cautelare in carcere ed agli arresti domiciliari. In particolare, i Carabinieri della Compagnia di Tropea hanno tratto in arresto i coniugi sottoponendoli alle misure cautelari ed il personale della Guardia di Finanza ha sottoposto a sequestro preventivo numerosi beni immobili di cui era proprietario Purita, risultati sottratti al patrimonio della farmacia “Purita Pasquale Antonio” in fallimento, attraverso un’alienazione fittizia in altra società, con conseguente pregiudizio per i creditori. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vibo valentia, recependo pienamente le risultanze dell’attività investigativa diretta dal procuratore della Repubblica Mario Spagnuolo, coordinata dal sostituto procuratore Michele Sirgiovanni e realizzata dai finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria di Vibo Valentia e dai Carabinieri della Compagnia di Tropea, ha ritenuto sussistenti, nei confronti dei coniugi di Zambrone, gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di bancarotta fraudolenta ed al reato di estorsione commessi nell’ambito della procedura fallimentare della farmacia “Purita, a Zambrone e durante il periodo immediatamente successivo alla aggiudicazione dell’attività da parte di un altro farmacista a seguito di asta fallimentare. In particolare, i militari delle Fiamme Gialle, tramite indagini di polizia giudiziaria delegate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vibo Valentia in relazione al fallimento della farmacia di Purita, hanno accertato che lo stesso Purita e la moglie si sono resi responsabili, in concorso tra loro, di bancarotta fraudolenta, nonché di altri reati fallimentari, per aver distratto risorse finanziarie ed una consistente parte del patrimonio immobiliare di cui era proprietario il fallito mediante conferimento nella “Aramoni G.E.I.E”. con sede legale a Zambrone, società costituita a tal fine e rappresentata legalmente dalla stessa moglie, con conseguente depauperamento patrimoniale dei beni del fallito. Inoltre, le indagini hanno permesso di accertare che Purita, unitamente ad altri soggetti, si è reso responsabile della commissione di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, per aver falsamente attestato dinanzi ad un pubblico ufficiale il trasferimento di un ramo d’azienda dell’impresa fallita. Alla luce delle condotte penali poste in essere da Purita, i finanzieri hanno proposto all’ autorità giudiziaria l’applicazione sia di misure cautelari personali che reali, per gli immobili distratti dal fallito nell’ambito della procedura fallimentare, consistenti in terreni e fabbricati per un valore di circa 400.000 euro. L’attività delittuosa degli indagati non si è limitata a tali fatti, ma è pervicacemente proseguita in una serie di condotte illecite tutte protese al mantenimento dell’attività commerciale e ad ostacolare l’esercizio della medesima attività da parte del nuovo aggiudicatario. L’attività investigativa sviluppata dai Carabinieri della Compagnia di Tropea ha permesso di riscontrare una serie di atteggiamenti posti in essere da Purita durante la procedura fallimentare e volti a dissuadere il professionista vittima del reato dal partecipare alla gara di aggiudicazione della farmacia di Zambrone. Successivamente, in seguito alla aggiudicazione al termine della procedura fallimentare, i militari hanno riscontrato da parte di Purita condotte finalizzate a mettere in difficoltà il farmacista nell’impiantare la propria attività, legittimamente acquisita, ma che comunque andava a spodestare la posizione di Purita. In particolare l’attività investigativa ha permesso di riscontrare interventi di Purita nei confronti di proprietari di immobili al fine di impedire che questi ultimi cedessero in locazione al vincitore dell’asta locali nei quali avviare l’attività di farmacia. L’attività di indagine, sviluppata dai Carabinieri anche attraverso intercettazioni, ha svelato come l’azione dei coniugi Purita sia stata in seguito mirata ad ostacolare il professionista mettendolo sotto pressione attraverso un condizionamento del contesto ambientale di esercizio, sostanzialmente osteggiante il suo decollo e favorente l’esercizio in forma sommersa ed illegale della farmacia da parte di Purita, al fine di porlo in una condizione insostenibile di inoperatività e costringerlo a desistere dal proseguire nella sua attività. I coniugi Purita, nel mese di maggio, all’interno dell’esercizio commerciale continuavano infatti a detenere, nonostante fosse già stata posta in vendita all’asta la farmacia, confezioni di medicinali vendibili esclusivamente dietro presentazione di ricetta medica e prescrizioni mediche. Lo stesso Purita è stato sorpreso dai Carabinieri della Compagnia di Tropea mentre si recava presso una farmacia di Tropea al fine di depositare ricette mediche dallo stesso raccolte a Zambrone al fine di ritirare i relativi medicinali da ridistribuire in quel territorio. Il gip del Tribunale di Vibo Valentia ha ricondotto tale vicenda e la condotta dei coniugi alla estorsione consumata in concorso, ritenendo che l’ingiusto profitto sia conseguito “attraverso l’acquisizione degli introiti derivanti dall’esercizio abusivo dell’attività imprenditoriale con sottrazione degli stessi da parte del naturale destinatario, il titolare della farmacia”. Le varie condotte complessivamente considerate, nei confronti dei numerosi soggetti interessati ad instaurare trattative per la locazione dei locali da destinare a farmacia, nei confronti dei clienti del luogo con sottesa pretesa di non rivolgersi ad altri farmacisti, nei confronti del legittimo proprietario economicamente “piegato” dalla concorrenza sleale esercitata dal purita, integrano, secondo quanto riportato dal provvedimento, “gli estremi della minaccia e della violenza morale destinati a conseguire un ingiusto profitto con pari danno della vittima, ed hanno conferito agli iniziali inviti a dissuadere, alle velate prospettazioni di problemi che sarebbero sorti nel rilevare la farmacia, univoco significato intimidatorio”.