Reggio Calabria. Nell’ambito dell’operazione che ha portato agli arresti eseguiti tra Milano e Reggio Calabria, viene tratteggiata l’esistenza della famiglia mafiosa Valle-Lampada. Tutte e due le componenti, scrive il gip nell’ordinanza che ha concesso la custodia cautelare per 10 indagati, rappresentano i tasselli inscindibili di una realtà criminale sostanzialmente unitaria, non solo sotto il profilo degli interessi, ma della stessa componente familiare che ne costituisce il fondamento e il collante. Sono due i nuclei familiari interessati: quello dei Valle e quello dei Lampada. I Valle sono una famiglia da sempre accreditata di appartenenza ‘ndranghetista e sono spinti (con il “nonno” Francesco) al trasferimento al nord da una sanguinosa guerra tra clan. Ancora, così i Valle sono descritti in due recenti ordinanze: esercitano una carica intimidatoria incontrastata, risalente negli anni, inducono una situazione di omertà generalizzata, esercitano un capillare controllo del territorio, potendo fare leva su simpatizzanti pronti a segnalare presenze estranee, intrattengono rapporti di affari e comparaggio con altri esponenti ‘ndranghetisti.
Da Archi a Vigevano
Entrambe le famiglie sono originarie del quartiere Archi di Reggio Calabria. I Valle arrivano a Vigevano verso la fine degli anni settanta, dove vengono accolti dal locale boss Giovanni Cotroneo, calabrese anch’egli. Giunto al nord nel 1968, Cotroneo grazie a usura ed estorsioni ha costruito un impero nel settore del commercio e della ristorazione. Seguendone l’esempio, i Valle, che si affiliano proprio al clan Cotroneo che vantava legami con Condello e Imerti (a Reggio e Villa San Giovanni) e con gli Ursino di Gioiosa Jonica e i Pesce-Bellocco di Rosarno e Taurianova, in pochissimo tempo accumulano un ingente patrimonio. Alla fine degli anni novanta, più volte colpiti dall’autorità giudiziaria ma mai al tappeto, i Valle trasferiscono i loro interessi nel milanese, dove proliferano: assommano soldi, potere, e capacità di intimidazione. Storica, ormai, la frase dell’ex direttore Asl di Pavia: “perché tra i Valle e la magistratura preferisco avere dietro le spalle la magistratura; è chiaro che ad un certo punto preferivo una condanna che avere i Valle dietro le spalle“.
Anche i Lampada giungono a Vigevano, ma all’inizio degli anni novanta, guidati da Maria Concetta Lampada, moglie di Leonardo Valle, che acquista un appartamento in contanti. Dopo Vigevano, tutti i Lampada si trasferiscono in blocco a Milano. Tra le due famiglie vige un forte legame parentale: il 20 aprile 1991 viene celebrato a Vigevano il matrimonio tra Maria Concetta Lampada (sorella di Francesco e Giulio) e Leonardo Valle (fratello di Fortunato e Angela Valle, figlio di Francesco Valle cl. 1937). Quindici anni dopo, i Lampada-Valle rinsaldano i loro vincoli con un altro matrimonio, mandando in sposa al giovane Francesco Lampada la ultimogenita del clan Valle, Maria, figlia di Francesco Valle. Secondo gli investigatori, che non sottovalutano l’aspetto simbolico dei matrimoni in seno alle famiglie di ‘ndrangheta, tutti i membri della famiglia Valle e della famiglia Lampada entrano così a far parte di un nuovo organismo collettivo, che se da un lato comporta nuovi doveri, al contempo determina un aumento della capacità economica e sociale della nuova “entità”. Secondo l’accusa, insomma, il doppio matrimonio tra appartenenti alle due famiglie ha determinato un nuovo status per tutti gli appartenenti. Osservazioni analoghe, riguardo alla simbologia dei matrimoni, anche per i battesimi: cerimonie che dalla dimensione individuale rivestono una portata sociale. Così se lo spiegano gli inquirenti il conto di 15 mila e 642,55 euro pagato per il ricevimento da 70 invitati in un ristorante romano per il battesimo, celebrato l’8 giugno 2008 in Vaticano, della figlia di Giulio Lampada e Giuseppa Immacolata Zema.
Le due famiglie operano nello stesso settore di impresa: il noleggio di macchinette videopoker. Un’attività che frutta a entrambe le famiglie anche la proprietà e la gestione diretta di numerosi esercizi commerciali. In entrambi i casi, però, gli inquirenti ci vedono una sistematica evasione delle imposte e del prelievo erariale unico sulel somme giocate.
Il tentativo di scalata politica, la candidatura tra i “Riformisti”
Il 6 e il 7 giugno 2009 a Cologno Monzese si svolgono le elezioni amministrative. Leonardo Valle è candidato nela lista dei “Riformisti”. “Che avesse di riformista – annota il gip nell’ordinanza – un mafioso di famiglia mafiosa è un po’ difficile comprenderlo. Ma questo fa parte dell’opera di mimetizzazione che la criminalità organizzata è assai abituata a praticare, con straordinaria abilità. Piuttosto – commenta caustico il magistrato – verrebbe da chiedersi cosa ci trovassero di riformista in Valle i suoi colleghi di partito!”. Senonché il momento cruciale della campagna elettorale, per come emerge dai rapporti della Squadra Mobile, è un summit mafioso, svolto il 23 maggio 2009 presso La Masseria dei Valle cui prendono parte una ventina di soggetti. Le elezioni, però, non vanno come sperato dal candidato. Poco prima delle elezioni, infatti, sui giornali spunta un’informativa dei Carabinieri nella quale Leonardo Valle è indicato come esponente della cosca Valle, e la sua candidatura viene presentata dalla stampa come un tentativo della ‘ndrangheta di infiltrarsi nella politica milanese. Alle elezioni primo cittadino di Cologno Monzese viene eletto l’esponente di centrodestra, Antonio Velluto, che prevale sul rappresentante di centrosinistra, sostenuto proprio dai “Riformisti” nella cui lista c’era anche Leonardo Valle. Giulio Lampada commenta amaramente la sconfitta elettorale al telefono con Franco Morelli e con il magistrato Giancarlo Giusti.
Fabio Papalia