Salerno (PdL): “Troppi i sacrifici richiesti agli italiani, vale la pena rimanere nella zona Euro?”

Reggio Calabria. Le regole del sistema democratico prevedono l’instaurazione di un rapporto cittadini-governanti che si forma nel momento delle indicazioni elettorali e trova una verifica, intesa come conferma o ritiro della fiducia accordata, alla scadenza del mandato. Sono dunque gli elettori che stabiliscono da chi intendono essere rappresentati e sono sempre gli stessi elettori a dover determinare, tramite le elezioni, eventuali cambi di direzione. Lo spirito che anima ogni Costituzione è infatti basato sull’indissolubile legame che si viene a creare fra i cittadini e i loro delegati: l’istituto della rappresentanza consente, d’altra parte, di dare voce ad una pluralità di visioni che in Parlamento si estrinsecano con il confronto fra maggioranza e minoranza. La sovranità, che rimane in mano al popolo, si traduce dunque nella facoltà di premiare o punire l’azione di chi ha amministrato solo attraverso le urne che sono l’unico strumento che esplica la volontà popolare. In altre parole, sovvertire questa volontà non è permesso a quanti hanno avuto il compito di vigilare sulle modalità di governo né a qualsivoglia organismo sovranazionale, nemmeno nel caso in cui l’adesione allo stesso preveda parziali limitazioni di sovranità. L’intervenuta mancanza delle condizioni poste a fondamento dell’alleanza fra le forze di governo così come tutti gli altri eventi che, determinando lo spostamento politico di singoli parlamentari, incidono in maniera decisiva sugli equilibri fra maggioranza e minoranza non dovrebbero riflettersi su uno stravolgimento dell’indirizzo politico, ma dovrebbero imporre la nuova sottoposizione al responso delle urne. Il potere di decidere spetta, ancora una volta, ai cittadini. Ciò che è accaduto in Italia è da interpretarsi come un’anomalia, una deroga rispetto alla normalità, una sorta di sospensione dei principi prestabiliti. Le motivazioni che hanno spinto alla “nomina” di Mario Monti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri poggiavano sull’esigenza di recuperare la credibilità a livello internazionale e di ridare fiducia ai mercati scongiurando un potenziale pericolo di default. In realtà, la credibilità di una Nazione è più tangibile quando il funzionamento della democrazia può dirsi pieno e sostanziale ovvero quando il Governo ed il Parlamento sono la completa ed inequivocabile espressione delle preferenze dei cittadini. Uno scenario in cui la scelta del leader viene di fatto imposta dall’esterno, facendo immaginare quasi un Commissariamento, non giova alla crescita democratica e, anzi, alimenta il sospetto che a dominare debbano essere interessi non sempre direttamente identificabili. La crisi economica, d’altra parte, non è stata generata da una specifica politica economica dell’esecutivo italiano né è stata diretta conseguenza di determinati provvedimenti in campo finanziario. Essa è invece sorta in un contesto globale che ha coinvolto tutti i Paesi ed è stata alimentata da quei flussi speculativi che, purtroppo, adesso influenzano pure le decisioni in campo politico. L’esposizione alle difficoltà è stata maggiore per quei Paesi che, come l’Italia, presentano un debito pubblico assai consistente, accresciuto nel corso dei decenni anche per effetto di modelli del passato che hanno prefigurato stili di vita al di sopra delle possibilità. Altro fattore che ha inciso sulla situazione attuale è l’esistenza di una moneta comune a tanti Stati che, però, hanno una storia diversa, tradizioni culturali e sociali diverse, sistemi economici e fiscali diversi. L’Euro è la moneta di un vasto territorio, utilizzata da una numericamente considerevole popolazione di uno Stato che (ancora) non esiste. Accomunare aree con livelli di sviluppo, tassi di disoccupazione, inflazione, Pil, livelli di deficit e debito pubblico diversi è stato ed è un ostacolo non facile da superare per chi vuole intraprendere un cammino così ambizioso. Queste contraddizioni sono definitivamente esplose quando i mercati hanno preso di mira alcuni Paesi per colpire il vero obiettivo che è lo stesso Euro. Le capacità di difesa nell’immediato sono state ridotte proprio perché non è rilevabile una Europa politica, perché non c’è mai stata un’Europa degli Stati né un’Europa dei popoli. Sin dal momento della nascita della moneta unica, è emerso chiaramente il prevalere di alcuni interessi nazionali che hanno soffocato le prospettive di altre nazioni. Fissare in 1936,27 lire la quantità della nostra moneta corrispondente ad 1 euro ha ulteriormente rafforzato economie ben strutturare come quella tedesca e ha, di conseguenza, condizionato negativamente gli orizzonti di quella italiana: gli incontrollati fenomeni inflazionisti ne sono l’esempio lampante. Oggi, gli stessi Stati che ieri hanno posto in primo piano le loro egoistiche logiche, continuano ad imporre le loro condizioni pretendendo tempi e modi che possono essere rispettati solo con gli immani sforzi dei cittadini italiani, chiamati nuovamente a sopportare il peso di misure straordinarie. È ovvio che la capacità dello Stato di finanziarsi sui mercati va salvaguardata, ma è necessario, se non indispensabile, operare un’approfondita riflessione sui percorsi intrapresi e sui quelli da intraprendere a breve al fine di non vanificare ciò che è stato conquistato finora in termini di diritti e di benessere. Le misure adottate con la nuova manovra da 24 miliardi di euro costringono, già nell’immediato, a sacrifici durissimi tutti i cittadini frenando le loro capacità di consumo, d’investimento e di risparmio, facendo cadere la loro fiducia e imponendo di rivedere in senso restrittivo le prospettive. Ne consegue che la tipologia di risanamento avviata comporta un prezzo altissimo da pagare in termini di prosperità e scoraggia ed impedisce anche la ripresa economica. Certo, la situazione è complicata e richiede provvedimenti concreti e celeri, ma forse serviva tener conto, oltre che delle indicazioni della severa Europa che traducono e tradiscono la volontà e gli interessi della potente Germania, anche delle esigenze delle famiglie italiane. Vale la pena rimanere nella zona Euro?

Nazzareno Salerno – Presidente Commissione “Attività sociali, sanitarie, culturali, formative” –

 

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