Reggio Calabria. “Ho saputo da Papalia chi ha ucciso Luigi Rende”. A rendere dichiarazioni questa mattina in aula, nell’ambito di uno stralcio del processo per l’omicidio della guardia giurata Luigi Rende che vede imputato Carmine Macrì, è stato Marco Marino. Per lui, collegato in video conferenza con l’aula della Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria presieduta da Fortunato Amodeo, si trattava della prima volta in un’aula di Tribunale dopo la sua recente decisione di collaborare con la Giustizia.
Macrì, catturato dai Carabinieri del Comando provinciale il 3 febbraio 2009 dopo un periodo di latitanza, fu condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise lo scorso gennaio. La sua condanna seguì quella inflitta nel marzo 2010 dalla Corte d’Assise d’Appello a Giovan Battista Familiari, Santo Familiari, Giuseppe Papalia, Marco Marino e Giuseppe Francesco Gullì, che confermò le pene comminate in primo grado, ossia l’ergastolo. Un ruolo di gregario, con diminuzione di pena dall’ergastolo a 20 anni di reclusione, fu riconosciuto a Domenicantonio Papalia, mentre un altro imputato, Vincenzo Violi, in primo grado col rito abbreviato fu condannato all’ergastolo, pena confermata in appello.
Marco Marino ha riferito oggi che tra i rapinatori nascosti nel furgone parcheggiato davanti all’ufficio postale di via Ecce Homo, quel tragico primo agosto del 2007, c’era anche Carmine Macrì ma “ad uccidere materialmente la guardia giurata Luigi Rende mi fu detto che fu Vincenzo Violi”. Incalzato dalle domande del pg Franco Scuderi e del difensore di Macrì, l’avv. Leone Fonte, Marino ha ricostruito le fasi di quella tentata rapina al furgone portavalori che finì con la morte di una delle due guardie giurate, Luigi Rende, il quale a bordo del furgone ingaggiò un eroico conflitto a fuoco coi rapinatori, ferendone 3 e rimanendo ucciso da un proiettile.
Marino non è stato in grado di riferire quale fu la condotta di Macrì, una volta sceso dal furgone. Il collaboratore di Giustizia, infatti, ha spiegato di essere sceso dal furgone per secondo, preceduto da Giuseppe Papalia e seguito da Giovan Battista Familiari, e che nessuno di loro tre sparò alcun colpo di pistola perché già si trovavano sotto la pioggia di proiettili sparati dalla guardia giurata, il quale iniziò a sparare appena vide il primo rapinatore avvicinarsi al portavalori. Marino ha spiegato che a bordo del furgone utilizzato per rimanere in agguato, un Fiat Doblò, vi erano loro tre oltre a Carmine Macrì e Vincenzo Violi, e che tutti loro erano seduti su due panche all’interno del furgone, per cui secondo il piano sarebbero scesi a due a due, i primi quattro, e il quinto sarebbe sceso da solo. Papalia e lo stesso Marino era la prima coppia, Violi era terzo ma il collaboratore non ricorda a chi fosse accoppiato. Con Papalia ferito, e Familiari atterrato sempre dalla guardia giurata, Marino ha raccontato di essersi spaventato e di essersi girato per fuggire, ma di essere stato raggiunto al fianco da un colpo esploso dalla pistola d’ordinanza della guardia giurata. Da quel momento in poi, quel che sa, Marino lo avrebbe appreso da Giuseppe Papalia, col quale ha diviso una stanza d’ospedale ai Riuniti. E’ da Papalia, secondo il racconto di Marino, che quest’ultimo avrebbe appreso che a sparare il colpo mortale contro la guardia giurata sarebbe stato Vincenzo Violi.
A quel punto l’udienza si è incentrata sulla richiesta, formulata dal difensore di Macrì, di acquisire tutti i verbali contenenti pregresse dichiarazioni in merito del collaboratore di giustizia. In particolare, la difesa ha chiesto in un primo tempo che fossero esibiti anche tutti i verbali relativi alla collaborazione del Marino, richiesta cui si è opposto il pg Scuderi per far salvo il segreto istruttorio delle indagini eventualmente aperte in base a quelle dichiarazioni. Con il consenso di accusa e difesa, infine, il presidente Amodeo ha deciso di rinviare l’udienza all’11 gennaio prossimo, disponendo che per il tramite della Procura Generale siano acquisiti entro il 4 gennaio 2012 i verbali delle dichiarazioni rese da Marco Marino successive alla sua collaborazione, concernenti la vicenda della rapina al furgone portavalori e limitatamente ed esclusivamente con riguardo alla posizione dell’appellante Carmine Macrì. In tal modo facendo salve le richieste della difesa, e le esigenze di segretezza delle indagini dell’organo giudiziario che sta gestendo la collaborazione di Marino.
Il presidente ha autorizzato altresì le parti, comprese le parti civili (la famiglia Rende è rappresentata dall’avv. Giulia Dieni) a produrre, entro la stessa data del 4 gennaio 2012, i verbali delle dichiarazioni di Marino rese prima della sua collaborazione.
Prima di aggiornare l’udienza il presidente ha avuto modo di interrogare Marino circa le ragioni che lo hanno indotto a collaborare con la giustizia: “Ce ne sono tante – ha risposto Marino – perché ho 30 anni e spero di rifarmi una vita, non lo so. Ci sono tanti perché, non ce la facevo più a fare quella vita, ho avuto un conflitto dentro di me, vorrei lasciarmi alle spalle gli errori che ho fatto e rifarmi una vita”.
L’udienza proseguirà l’11 gennaio con l’esame del collaboratore di Giustizia alle ore 10, preceduta dall’audizione del medico Mandica.
Fabio Papalia