Reggio Calabria. E’ stata emessa la sentenza del processo celebrato con rito abbreviato che vedeva sul banco degli imputati alcuni soggetti considerati affiliati al clan Borghetto-Zindato-Caridi. Quattro le persone condannate, di cui una all’ergastolo e due assolte. I reati loro contestati, a vario titolo, erano associazione per delinquere di stampo mafioso, danneggiamento, estorsioni, intestazione fittizia di beni e omicidio. Francesco “Checco” Zindato, condannato all’ergastolo, è stato ritenuto responsabile dell’assassinio, commesso nel gennaio del 2006, di Giuseppe Lauteta. Il movente sarebbe di natura passionale. Sulla base dell’impianto accusatorio, il delitto Lauteta fu consumato davanti alla sua fidanzata, che in passato era stata legata sentimentalmente con Zindato. La giovane, ucciso Lauteta, tornò ad essere la compagna di Zindato. Antonio Caridi è stato condannato a sedici anni di reclusione, ad Andrea Gaetano Zindato sono stati, invece, comminati 14 anni e otto mesi di carcere. Otto mesi e 20 giorni è stata la pena decisa per Carlo Mesiano, collaboratore di giustizia. La sentenza di assoluzione è stata pronunciata nei confronti di Antonino Arabesco e Sebastiano Idotta. I sei furono tratti in arresto insieme ad altre 33 persone, sottoposte attualmente al processo celebrato con rito ordinario, nel contesto delle indagini che sfociarono nell’operazione condotta dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e denominata “Alta Tensione”. Nell’ambito della medesima operazione furono posti sotto sequestro beni per un valore complessivo di 50 milioni di euro. L’avvocato Giuseppe Nardo, che difende Francesco e Gaetano Andrea Zindato ha parlato di “sentenza ingiusta, sconvolgente e inaccettabile. Per fortuna che c’è un secondo tempo in appello – ha aggiunto – davanti a più giudici maggiormente esperti che sapranno valutare meglio e non perpetueranno un così grande errore”.