‘Ndrangheta. Lettera minatoria al sindaco di Rosarno: cinque anni al boss Rocco Pesce

Reggio Calabria. Il gup del Tribunale di Reggio Calabria  ha condannato a cinque anni di reclusione il boss Rocco Pesce, 55 anni, in relazione alla lettera minatoria indirizzata al sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi, il 26 agosto dello scorso anno. Recluso nel carcere di Opera, a Milano, dopo che gli è stata inflitto l’ergastolo per associazione di stampo mafioso e omicidi, Rocco Pesce rispondeva del reato di minacce  nei confronti di un corpo politico o amministrativo per impedirne o per turbarne l’attività aggravate dalle modalita’ mafiose. Il gup ha sposato l’istanza formulata dal pubblico ministero Rosario Ferracane, che aveva richiesto una condanna a cinque anni. Il boss inviò la missiva dal carcere. In essa scrisse di provare ”rammarico e disappunto per il fatto che il Comune di Rosarno si è costituito parte civile nel procedimento penale a carico mio e della mia famiglia dato che da parte nostra non vi è stata alcuna azione penalizzante a danno delle istituzioni, dei commercianti e degli abitanti del Comune di Rosarno. Ritengo, inoltre, di non avere recato alcun disturbo al quotidiano cittadino e, tanto meno, inquinato l’aria che respirate”. ”La cosa che più mi ha sconcertato – si leggeva nella missiva recapitata al sindaco Tripodi – dato la stima che io e la mia famiglia abbiamo sempre manifestato nei suoi confronti, soprattutto il giorno delle elezioni amministrative dove lei è stata eletta per la sua serietà e personalità che gode di ottima etica professionale, è stata la sua esternazione, manifestante giudizi affrettati sicuramente influenzati da pregiudizi mediatici. Io e la mia famiglia eravamo soliti godere della reciproca compagnia con i suoi più stretti familiari, in occasione dei consueti aperitivi in Corso Garibaldi. Mi viene in mente un detto senza alcuna allusione, che ogni persona ha i propri scheletri nell’armadio, e converrà  con me che l’estremo perbenismo è solo ipocrisia, e sono sicuro che lei è una persona molto intelligente per poter cadere in simili bassezze”. ”Voglio che lei sappia – terminava la lettera – che sono in galera da più di 20 anni innocentemente, ma il problema non è solo questo. Nel mio stato detentivo la cosa che più  mi disturba e mi fa soffrire è che l’ amministrazione comunale di Rosarno ha tra le sue priorità  il benessere degli extracomunitari clandestini, anzichè  problemi dei miei familiari già sofferenti e comunque dei veri cittadini di Rosarno. E questo forse perché non godono di sovvenzioni della Comunità europea, a differenza dei clandestini?”

Nicola Martino

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