Reggio Calabria. Un Ispettore capo in servizio nella provincia di Reggio Calabria ha impugnato il decreto con il quale era stata comminata la sanzione della sospensione dal servizio per mesi sei a seguito di procedimento disciplinare avviato dalla Commissione di disciplina (per addebiti contestati a vari Ufficiali ed Agenti di P.G. presso la Corte d’Appello di Palermo) per fatti relativi ad un procedimento penale a suo carico conclusosi con sentenza emessa ai sensi dell’art.444 c.p.p. di condanna,
Per la medesima vicenda penale, altro procedimento disciplinare si era concluso con provvedimento del Capo della Polizia, che parimenti disponeva la sospensione dall’impiego per mesi sei ai sensi dell’art. 6 commi 1 e 2 del DPR 737/81 che scontava per intero.
Alla luce della duplice sanzione per le medesime mancanze ancorché irrogata da due organi disciplinari diversi, l’Ispettore ricorreva al TAR di Reggio Calabria lamentando eccesso di potere, ingiustizia manifesta, violazione di legge, nonché violazione del principio del ne bis in idem chiedendo l’annullamento del secondo provvedimento.
Il Tar, con sentenza depositata in Cancelleria lo scorso 07.03.2012, riconoscendo le ragioni del ricorrente difeso dal legale del Siulp (Sindacato Italiano Unitario Lavoratori di Polizia) Avv. Pietro Barbaro del foro di Reggio Calabria, annullava il provvedimento sanzionatorio condannando il Ministero dell’Interno al pagamento, in favore del ricorrente delle spese di giudizio.
Secondo l’autorevole giudizio del TAR reggino, “l’art. 26 del DPR n.737/81 ( che reca disposizioni in ordine alle sanzioni disciplinari per il Personale della Polizia di Stato) ricalca la regola generale ex art. 121 DPR n. 3 del 1957 secondo cui il procedimento disciplinare può essere riaperto se l’impiegato cui la sanzione fu inflitta adduca nuove prove tali da far ritenere che sia applicabile una sanzione minore o possa essere dichiarato il proscioglimento dall’addebito.
A di fuori dei casi previsti dalla legge, quindi, il procedimento disciplinare concluso non può essere riaperto, vale a dire che il potere disciplinare una volta esercitato non può essere riesercitato in relazione allo stesso fatto”.
Ed ancora, “in giurisprudenza è stato precisato che la regola del ne bis in idem così sancita, tutela l’esigenza di certezza posta a garanzia del dipendente circa la definizione, una volta per tutte, della sua posizione disciplinare, la cui relativa conclusione non può essere messa in discussione se non al verificarsi di nuove circostanze, per condurre eventualmente ad un esito più favorevole per l’interessato (cfr. TAR Lazio, I, 1 febbraio 2006 n. 741)”.
“Nella fattispecie è evidente che vi sia stata inflizione di una doppia sanzione disciplinare per gli stessi fatti penali e non può rilevare, in contrario, quanto afferma l’Amministrazione ovvero che il decreto in esame è stato adottato solo per regolamentare gli effetti della sanzione disposta dalla Commissione di disciplina, rispetto alla quale la P.A. non avrebbe alcun potere discrezionale, essendo tenuta ad eseguirlo obbligatoriamente, Infatti nessun cenno vi è nel decreto del Capo della Polizia impugnato alla già intervenuta inflizione di sanzione disciplinare per i medesimi fatto ad opera del precedente decreto né alla valutazione in ordine alla circostanza che il ricorrente avesse già scontato la precedente sanzione della sospensione dalla’impiego”.
Per le ragioni che precedono il TAR ha dichiarato illegittimo il provvedimento sanzionatorio e lo ha annullato.
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