Reggio Calabria. Un uno-due eseguito nella stessa giornata che ha messo definitivamente in ginocchio quello che restava della cosca Lo Giudice. Ne sono convinti in Questura, dove ritengono di avere disarticolato definitivamente la cosca, ma assicurano che l’attenzione resterà vigile. La doppia operazione, che ha portato all’emissione in totale di 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere, è stata eseguita dalle sezioni omicidi e reati contro il patrimonio, rispettivamente dirette dai commissari capi Gianluca Antonio Rapisarda e Francesco Giordano, della Squadra Mobile reggina, diretta dal primo dirigente Gennaro Semeraro.
LA PRIMA OPERAZIONE: RISOLTO L’OMICIDIO DI ANGELA COSTANTINO
Nelle prime ore di questa mattina, personale della Squadra Mobile, ha eseguito l’ordinanza di applicazione di misura cautelare (n° 57/2012 R. O. C. C. – Proc. n. 860/2012 R. G. N. R. – Proc. n. 954/2012 R.G.G.I.P.) emessa dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria, a carico di:
- Vincenzo Lo Giudice, 50 anni, nato a Reggio Calabria;
- Bruno Stilo, 50 anni, nato a Reggio Calabria;
- Fortunato Pennestrì, 37 anni, nato a Reggio Calabria;
ritenuti responsabili in concorso tra loro dell’omicidio di Angela Costantino, nata a Reggio Calabria, l’08/04/1969 nonché dell’occultamento del suo cadavere. La misura cautelare è giunta a conclusione di una lunga ed articolata attività investigativa che ha impegnato il personale della 3a Sezione “Reati contro la Persona, in danno di Minori e Reati Sessuali”, ad una certosina opera di ricostruzione degli eventi, rilevatasi particolarmente complessa a causa del lasso di tempo trascorso e del contesto criminale in cui si operato.
Angela Costantino, era scomparsa all’età di 25 anni in circostanze misteriose in data 16/03/1994. Giovane moglie di Pietro Lo Giudice (nato a Reggio Calabria, il 20/10/1966), figlio del boss Giuseppe Lo Giudice, uno dei principali attori della guerra di mafia che ha insanguinato la città di Reggio Calabria tra la metà degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta, a sua volta ucciso il 14/06/1990, in un agguato in Acilia (Roma) e madre di quattro figli, la mattina della sua scomparsa doveva recarsi a trovare il marito detenuto nel carcere di Palmi.
Dall’attività investigativa è emerso che l’eliminazione di Angela Costantino, fosse un fatto intraneo alla cosca Lo Giudice, per punire la donna di una presunta infedeltà verso il marito detenuto. Due giorni dopo l’evento, nel sottopasso che collega le aree di servizio AGIP sull’autostrada A/3, in località Villa San Giovanni, è stata ritrovata la Fiat Panda bianca con cui Angela Costantino si era allontanata.
Con l’odierna operazione si ritiene di aver fatto piena luce sull’efferato delitto, giungendo all’arresto di esecutori e mandanti dello stesso.
Pennestrì è ritenuto esecutore materiale, mentre Stilo e Lo Giudice i mandanti. La Polizia però ritiene che anche altre persone abbiano agito in concorso. Alla soluzione si è giunti grazie alla collaborazione di tre pentiti: Maurizio Lo Giudice, Paolo Iannò e Domenico Cera. Ed esattamente, Maurizio Lo Giudice ha raccontato di avere appreso la vicenda direttamente da Pennestrì, Iannò da Stilo e Cera da Vincenzo Lo Giudice. Tre dichiarazioni convergenti e riscontrate che hanno permesso alla squadra mobile di imbastire un quadro probatorio indiziario valutato positivamente dal gip che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare. Quanto alla dinamica dell’omicidio, sembra che la donna fosse in casa quando fu strangolata, poi ne fu occultato il corpo.
LA SECONDA OPERAZIONE: AGGREDITO IL PATRIMONIO DEI LO GIUDICE
Sempre alle prime ore di oggi, personale della Squadra Mobile, in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare (nr.1311/12 RGNR DDA-nr.1321/12 RGIP DDA-nr.88/12 R.O.C.C.), emessa dal GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria, a conclusione di un’articolata attività di indagine coordinata dalla locale Procura Distrettuale Antimafia, ha tratto in arresto:
- Domenico Lo Giudice, nato a Reggio Calabria, 44 anni;
- Giovanni Lo Giudice, nato a Reggio Calabria, 41 anni;
- OMISSIS PER OBLIO, nata a Reggio Calabria, 21 anni;
- OMISSIS PER OBLIO, nata a Reggio Calabria, 43 anni;
- Anna Gatto, nata a Reggio Calabria, 40 anni;
- Domenica Pennestrì, nata a Reggio Calabria, 39 anni;
- OMISSIS PER OBLIO, nato a Reggio Calabria, 22 anni;
- Bruno Stilo, nato a Reggio Calabria, 50 anni;
- Antonia Maviglia, nata a Reggio Calabria, 50 anni;
LO GIUDICE Domenico e LO GIUDICE Giovanni
in quanto responsabili, a vario titolo, del reato di cui agli art.416 bis, commi 1°, 2°, 3°, 4° e 5°, c.p., per aver fatto parte di un’associazione a delinquere di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta ed in particolare della cosca LO GIUDICE, quali punti di riferimento del capocosca LO GIUDICE Antonino cl’59, fornendo un costante contributo per la via dell’associazione mafiosa, in particolare
– partecipando alle riunioni tra gli esponenti della consorteria in occasione delle quali venivano pianificate le condotte criminose della cosca e prese le decisioni fondamentali per il mantenimento ed il rafforzamento della stessa;
– anche gestendo attività commerciali, sulla base di accordi con le altre cosche di ‘Ndrangheta per la spartizione del mercato e con la imposizione delle forniture ai clienti mediante l’impiego della forza di intimidazione mafiosa;
– anche finanziando l’acquisto di armi ed esplosivo della cosca, da impiegare per l’esecuzione di attentati nei confronti di obiettivi individuati dal capo cosca LO GIUDICE Antonino;
– anche rappresentando la cosca davanti alle altre cosche della ‘Ndrangheta, nella gestione degli affari criminali e dei rapporti tra le consorterie;
– più in generale mettendosi a completa disposizione degli interessi della cosca, cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo criminale.
Con l’aggravante dell’essere la associazione armata.
Con l’aggravante per LO GIUDICE Domenico e LO GIUDICE Giovanni di averla diretta ed organizzata.
Con l’aggravante dell’utilizzare i proventi della attività delittuosa per finanziare, in tutto o in parte, le attività economiche di cui gli associati intendevano assumere e/o mantenere il controllo.
TUTTI dal nr.1 al nr.9
in quanto responsabili del reato p. e p. dagli artt.12 quinquies Legge n.356 del 1992, Legge n.203 del 1991
Contestualmente è stato eseguito il sequestro preventivo delle sotto indicate ditte, beni immobili ed autoveicoli:
1) società denominata “CO.PLA.SUD” S.A.S. – con sede a Reggio Calabria, in via Benassai n. 4/B di Reggio Calabria ed oggetto sociale il “commercio di prodotti congelati e surgelati di carne e pesce”;
2) ditta individuale “INGR.AL.SUD” – P.I. 0120122801 – con sede attuale in via XXV Luglio 1943 n. 78 di Reggio Calabria ed oggetto sociale il “commercio all’ingrosso non specializzato di prodotti alimentari, di uova, latte, latticini, ecc.”;
3) ditta individuale OMISSIS PER OBLIO – con sede attuale in via OMISSIS PER OBLIO di Reggio Calabria ed oggetto sociale il “commercio al dettaglio di carburante per autotrazione e all’ingrosso di parti di autoveicolo”;
4) ditta individuale MAVIGLIA Antonia – P.I. 02167810809 – con sede attuale in via Clearco n. 25 di Reggio Calabria ed oggetto sociale “la somministrazione di alimenti e bevande”;
5) immobile sito in via Benassai n. 2/B di Reggio Calabria;
6) immobile sito in via Osanna n. 22 di Reggio Calabria;
7) immobile sito in via Enotria n. 3 di Reggio Calabria;
8) immobile sito in via Carrera I Tratto n. 3 di Reggio Calabria;
9) terreno con immobile sito in via Vecchio Cimitero s.n.c. Frazione Gallina
10) veicolo tg. DL286LM;
11) veicolo tg. DD672JD;
12) veicolo tg. CP663AA.
I beni sequestrati hanno un valore complessivo di circa 5 milioni di euro.
Il presente provvedimento restrittivo cautelare si innesta nella prosecuzione dell’attività investigativa condotta sempre da questa Squadra Mobile e che, a più riprese, ha già duramente colpito la cosca LO GIUDICE.
Con la nuova attività di indagine venivano rivisitati ed approfonditi gli esiti della precedente attività investigativa, identificando ed individuando le responsabilità di altri associati e contestualmente veniva avviata una proficua nuova attività investigativa, basata essenzialmente sugli esiti di intercettazioni telefoniche, cui si associavano i conseguiti riscontri alle dichiarazioni dei nuovi collaboratori di giustizia, MOIO Roberto, VILLANI Consolato, LO GIUDICE Antonino, LO GIUDICE Maurizio, MUNAO’ Umberto e IANNO’ Paolo, le cui propalazioni, vicendevolmente corroborandosi, hanno trovato perfetto riscontro nelle indagini eseguite da questa Squadra Mobile.
Nello specifico, LO GIUDICE Domenico e LOGIUDICE Giovanni sono stati riconosciuti partecipi a pieno titolo dell’attività mafiosa iniziata dal defunto boss, cioè il padre Giuseppe, e ne hanno proseguito l’attività anche dopo la sua morte. In particolare, i due odierni indagati hanno continuato a rivestire un ruolo importante all’interno della cosca dopo l’arresto nel 1991, durante il periodo di detenzione tramite gli associati in libertà e, una volta riottenuta la libertà, personalmente. Infatti, LO GIUDICE Domenico e LO GIUDICE Giovanni hanno seguito totalmente la strategia nascosta e molto redditizia utilizzata dal capo della cosca di: – rinunciare al Locale di Santa Caterina e dividersi in maniera pacifica i proventi illeciti derivanti dalla estorsioni con gli esponenti delle altre cosche; – costituire, al momento dell’arresto o immediatamente dopo la scarcerazione e con la disponibilità di somme di denaro di provenienza illecita imprese commerciali (prevalentemente nel campo degli alimentari) fittiziamente intestate a compiacenti prestanome per sottrarle a provvedimenti ablatori dell’Autorità Giudiziaria.
Dopo aver costituito tali attività commerciali di comune accordo con le altre cosche (cosca TEGANO e DE STEFANO) per la pacifica condivisione del mercato o agli incontri con esponenti ‘ndranghesti, riuscivano ad imporre le proprie forniture su quelle dei commercianti puliti avvalendosi della forza di intimidazione della propria consorteria.
Ulteriore elemento a sostegno della organicità dei due indagati si desume dal finanziamento per l’acquisto di armi ed esplosivo della cosca, da impiegare per l’esecuzione di attentati nei confronti di obiettivi individuati dal boss LO GIUDICE Antonino e dalla loro partecipazione insieme agli altri esponenti della consorteria ai summit nel corso dei quali venivano pianificate le decisioni fondamentali per il mantenimento ed il rafforzamento della cosca.
Ulteriore indizio del contributo di Domenico in favore della cosca è consistito nei suoi interventi presso alcuni esponenti delle cosche DE STEFANO e TEGANO perché rinunciassero a pretendere il pagamento di tangenti da parte di un costruttore, SARRA Vincenzo, vicino al clan e di cui l’indagato si faceva portavoce.
Dalle risultanze investigative esaminate è emersa altresì la effettiva riconducibilità alla cosca LO GIUDICE, tramite gli odierni indagati, di diverse attività commerciali e di alcuni immobili fittiziamente intestate a prestanome incensurati e frutto dell’investimento della ingente ricchezza accumulata mediante l’attività illecita posta in essere dai membri della cosca.
In buona sostanza, gli odierni indagati con la costituzione delle società sequestrate avevano operato una scelta di prudenza, evitando le classiche estorsioni celate con l’imposizione di forniture dei prodotti delle loro aziende, imponendone l’acquisto ai commercianti grazie alla forza di intimidazione dell’appartenenza alla consorteria mafiosa.
Infatti, venivano individuate diverse attività commerciali (CO.PLA.SUD S.A.S., D.I. INGR.AL.SUD, D.I. OMISSIS PER OBLIO; D.I. MAVIGLIA Antonia) di fatto gestite da LO GIUDICE Giovanni, da LO GIUDICE Domenico e da STILO Bruno, ma formalmente intestate a terzi soggetti, compiacenti prestanome dei tre esponenti apicali della cosca LO GIUDICE. Se delle prime due ditte si è già detto, invece la terza è un distributore di carburante della “ESSO”, acquisito dagli ALVARO di Sinopoli ed intestato da LO GIUDICE Domenico alla figlia OMISSIS PER OBLIO, ma di fatto gestito direttamente dal primo, come concretamente emerso dagli esiti delle intercettazioni telefoniche; la quarta, invece, è l’esercizio commerciale denominato “Bar ONDA D’ORO”, acquisito da STILO Bruno stritolando con l’attività usuraria il relativo titolare sino a costringerlo a cedere l’azienda che poi dallo STILO veniva formalmente intestata alla di lui moglie MAVIGLIA Antonia, pure tratta in arresto.
Ugualmente, ulteriori accertamenti consentivano di individuare diversi immobili negli anni recenti intestati formalmente a queste persone giuridiche (un deposito in via Benassai n. 2/B, un negozio in via Osanna n. 22, un magazzino in via Enotria n. 3, un garage in via Carrera I Tratto n. 3, edificio e terreno in via Vecchio Cimitero s.n.c. Frazione Gallina), di fatto appartenenti a LO GIUDICE Giovanni e LO GIUDICE Domenico: in linea con un modus procedendi costantemente attuato dai componenti della consorteria (si pensi alla attività di indagine posta in essere nell’ambito del presente procedimento penale, nei confronti di LO GIUDICE Luciano cl. 1974, recentemente rinviato a giudizio con un ruolo c.d. “imprenditoriale” entro la cosca LO GIUDICE e dominus di numerose imprese individuali e societarie e di diversi immobili fittiziamente intestati a terzi al fine di evitare provvedimenti ablatori della A.G.), tali fittizie intestazioni venivano consapevolmente poste in essere dai LO GIUDICE e dai loro complici, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali.
Ugualmente, venivano individuati diversi veicoli formalmente ceduti a terzo compiacente prestanome, OMISSIS PER OBLIO, legato da vincolo sentimentale con OMISSIS PER OBLIO, ma di fatto di proprietà del di lei padre LO GIUDICE Domenico.
Inoltre, la scelta delle fittizie intestazioni delle imprese commerciali di LO GIUDICE Domenico, LO GIUDICE Giovanni e STILO Bruno al fine di eludere l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali era certamente collegata anche ai trascorsi mafiosi di diversi familiari, esponenti della medesima cosca e destinatari, negli anni precedenti di provvedimenti ablatori del patrimonio e soliti, per evitarne l’aggressione, intestarli a soggetti diversi o ad altri familiari immuni da pregiudizi penali; tutte circostanze, quelle appena riportate, di cui LO GIUDICE Domenico, LO GIUDICE Giovanni e STILO Bruno erano ben consapevoli, trattandosi di una strategia “sposata” dalla consorteria, in seguito alla sua riorganizzazione dopo la conclusione della guerra di mafia.
Nel corso delle perquisizioni eseguite nei confronti degli indagati, presso l’abitazione di LO GIUDICE Giovanni veniva rinvenuta e sequestrata la somma di 90.000 euro in contanti.
Tutti gli indagati, a conclusione delle formalità di rito, sono stati associati presso la locale Casa Circondariale.