Reggio Calabria. Grande scalpore aveva provocato in città l’operazione di Polizia condotta lo scorso febbraio dalla DIA di Reggio Calabria, nota come “Cosmos”, che aveva svelato gli interessi della Cosca Libri sulla costruzione del Nuovo Palazzo di Giustizia. Gli uomini del colonnello Gianfranco Ardizzone avevano avviato le indagini nel 2008, subito dopo l’attentato al bar “Mille Voglie”. Scoprendo l’evoluzione che aveva assunto la ‘ndrangheta: intimidazioni, danneggiamenti e richieste estorsive finalizzate all’assunzione di operai, che poi non si presentavano al lavoro, e accaparramento dei lucrosi sub-appalti. Erano finiti in manette, su ordine del gip Domenico Santoro, insieme all’anziano boss, Pasquale Libri, anche Edoardo Mangiola e Claudio Bianchetti, ritenuti le nuove leve dell’associazione e sospettati di essere i portavoce della cosca nell’ambito delle estorsioni, ed esecutori di efferati delitti.
Diverse sono state, tuttavia, le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria che, accogliendo integralmente la richiesta depositata dall’Avv. Attilio Parrelli, difensore del Bianchetti, ha annullato l’ordinanza disponendone l’immediata scarcerazione.
Nelle oltre 1300 pagine dell’Informativa, il Bianchetti è descritto quale l’alter ego di Edoardo Mangiola, una sorta di longa manus sempre disponibile per spalleggiarlo durante i suoi viaggi, sulle cui reali finalità sono ancora in corso le indagini, ed a sostituirlo persino nella gestione delle attività economiche riconducibili allo stesso Mangiola. Nell’ambito della medesima operazione erano stati sottoposti a sequestro preventivo il Bar San Gaetano Catanoso, di titolarità della moglie dell’indagato e l’appartamento in cui gli stessi coniugi abitano.
L’avv. Parrelli ha offerto al Tribunale del Riesame una completa ricostruzione delle vincende che vedevano coinvolto il proprio assistito, alternativa a quella portata avanti dagli uomini della DIA, riuscendo a dimostrare attraverso intense ed elaborate investigazioni difensive, fondate sull’ascolto di numerosi testimoni e nella raccolta di documenti, l’infondatezza delle accuse. Il penalista reggino ha contestato l’idoneità del materiale investigativo a costituire prova di appartenenza alla cosca, ritenendo elemento del tutto generico e non dimostrativo la sola partecipazione ad un funerale, sebbene di persona sospettata di mafiosità, in un contesto socio-geografico nel quale è costume presenziare alle esequie anche di meri conoscenti per mero spirito solidariastico. L’avv. Parrelli ha depositato al Tribunale della Libertà un’articolata memoria nella quale ha potuto tratteggiare la personalità del Bianchetti, contestando l’esistenza di quei precedenti penali attribuitigli negli atti di indagine, e che erano frutto di grossolani errori, insistendo sulla circostanza che il proprio assistito era, e resta, incensurato. Il collegio, dimostrando di aderire alle richieste del difensore, ha annullato l’ordinanza ordinando l’immediata scarcerazione di Claudio Bianchetti.