In merito agli articoli apparsi sulla stampa locale sul funzionamento delle strutture residenziali psichiatriche, la Direzione Generale ritiene opportuno fare alcune precisazioni:
La Direzione Generale dell’ASP di Reggio Calabria non ci sta a sedersi sul banco degli imputati, proprio mentre sta portando a compimento con impegno e responsabilità, in perfetta sinergia con il Dipartimento di Salute Mentale, un’operazione che ha lo scopo di garantire al sistema della riabilitazione psichiatrica nella provincia di Reggio Calabria, continuità assistenziale per gli ospiti e certezze per gli operatori che vi lavorano.
Dal 1991, grazie al disinteresse sostanziale delle precedenti amministrazioni ed alla resistenza al cambiamento messa in atto per anni dalle stesse cooperative, si è operato in deroga ad ogni legge e regolamento, senza il rispetto dei requisiti minimi strutturali ed organizzativi, con modelli di funzionamento che oggi vengono spacciati quasi come modelli miracolistici, ma che in realtà hanno tradito lo spirito di civiltà e i principi ispiratori della rivoluzione basagliana.
L’operazione che la Direzione dell’ASP coadiuvata dal Dipartimento di Salute Mentale sta cercando di portare a termine è semplicemente quella di riallineare nell’alveo della legalità il funzionamento di queste strutture per arrivare, finalmente, anche a Reggio Calabria, a garantire a tutti i malati psichici e alle loro famiglie la certezza di standard operativi e prestazionali non discordanti rispetto a quelle che sono le linee guida attuali sia a livello regionale che nazionale.
Il primo passo da compiere, in tal senso, e’ sicuramente quello di procedere all’accreditamento delle strutture. Accreditare una struttura sanitaria è prima di tutto un obbligo di legge non solo a Reggio Calabria ma in tutta Italia. Accreditare significa obbligare sia l’ASP che colui che fornisce le prestazioni sanitarie richieste a rispondere sulla qualità di ciò che eroga. Nel concreto significa ad esempio pretendere che ogni malato sia ospitato in edifici dotati dei requisiti di sicurezza minimi, e di requisiti abitativi dignitosi ( vedi ad esempio numero di posti letto per camera e/o numero di bagni rispetto agli operatori o agli utenti, accesso per disabili etc….). Significa anche pretendere che ogni malato sia inserito in strutture pensate in rapporto al tipo di utenza ospitata ( vedi ad esempio nuova utenza rispetto a pazienti ormai anziani e cronicizzati) e non in rapporto alla semplice disponibilità del posto letto. Significa anche dare la possibilità ai centri di salute mentale di costruire progetti di riabilitazione centrati sul paziente e sulle attività di recupero dell’autonomia personale, che necessariamente devono essere svolte per impedire che utenti psichiatrici giovani che varcano la soglia della struttura siano custoditi sine die senza speranza alcuna di reinserimento nella realtà sociale di appartenenza. Significa infine creare nel prossimo futuro non solo strutture asilari aperte giorno e notte ma attivare finalmente centri diurni ed abitazioni assistite ove gli utenti possano vivere con la maggiore autonomia e dignità possibile, senza peraltro gravare esclusivamente sulle spalle di famiglie provate da anni di malattia ed emarginazione.
Questo è il piano del futuro e la scommessa con la quale il Dipartimento di Salute Mentale di Reggio Calabria si sta misurando ed è quello che l’ASP sta cercando di attuare grazie alle leggi del settore che regolano già da qualche anno il funzionamento delle strutture residenziali psichiatriche. Leggi che sono liberamente consultabili sul portale della regione Calabria alla voce sanità – psichiatria, leggi che stanno funzionando per tutto il resto della regione con successo come dimostra la realtà di alcune residenze cosentine o catanzaresi che hanno addirittura liste di attesa, anche di utenti reggini. Leggi e linee guida assimilabili a quelle operanti in realtà universalmente riconosciute come all’avanguardia nell’assistenza psichiatrica come l’Emilia Romagna o la Lombardia.
Infine un monito a chi protesta senza alcun fondamento di realtà bensì strumentalizzando la paura della collettività di fronte alla minaccia della cd. macelleria sociale in un campo così delicato come quello della realtà psichiatrica: senza legittimi contratti redatti nel rispetto della normativa vigente, tutto il settore rischia di continuare a rimanere invisibile semplicemente perchè privo dei requisiti dell’accreditamento, requisiti essenziali affinchè l’ASP possa continuare ad assicurare e a retribuire le prestazioni erogate.
Tutto ciò è stato spiegato ed analizzato dal Dipartimento di Salute Mentale e dal Direttore Generale dell’ASP, D.ssa Squillacioti, in numerosi tavoli tecnici, sei riunioni ufficiali solo nel corso del primo quadrimestre dell’anno in corso, che hanno visto la partecipazione di tutti gli attori in campo: cooperative sociali, mondo del volontariato, associazioni delle famiglie dei malati, chiarita diocesana, terzo settore.
Davvero non è più tempo di aspettare!
Agire costantemente ope legis, oltre che essere imperativo per ogni amministrazione pubblica, determina, senza alcun dubbio, ripercussioni importanti riguardo la sicurezza e la tutela degli ospiti, l’efficienza degli interventi di riabilitazione, la retribuzione stessa delle ditte e delle cooperative, che, in atto, operano senza la copertura di un regolare contratto con l’ASP.
E’ paradossale, peraltro, che i lavoratori del movimento (?), attraverso il portavoce Mancuso (?), accusino la Dirigenza dell’ASP di essere pronta a pagare le spettanze dovute in quanto il risultato di bilancio dell’esercizio trascorso è positivo, mentre i servizi resi nell’ambito comunale rischiano di essere sospesi per mancanza di liquidità: quello che dovrebbe diventare, a rigor di logica e di buon senso, motivo di plauso per la gestione del gruppo di lavoro guidato dalla dr.ssa Squillacioti, in un travisamento paradossale della realtà, diventa, invece, incredibilmente un’accusa!!!! “