Di lavoratori sfortunati in questo particolare momento storico di crisi economica del vecchio continente ce ne sono veramente tanti, nessuno può sentirsi garantito ma soprattutto nessuno dovrebbe sentirsi discriminato. In un contesto sociale così delicato, tutti dovremmo essere consapevoli, soprattutto chi si trova di fronte a dover scegliere dei lavoratori rispetto ad altri lavoratori, che il diritto di ciascuno di noi finisce laddove incominciano i diritti degli altri.
La sfortuna di circa 86 lavoratori della società Acquereggine S.c.p.A. è quella poi di trovarsi in un territorio come il nostro dove neanche quello che dovrebbe essere scontato risulta possibile, dove la civiltà ed i diritti dei lavoratori sono soltanto un ostacolo da superare per esercitare il proprio potere decisionale senza avvertire il bisogno di rendere trasparenti e coerenti attraverso criteri ed un confronto con il sindacato le proprie scelte aziendali sul personale da mantenere in servizio e su quello da collocare in mobilità.
Il sindacato all’improvviso, dopo aver sempre collaborato ed aiutato, per il bene di tutti i lavoratori, un’azienda in difficoltà, è stato estromesso e non gli è stata data la possibilità di esercitare il proprio ruolo di controllo e di verifica in materia di riflessi sul personale. Acquereggine S.c.p.A. attraverso il proprio “consulente del lavoro” ha ritenuto opportuno coinvolgerci quando bisognava condividere un protocollo per applicare il contratto di solidarietà, ha ritenuto economicamente conveniente coinvolgerci per la sottoscrizione di un accordo di mobilità di “fine corsa” (l’azienda risultava in liquidazione) ma da quel momento in poi (da novembre 2011) ha chiuso le porte al sindacato e non ci ha più convocato ufficialmente, non ha sentito più la necessità, non ha avuto bisogno di condividere o rendere pubblici i criteri con i quali 39 lavoratrici e lavoratori dovevano continuare a lavorare e 86 andavano licenziati. Così facendo, Acquereggine S.c.p.A ha finito per togliere la dignità a tutti i lavoratori, a quelli rimasti in servizio e a quelli che sono stati licenziati. Neanche nella comunicazione fatta all’ufficio provinciale del lavoro di Reggio Calabria sono stati indicati criteri o una graduatoria di merito ma soltanto l’elenco delle lavoratrici e dei lavoratori cui veniva revocato il licenziamento collettivo.
Come può Acquereggine S.c.p.A., alla luce di quanto cronacamente noto, difendersi dall’accusa di atteggiamento antisindacale cercando di delegittimare o mettere in discussione la “legittimità attiva” del sindacato con il quale firma protocolli di intesa per applicare il contratto di solidarietà, con il quale sottoscrive un accordo per la mobilità collettiva di 125 lavoratori giustificandosi con il “fine corsa” e messa in liquidazione della società? Come può affermare, in contraddizione con il principio di “legittimità attiva” dichiarando di fronte al giudice che “il sindacato ha delegato l’azienda sulla scelta del personale da mantenere in servizio, quali prove ha per dire una cosa di questo tipo che non sta né in cielo e né in terra? Quale sindacato rinuncia al proprio ruolo di controllo e di verifica sui riflessi del personale? Chi può essere disposto a credere ad affermazioni difensive di questo tipo?
In tutto questo noi non vogliamo sostenere che la colpa sia di un “boia” che ha sicuramente avuto un preciso mandato di operare per conto di Acquereggine S.c.p.A., i propri legali rappresentanti pro tempore non possono veramente pensare di nascondersi dietro un tecnico, un professionista, un consulente del lavoro per essere esenti da eventuali errori o responsabilità. Non vogliamo immaginare come finirà il ricorso presso il giudice del lavoro né vogliamo fare ipotesi in tal senso perché abbiamo il massimo rispetto per la magistratura e per i giudici, sappiamo che comunque vada in questa vicenda triste ha perso la democrazia, la civiltà e la politica di chi aveva congegnato tutto in modo premeditato per estromettere il sindacato dal proprio ruolo di rappresentanza e rappresentatività. Il sindacato c’è e continuerà ad esercitare fino in fondo il proprio ruolo di rappresentanza in tutti i modi e con tutti i mezzi che la democrazia lo consente.
Se l’azienda intende fare un passo indietro, se ha voglia di confrontarsi con il sindacato e rendere noti i criteri attraverso i quali ha individuato la consistenza (39 come attuale organico) e i dipendenti da mantenere in servizio perché non dice al proprio avvocato difensore di smetterla di contattare “furtivamente” i colleghi di CISL e UIL di categoria per proporre accordi tesi ad isolare di fatto la CGIL? I colleghi Carmelo Mangiola, della FEMCA-CISL, e Giuseppe Rizzo, della UIL-Trasporti, non sono meno convinti o meno intelligenti della CGIL e portano avanti con orgoglio e senso di responsabilità tutte le decisioni che abbiamo preso in modo unitario, soprattutto quella di pretendere giustizia e trasparenza, per il rispetto di chi in virtù di criteri deve continuare a lavorare sentendosi in diritto di farlo non a discapito di un altro collega licenziato.
FILCTEM CGIL di Reggio Calabria Locri e Gioia Tauro
Segretario Generale
Giuseppe CARBONE