Anniversario strage di Capaci. Magarò: “Nella lotta alla mafia i risultati di oggi non si sarebbero potuti raggiungere senza il lavoro di Falcone”

Reggio Calabria. Si riporta nella sua stesura integrale l’intervento del presidente della Commissione regionale contro la ‘ndrangheta, Salvatore Magarò in occasione della commemorazione della figura di Giovanni Falcone, a venti anni dalla strage di Capaci.

“La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”. Mi piace introdurre l’iniziativa di oggi, a vent’anni dalla strage di Capaci in cui trovarono la morte Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro con una citazione di Falcone, perché ritengo che questa frase, che ha il seme della speranza, sintetizzi al meglio il pensiero che ha animato e mosso l’attività d’ indagine e il lavoro del magistrato palermitano. Ci sono storie che, seppure collocate nella cronologia di un tempo passato, restano, per il loro valore e la concretezza dei risultati, sospese nel presente. Le storie di Falcone e Borsellino non appartengono al passato, ma all’attualità del nostro tempo. Sono drammaticamente attuali perchè le mafie sono ancora tra noi: ma soprattutto sono attuali e vivi, perché sul solco della loro azione e lungo il tracciato di un’intuizione forte e reale, che ha generato grandi risultati investigativi e giudiziari, si è mossa e si muove ancora oggi l’attività di contrasto alle mafie. Nella lotta alla mafia sono cambiate tante cose, ma i risultati di oggi e lo dico senza tema di smentita, non si sarebbero potuti raggiungere senza il lavoro e il metodo inaugurato da Falcone. Intuì che vi era una saldatura tra due interessi: quello criminale e quello politico e che bisognava indagare quella “zona grigia” che assicurava coperture, complicità e immunità agli uomini di mafia. Falcone pagò con la vita questa intuizione, ma le sue idee quelle che lo spinsero a indagare la mafia a 360°, quelle che lo spinsero a seguire il percorso del denaro per scovare gli “uomini d’onore”, costituiscono il metodo di indagine che caratterizza il lavoro di tanti magistrati che quotidianamente riescono ad assicurare alla giustizia nuovi boss e vecchi latitanti. L’iniziativa di oggi si inserisce nel solco di una programmazione dell’attività della Commissione regionale contro la ‘ndrangheta, che ha rivolto particolare attenzione al ruolo della memoria, non come semplice commemorazione, ma come strumento per alzare la soglia d’attenzione delle giovani generazioni e mantenere alta la tensione morale nei confronti di una battaglia, quella contro le mafie, che ci richiede particolare concentrazione e l’impegno di tutti e di ciascuno per sconfiggere quella mafiosità su cui si alligna ‘ndrangheta, mafia e camorra. “Si muore – diceva Falcone – perché si è lasciati soli o perché si è entrato in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze o perché si è privi di sostegno”. Una vita blindata quella del magistrato palermitano, in convivenza con la morte e il dolore per gli attacchi delegittimanti. Ecco: quello che non possiamo proprio permetterci è di lasciare soli gli uomini e le donne che combattono la mafia. Quello che non possiamo permetterci è di scendere a patti con le mafie, cedere alle lusinghe di contrattazioni effimere e pericolose a qualunque livello. Quello che non possiamo permetterci è di confondere la mafia con l’antimafia. Vi è un nemico subdolo e pericoloso, penetrante come la capacità delle mafie di inserirsi nei circuiti economici e finanziari internazionali. Più pericolosa della lupara bianca è la capacità della ‘ndrangheta di confondere, di mescolare la mafia con l’antimafia, le guardie con i ladri, i giudici con gli affiliati. E’ una tecnica, una strategia che la mafia utilizza al pari delle stragi e degli attentati. E l’area dell’indistinto, quella zona grigia sospesa tra legale e illegale, in cui è difficile vedere bene cosa accade dentro, da che parte sta il giusto, diventa irrimediabilmente nera. Non cadere nelle nuove e sofisticate trappole della ‘ndrangheta, significa prioritariamente mantenere vigile e allenata la capacità di analisi critica e l’abilità di decodificare i messaggi, non cedendo alle “lusinghe” effimere e inconsistenti della calunnia e interrompendo la tendenza troppo diffusa di un’informazione “gossippara”. E’ un’operazione culturale, questa, che possiamo e dobbiamo praticare proprio noi “inermi cittadini” come diceva Falcone; ma è una rivoluzione importantissima perché sottrae humus alla capacità delle mafie di radicarsi, perché rappresenta il cemento armato di una struttura che può resistere alle intemperie della stagione di veleni: l’unica che ci consente di ricostruire una nuova stagione di democrazia e libertà.

 

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