Reggio Calabria. Questa mattina – rende noto un comunicato stampa della Questura che qui riportiamo integralmente – personale della Squadra Mobile diretta dal primo dirigente Gennaro Semeraro, in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare (nr.1271/12 RGNR DDA-nr.1440/12 RGIP DDA-nr.55/12 R.O.C.C.) emessa dal gip presso il Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale DDA, a conclusione di un’articolata attività di indagine, ha tratto in arresto:
- Domenico Condemi, alias Doddy, 36enne nato a Reggio Calabria, attualmente detenuto presso la Casa Circondariale di Melfi (PZ);
- Natale Cuzzola, 49enne nato a Reggio Calabria, attualmente detenuto presso la Casa Circondariale di Palmi
in quanto indiziati dei delitti di porto abusivo e detenzione illegale di un fucile a canne mozze e relativo munizionamento, omicidio ed occultamento del cadavere di Marco Puntorieri cl’70, fatto commesso in data 15 settembre 2011.
Il provvedimento restrittivo cautelare, scaturito a conclusione dell’operazione denominata “Armo”, si innesta nella prosecuzione dell’attività investigativa condotta sempre dalla Squadra Mobile e che già in data 21.12.2011 (operazione “Alta Tensione 2”) ed in data 22.02.2012 (operazione “San Giorgio”) era sfociata nell’emissione di analoghi provvedimenti che avevano consentito di trarre in arresto complessivamente 16 presunti affiliati della cosca Libri-Caridi, tra cui figuravano sia Condemi che Cuzzola.
L’odierna ordinanza di custodia cautelare è il compendio degli esiti degli approfondimenti investigativi compiuti dalla Squadra Mobile in merito all’omicidio, avvenuto in località Armo di Reggio Calabria in data 15 settembre 2011, in pregiudizio di Marco Puntorieri cl’70, indiziato di essere organico alla cosca Libri.
Le indagini avviate nell’immediatezza dalla locale Stazione dell’Arma dei Carabinieri Rione Modena, da subito avevano inquadrato l’episodio delittuoso, perpetrato con il metodo della c.d. “lupara bianca”, quale regolamento di conti maturato in seno alla medesima consorteria mafiosa e si erano concluse con l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere (nr.1271/12 RGNR DDA-nr.1440/12 RGIP DDA-nr.23/12 ROCC) eseguita in data 23.03.2012 nei confronti di Domenico Ventura, 49enne nato a Reggio Calabria, anch’esso indiziato di essere organico alla menzionata consorteria criminale.
In particolare, una svolta alle indagini dell’Arma venne impressa dalla ricezione di uno scritto anonimo contenente una penna usb cui erano acclusi dei files audio/video, frutto di riprese effettuate a mano libera ed a mezzo di una seconda telecamera fissa. Tali immagini immortalavano la vittima ed il Ventura nei momenti in cui gli stessi, stazionando in prossimità di un rudere sito in località Armo, colloquiavano, maneggiando un fucile a canne mozze, nell’attesa verosimilmente di compiere un efferato delitto fino al momento in cui i due soggetti uscivano dall’inquadratura della telecamera fissa e, dopo un “vai e vieni” di immagini, si udivano due colpi di fucile, per poi essere ripreso il cadavere del Puntorieri riverso al suolo. Dalla visione e conseguente analisi di tali filmati sono stati raccolti elementi sufficienti ed univoci che hanno condotto all’emissione dell’ordinanza eseguita nei confronti di Ventura.
Parallelamente la Squadra Mobile, nell’ambito del procedimento penale (nr. 458/11 RGNR DDA), aveva avviato già da tempo una serie di attività tecniche, di intercettazioni telefoniche ed ambientali, nei confronti di diversi presunti esponenti della cosca Caridi, notoriamente federata al più prestigioso clan Libri. All’esito delle stesse attività è scaturita l’emissione di due distinti provvedimenti cautelari eseguiti nell’ambito delle operazioni “Alta Tensione 2” e “ San Giorgio”. Inoltre, con recente nota informativa depositata in data 27 giugno scorso, la Squadra Mobile ha denunciato alla locale Direzione Distrettuale Antimafia Domenico Condemi e Natale Cuzzola, (già tratti in arresto per associazione mafiosa ed altri reati-fine in quanto presunti affiliati alla cosca Caridi) in quanto indiziati dei delitti di omicidio ed occultamento di cadavere, in concorso con Ventura.
Nell’ambito di tale attività di indagine sono stati rivisitati ed approfonditi gli esiti della precedente attività investigativa, identificando ed individuando le presunte responsabilità del duo Condemi-Cuzzola che secondo l’accusa, unitamente al Ventura, il giorno precedente l’omicidio avrebbero eseguito un sopralluogo finalizzato a sperimentare le condotte da adottare in vista del delitto da compiere, il giorno seguente, in danno della vittima. Infatti, sempre secondo l’accusa, dal tenore delle intercettazioni captate in data 14 settembre 2011, a bordo dell’autovettura Fiat Panda in uso al Condemi, è emerso come il trio Cuzzola-Condemi-Ventura avesse pianificato i dettagli del progetto delittuoso, soffermandosi sia sulle fasi preliminari in cui non avrebbero dovuto fare trapelare le loro intenzioni omicidiarie alla vittima, lì convocata con il pretesto di compiere un omicidio, in concorso con i soggetti appartenenti al suo medesimo ambiente criminale; sia sulle fasi successive alla consumazione dell’efferato delitto, relative al momento in cui il trio avrebbe dovuto lasciare il locus commissi delicti, all’individuazione dei mezzi di locomozione da adoperare ed alle modalità di occultamento del cadavere. Tutti i passaggi essenziali dell’azione criminale, elaborata nei dettagli dai tre soggetti, sarebbe stata puntualmente eseguita il giorno seguente negli stessi termini in cui era stata programmata.
I risultati complessivamente conseguiti all’esito delle indagini sono stati così compendiati nell’odierno provvedimento restrittivo cautelare.
Inizialmente la Squadra Mobile è stata delegata alla visione ed al riascolto dei files, oltre che alla disamina degli esiti delle indagini esplicate dalla Stazione dei Carabinieri. Da subito la Squadra Mobile ha individuato chiaramente il tranello ordito ai danni del Puntorieri il quale, la mattina del 15 settembre ’11, era convinto che avrebbe dovuto compiere un delitto ma, da presunto carnefice, lo stesso era, in realtà, la vittima predestinata dei suoi apparenti complici. Questi ultimi, infatti, lo avrebbero attirato in località Armo con il pretesto di realizzare un delitto, dato evidenziato da cinque distinte circostanze.
La prima è desunta dai filmati in cui il Puntorieri ed il Ventura, ripresi in atteggiamenti confidenziali intenti a passeggiare ed a colloquiare affabilmente tra loro, maneggiavano entrambi l’arma che sarebbe stata poi utilizzata dal secondo per l’omicidio del primo. La seconda è data dal particolare che il Puntorieri quella mattina fosse uscito di casa privo di documenti e, soprattutto, dei due cellulari nella sua disponibilità, che infatti vennero successivamente rinvenuti presso l’abitazione materna, accortezza certamente utilizzata al fine evidente di non consentire di individuare la sua esatta posizione con l’ausilio di eventuali successive mirate attività tecniche. La terza, desunta dai filmati riesaminati e dalle escussioni dei familiari, è data dalla circostanza che il Puntorieri tenesse tra le mani un paio di collant, fornitogli quella stessa mattina dalla moglie ed alla cui presenza l’aveva calzati sulla testa, gesto la cui unica spiegazione plausibile era l’imminente compimento di un reato per la cui realizzazione lo stesso avrebbe dovuto avere il volto travisato in modo da non essere riconoscibile. Inoltre, la Squadra Mobile, dal riesame dei filmati, ha captato anche alcuni tratti di conversazione in cui il Puntorieri si informava se anche il Ventura fosse fornito di calze (P:“senti, ti sei portato la calza?” / V: “no, non ne ho portate”) reputandola necessaria nel timore di potere essere riconosciuto “io gliela taglio in caso, anche se è stretta, lo vedi che mi viene stretta però onestamente…inc…se passa qualcuno…”. La quarta deriva sempre dal dialogo captato dalla Squadra Mobile, in particolare nel passaggio in cui il Puntorieri dapprima chiedeva al Ventura dove si trovasse Natale, cioè l’altro presunto complice Natale Cuzzola, cugino del Ventura, il quale ne certificava la presenza nelle vicinanze (P:“dove è andato Natale?” /V: “là dove c’è lo…inc…”), verosimilmente a fare da vedetta per avvertire dell’arrivo di quella che era stata fatta credere al Puntorieri sarebbe stata la vittima designata, ansiosamente attesa dal Puntorieri (“e lui quando sale”) ed in ciò rassicurato dal Ventura “no, passa verso le nove e mezzo mi ha detto che sale…inc…”. La quinta scaturisce ancora dal dialogo captato, nella parte in cui il Ventura sollecitava Puntorieri ad appartarsi per non essere visti (“Mettiamoci qua Marco, che non ci veda qualcuno, qua è buono per le marbizze vedi, ah”), finchè il Puntorieri rassicurava il Ventura che “Natale è venuto, Natale…inc…”, quindi secondo gli investigatori è certo che il Cuzzola, benché non inquadrato, si fosse avvicinato ai due che sparivano dall’inquadratura, per poi udirsi subito dopo i due colpi che attingevano mortalmente il Puntorieri.
Era chiaro, ancora secondo l’accusa, che l’omicidio fosse stato premeditato e consumato in seno alla medesima organizzazione criminale di cui anche la vittima avrebbe fatto parte, considerati i suoi trascorsi giudiziari. Pertanto, la Squadra Mobile ha proceduto ad un attento riascolto degli esiti delle attività tecniche espletate nelle indagini relative alla cosca Caridi, notoriamente federata al più prestigioso clan Libri, legame cementato anche dal matrimonio tra il capocosca Antonino Caridi e Rosa Libri, quest’ultima figlia del defunto boss Don Mico. In particolare, elementi determinanti in merito al concorso nell’omicidio Puntorieri in capo al trio Ventura-Cuzzola-Condemi sarebbero emersi dalle captazioni registrate a bordo dell’auto in uso proprio al Condemi, dialoghi intercettati il giorno precedente al delitto, e con la quale autovettura i tre avevano effettuato finanche un accurato sopralluogo del sito prescelto per la perpetrazione dell’efferato delitto consumato il giorno seguente.
Infatti, i tre dialogavano dettagliatamente progettando la realizzazione del delitto, decidendo con quale auto salire in quei luoghi isolati, descrivendo minuziosamente la strada impervia dagli stessi percorsa per raggiungerli, pianificando di nascondere ivi l’arma che sarebbe stata utilizzata e finanche provandola il giorno prima, incuranti di essere incappati in un imprevisto di non poco conto, cioè di avere trovato poco più in là una coppietta appartata in una macchina. Quindi il dialogo passava ad analizzare i momenti successivi, relativi cioè all’occultamento del cadavere, che dapprima veniva deciso dovesse essere semplicemente coperto con uno strato di cartone compresso, recuperato proprio all’interno del rudere, per poi fare definitivamente sparire il corpo del Puntorieri che, difatti, a tutt’oggi non è stato ancora rinvenuto, essendo soltanto state repertate su detto strato di cartone compresso e sul locus commissi delicti tracce ematiche e biologiche riconducibili alla vittima. Il trio era particolarmente attento alla programmazione nei minimi dettagli al punto che il Cuzzola sottolineava perentoriamente “facciamo le mosse che facciamo domani”. I conversanti non solo non mostravano alcuna perplessità né remore sul da farsi, ma anzi ostentavano addirittura menefreghismo e noncuranza, entrambe, sempre secondo l’accusa, chiara ed inequivoca espressione della forza intimidatrice derivante dalla loro appartenenza ad un’associazione mafiosa, arrivando finanche a vantarsi dell’eco che il delitto avrebbe cagionato nell’opinione pubblica (“ora scoppia la bomba, tra un paio di giorni scoppia la bomba”), manifestando soltanto un dubbio inerente la definitiva sparizione del corpo esanime, perché il Condemi riteneva eccessivamente rischioso salire una seconda volta per occultarlo definitivamente e dal canto suo il Cuzzola riteneva invece più idoneo altro sito non meglio precisato per commettere il delitto, in quanto la loro presenza in quel posto non avrebbe destato sospetto, a differenza del luogo prescelto e dove fu effettivamente perpetrato il delitto.
A suffragare definitivamente le loro responsabilità, sempre secondo l’impianto accusatorio, è intervenuta anche un’intercettazione ambientale captata all’interno del circolo “Caccia sviluppo e territorio”, ubicato in città, notoriamente luogo in cui gli affiliati della cosca Caridi si riunivano per pianificare le loro attività delittuose ed anche sede della segreteria politica del consigliere comunale di maggioranza Plutino, anch’egli arrestato nell’ambito dell’operazione “Alta Tensione 2”. In particolare, in data 21 ottobre 2011, quindi circa un mese dopo l’omicidio, veniva captata una conversazione nella quale il Condemi commentava con il proprio interlocutore l’avvenuto ritrovamento della microspia all’interno dell’auto del primo. Da detto dialogo traspariva tutta la preoccupazione del Condemi che inizialmente era fortemente preoccupato di un imminente provvedimento restrittivo; quindi i due, dopo avere discusso da quanto tempo poteva essere stata installata la microspia, esaminavano varie tipologie di attività delittuose, finché si registrava il seguente passaggio:
…
ESPOSITO: Persone non ne sparate davanti dalla macchina una cosa o un’altra, sopra a questo qua ci siamo, omicidi non ce ne sono stati…–\
ESPOSITO: Qualche incontro, ma non penso che siete andato con la vostra macchina in un incontro!–\
CONDEMI: A quale incontro?–\
ESPOSITO: Se vi siete incontrato con qualcuno!–\
CONDEMI: No, ma era per cose di…di un…quando parlavo con Giovanni qua…(inc.)…–\
CONDEMI: Qua rischiamo Peppino un ergastolo!–\
…
Ad un tratto l’Esposito asseriva “persone non ne sparate davanti dalla macchina una cosa o un’altra, sopra a questo qua ci siamo, omicidi non ce ne sono stati…”, evidentemente consapevole che il Condemi non avrebbe mai commesso l’imprudenza di consumare un assassinio a brevissima distanza dalla propria autovettura ed, al contempo, però disconoscendo della compartecipazione del Condemi nell’omicidio del Puntorieri, perpetrato un mese prima, tant’è che non ricollegava detto episodio delittuoso ad un coinvolgimento del Condemi stesso. Invece, dal canto suo, sul delicatissimo punto introdotto dall’Esposito, il Condemi dapprima non ribatteva nulla e poi, subito dopo, sottolineava “qua rischiamo Peppino un ergastolo!”, palesemente manifestando il timore che potesse incappare nella condanna al carcere a vita, misura prevista proprio per l’autore di un omicidio. E’ ovvio, secondo gli investigatori, che detta preoccupazione in capo al Condemi non avrebbe avuto alcuna ragion d’essere se non proprio per il recente omicidio commesso in data 15 settembre ’11, vittima il Puntorieri.
Il timore paventato dal Condemi sarebbe stato giustificato dalla sua compartecipazione alla fase ideativa, a quella di pianificazione e di esecuzione dell’omicidio de quo. In particolare, in merito ai primi due stadi del delitto, il Condemi sarebbe stato fortemente preoccupato perché sopralluogo e progettazione dell’omicidio erano stati effettuati, unitamente ai complici, a bordo della sua autovettura Fiat Panda, sulla quale dal medesimo era stata poi rinvenuta la microspia, di qui la trepidazione di sapere da quanto tempo fosse stata installata ed il conseguente allarme di rischiare un ergastolo “qua rischiamo Peppino un ergastolo!”. Anche l’uso del plurale “rischiamo un ergastolo” sarebbe chiaramente indicativo di tutto quanto minuziosamente acclarato dalla Squadra Mobile e confluito nell’odierna ordinanza.
Le ordinanze sono state notificate presso le Case Circondariali di Melfi e Palmi dove sono già ristretti, rispettivamente il Condemi e il Cuzzola, in qianto tratti in arresto precedentemente dalla Squadra Mobile per i reati di associazione mafiosa, estorsioni, danneggiamenti ed altro.