Reggio Calabria. Solo poche settimane fa, il Decreto governativo sullo “Spending Review 2” ha “risvegliato” il dormiente processo di costituzione della Città Metropolitana di Reggio Calabria, che assieme alle sue altre nove consorelle italiane, al primo gennaio 2014 si vedrà istituita d’ufficio.
Per forza, e per qualcuno fors’anche controvoglia, si deve ora riparlare del “problema”, ma in termini esclusivamente operativi.
A tal fine, giornalmente, assistiamo a tanti incontri e dichiarazioni istituzionali dei vari Soggetti preposti, si è persino tenuta un’assise in Città delle dieci Province italiane interessate, dove ovviamente sono state sviscerate tutte le questioni relative alle future Città Metropolitane d’Italia.
Quel che però, almeno finora, non è venuto fuori è che il Bel Paese, essendo a pieno titolo nell’ Europa Comunitaria – ora persino con le carte in regola, come dice Monti – nel “promuovere” forzatamente e per decreto, nuove dieci città italiane al rango di metropolitane, non ha tenuto conto di ciò che tutte le Istituzioni Europee, quali il Consiglio, la Commissione, il Parlamento Europeo, il Comitato delle Regioni e il Comitato Economico e Sociale Europeo, a tal proposito, “raccomandano” nel quadro dell’Agenda territoriale 2020, e già da un po’.
Intanto, gli sviluppi metropolitani nell’ambito del territorio europeo sono giustamente considerati come una priorità sempre più crescente, in linea con le posizioni espresse dalla UE negli ultimi dieci anni. Allo stesso tempo, però, il CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo) dà una definizione di città/area metropolitana che ci permette di poter fare questa riflessione, che proprio secondaria non è, rispetto anche ai temi della perimetrazione territoriale e della governance della nostra futura città metropolitana.
Confermando, peraltro, il carattere preminente di “economico-funzionale” da assegnare al territorio della stessa, com’anche la sottoscritta aveva già evidenziato in un altro suo articolo, il CESE definisce un’area metropolitana non una grande città qualsiasi, ma piuttosto una grande città, o un gruppo policentrico di centri urbani, dove entrambe le tipologie comprendono sia i comuni più piccoli che le zone rurali circostanti, con una massa critica demografica di almeno 500.000 abitanti (o molti di più). Queste aree, che “diventano” quindi regioni funzionali, costituiscono pertanto importanti centri economici e mercati del lavoro e, di norma “… non corrispondono a precedenti entità amministrative, come province e distretti … sono invece gli snodi principali della rete Ten-T e, nel contempo possiedono esse stesse complesse reti di trasporti.”
Da queste poche righe, chiunque immediatamente può comprendere che c’è qualcosa che non va nel dibattito come fin qui impostato sulla futura città metropolitana reggina, ancora certamente agli inizi, ma che è giusto evidenziare, laddove si può addirittura mettere in discussione il rango di città metropolitana ad essa assegnato. Ovvero, di quel che dovrebbe già essere per configurarsi istituzionalmente e gestionalmente come “metropolitana”.
Sempre la UE, raccomanda anche a tutti i Paesi Membri di adottare un approccio creativo alla rinascita urbana del XXI secolo, al fine di dare vita ad aree e città metropolitane solide e competitive, pur conscia che attualmente regni una gran confusione sul modo di affrontare la questione, e sicuramente più a livello di ogni singola Nazione che europeo.
Nell’illustrare le ragioni di tale confusione, sembrerebbe che la UE stia parlando proprio di ciò che accade a casa nostra (ovviamente non è così), ma leggendo che “… ciò è dovuto in parte a problemi di governance e titolarità e in parte alla frammentazione degli approcci … e che … alcune tensioni nascono dalla presenza di punti di vista contrastanti sull’approccio da adottare – dall’alto verso il basso oppure dal basso verso l’alto – nonché da problemi tra grandi città, da un lato, e comuni più piccoli e zone rurali, dall’altro”, è indubbio che la descrizione calzi a pennello.
Possiamo pertanto affermare che sia per decreto che per scelta, lo sviluppo della Città Metropolitana reggina non per forza debba coincidere con i vari confini amministrativi attuali, di un altro ente, rimettendo quindi scientificamente in discussione che non si può a priori stabilire – e per legge – che essa debba automaticamente coincidere, nella fattispecie, con i 97 territori comunali della Provincia di Reggio Calabria, con quasi le stesse deleghe che questo Ente all’attuale possiede, per poi invece affermare che la sua governance debba essere affidata al Comune Capoluogo, poiché ciò pone come elemento debole dell’intera questione uno dei principi base della democrazia partecipata, laddove invece le teorie più avanzate in materia di territorio ed urbanistica lo pongono come fondamentale in ogni moderno atto e processo di pianificazione, ivi compresa la Legge Urbanistica Regionale della Calabria (LUR n. 19/02, s.m.i.).
Cercando di “tradurre” localmente, quanto qui evidenziato, la Città Metropolitana di Reggio Calabria (e non solo), per porsi all’avanguardia degli sviluppi futuri del territorio provinciale, (come interessato), con la propria identità e le proprie caratteristiche, ma anche per incidere sul livello economico che maggiormente le compete – quello macro – deve andare di pari passo con l’obiettivo di ridurre le disparità territoriali oggi esistenti, quali quelli ad esempio del sistema delle infrastrutture e della rete dei trasporti, (A3, SS 106, strade varie a scorrimento veloce (realizzate e in progetto), rete viaria esistente, Ferrovia, (anche locale), Alta Velocità, Aeroporto (… dello Stretto), Porto di Gioia Tauro, di Villa San Giovanni, di Reggio Calabria, eccetera), così come quelle del tessuto produttivo e dei servizi, nonché dell’armatura urbana e dei suoi “nodi” portanti sul territorio, ma soprattutto dell’ambiente che attraverso la sua difesa e conservazione rappresenta la vera ed unica scommessa per il futuro sviluppo metropolitano e meno di questa provincia e regione.
Circa i modelli di governance urbana e metropolitana, invece, sia il Trattato di Lisbona che la Strategia Europa 2020, prevedono un loro efficace cambiamento verso quello che oggi viene definito come “multilivello”, in quanto le Città e le Aree Metropolitane, in primis, sono riconosciute essere i soggetti a pieno titolo protagonisti dello sviluppo regionale, assegnando a quest’ultime addirittura il compito di coordinare ed attuare le politiche in materia urbana e territoriale. Si evidenzia così, in maniera ancor più netta, come sia sostanziale la differenza di cosa in Europa s’intenda per “regione” rispetto a quello che invece sono le Regioni amministrative in Italia.
Questo, difatti, e non solo per le Scienze Regionali, per gli Urbanisti e i Policy Makers, è un argomento molto affascinante, ma anche molto importante, da porre obbligatoriamente in evidenza nel processo di costituzione della Città Metropolitana di Reggio Calabria, poiché, in termini economico-funzionali, avrebbe certamente più senso e logica territoriale, parlare della definizione della “Regione dello Stretto” e dell’”Area Metropolitana dello Stretto”, come da decenni, tutti gli studi scientifici fin qui condotti a tal proposito chiaramente avanzano.
Purtroppo, l’Unione Europea intrattiene un rapporto difficile e complicato con tutte le sue città ed aree metropolitane, dovuto a molteplici ragioni, quali la già affermata assenza di una governance efficace e la notevole diversità dei tanti sviluppi e situazioni in ogni Stato Membro, così come, le ragioni politiche di carattere interno (principio di sussidiarietà) che impediscono ad ogni singola Nazione di discutere appieno le questioni urbane a livello UE.
Anche con riferimento al tema della governance, nel cercare di riportare quanto qui evidenziato nel contesto attuale, e in verità non solo locale, è, però, ulteriormente necessario accennare anche a quali in realtà siano i problemi ad essa relativi, in aggiunta a quelli già citati della titolarità e della frammentazione degli approcci adottati. E, solo a titolo di esempio non può non essere evidenziato che:
- in tutte le aree urbanizzate, si manifesta spesso un divario, da un lato, tra i pianificatori urbani responsabili dell’assetto territoriale, delle infrastrutture, degli alloggi e dei servizi generali e, dall’altro, di quei soggetti che promuovono lo sviluppo e il dinamismo economico, nonché la creazione di posti di lavoro: in altri termini, spesso non vi è una convergenza di vedute;
- in misura sempre maggiore, i centri di ricerca, gli studiosi e gli esperti, pubblicano utili studi analitici sugli agglomerati urbani, ma l’effettiva comunicazione con i poteri pubblici è ancora limitata;
- le autorità a livello nazionale, regionale e locale sono di norma riluttanti a condividere i loro punti di vista con il settore privato, ad esempio con quello immobiliare e gli investitori;
- le città e le regioni, come pure i governi, si rivolgono principalmente a Bruxelles per ottenere sostegno finanziario e di solito trascurano la possibilità di discutere politiche a favore delle aree metropolitane o l’esigenza di valutare gli effetti della legislazione UE su di esse.
In tale situazione, l’Unione Europea, negli anni, si è comunque crescentemente impegnata, dando luogo a numerosi Programmi, supportati da notevoli finanziamenti, specie nelle Regioni più svantaggiate, come per l’appunto la Calabria, che a tutt’oggi attraverso anche i POR 2007-2013, beneficia di una grande disponibilità di fondi finalizzati anche ad integrare e migliorare lo sviluppo urbano e metropolitano nel più ampio quadro degli obiettivi europei. E’ pur comunque vero che i finanziamenti europei, destinati a realizzare progetti nelle città, spesso coinvolgono anche l’amministrazione nazionale, in quanto gli Stati Membri raramente sentono l’esigenza del solo coinvolgimento “sovranazionale” nelle loro questioni urbane.
In sintesi, gli Stati Membri e gli agglomerati urbani, spesso continuano a concentrarsi sulle loro attività correnti invece di aprirsi a strategie integrate o obiettivi a lungo termine.
Per quanto fin qui detto, ai fini di una compiuta ed efficace realizzazione della Città Metropolitana di Reggio Calabria, e per il suo ormai obbligato percorso, ma mi sento di poter affermare anche in virtù (che poi è un auspicio) della sua “rinascenza” urbana, gli elementi determinanti, oltre a quelli legislativi, sono senz’altro i seguenti:
- pensarla comunque in un framework più ampio di città-regione, pur se formalmente ed altrimenti “perimetrata”, ovvero a carattere reticolare nell’Area dello Stretto;
- intuire le specializzazioni in termini produttivi e di servizi che essa deve obbligatoriamente “strutturare” e potenziare, come basi per la formazione di clusters in grado di attirare investimenti;
- ricercare livelli di prossimità con i centri locali della cultura e del sapere, anche individuali, per sviluppare catene di valore ben definite;
- connettersi dal punto di vista della sua mobilità interna, ma soprattutto esterna, attraverso sistemi di trasporto intelligenti, unitamente alla gestione locale delle questioni ambientali, rafforzati da partenariati pubblico-privati;
- configurarsi con l’esigenza della densità qualitativa urbana invece che con quello di espansione incontrollata;
- essere socialmente sostenibile, sia demograficamente che dal punto di vista del mercato del lavoro, che devono essereadeguatamente sostenuti da processi mirati di istruzione e formazione;
- colmare gli esistenti divari culturali, creando opportunità anche per le minoranze in essa residenti, migliorando ad esempio i livelli di qualità della vita e degli alloggi, in rapporto all’onda lunga e crescente dell’incoming migratorio;
- coinvolgere nella sua pianificazione – prima, durante e dopo – le figure professionali adeguate, specie locali, poichè la conoscenza territoriale sia fisica che culturale è condizione essenziale per la sua definizione ultima.
Infine, ma non meno importante, è la definizione del modello di governance della Città Metropolitana, che deve essere basato su una combinazione di approcci dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto, per assicurarsi il coinvolgimento di tutte le parti interessate e migliorare l’interazione tra il livello decisionale e quello attuativo, cioè una governance multilivello.
Ma, dato che in Europa, la Città Metropolitana, si configura anche come “macroregione”, ritengo sia utile suggerire a quanti interessati, la promozione di un’iniziativa sulla quale la UE punta quasi tutta la sua programmazione futura (Europa 2020), ovvero di uno strumento giuridico definito GECT (Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale), affinchè l’ Area Metropolitana possa divenire veramente più competitiva nei confronti anche di paesi terzi, quali ad esempio quelli del Bacino del Mediterraneo, incoraggiando e instaurando così una cooperazione più stretta lungo determinate catene di valore, accompagnata però da una “sovrastruttura” di cooperazione tradizionale nei settori della cultura, del turismo, dell’istruzione, dell’ambiente, del policy-making, dell’amministrazione ecc., anche per far sì che la cooperazione economica sia meno vulnerabile alle crisi che oggi, ma soprattutto domani potrebbero attanagliarci.
Grazia Gioè
Urbanista e Policy-Maker