Reggio Calabria. Il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria ha disposto l’immediata scarcerazione di Raffaele Giordano e di Elio Giordano, detenuti presso la Casa Circondariale di Reggio Calabria, accogliendo i ricorsi dei rispettivi difensori avvocato Luigi Cardone e avvocato Francesco Sorace. I due Giordano erano stati arrestati nella notte del 25 luglio scorso, nell’ambito dell’operazione “Nuova Delia” relativa all’omicidio di Rocco Frisina, avvenuto nel gennaio del 2008, in esecuzione dell’ordinanza applicativa di misura cautelare emessa dal gip di Reggio Calabria, dottoressa Trapani, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. Tale ordinanza, nell’accogliere la richiesta effettuata dalla Procura Distrettuale, dichiarava la propria incompetenza per territorio ed applicava la misura cautelare ritenendo ricorressero ragioni eccezionali di urgenza; gli atti, pertanto, sono stati trasmessi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palmi. Successivamente il gip di Palmi, Giulio G. De Gregorio, accogliendo la richiesta presentata dal pm Enzo Bucarelli, ha confermato la custodia cautelare in carcere per Elio e Raffaele Giordano. Nella suddetta indagine, a seguito di una complessa attività di intercettazioni ambientali e telefoniche nei confronti dei parenti della vittima, sarebbero emersi gravi indizi di colpevolezza a carico dei due, per fatti – assolutamente – diversi dall’omicidio e che sarebbero stati accertati nel 2008. Elio Giordano (cognato di Rocco Frisina ) ed il nipote Raffaele, erano accusati di porto illegale, detenzione e vendita di armi comuni da sparo. I due avrebbero avuto la materiale disponibilità di numerose armi da fuoco, procurate e rivendute con estrema facilità, avrebbero avuto anche competenza tecnica e dimestichezza tale da effettuare personalmente modifiche e/o riparazioni. Avrebbero utilizzato, infine, un linguaggio convenzionale per indicare le armi possedute, in particolare il termine “macchina” e Giordano Elio persino “figliola”. I difensori, avvocati Luigi Cardone e Francesco Sorace, hanno dimostrato l’infondatezza delle accuse e l’inesistenza sia dei gravi indizi di colpevolezza che delle esigenze cautelari, provando, altresì, che tutti i fatti contestati ai loro assistiti sono destituiti di qualsiasi fondamento.