Roma. E’ in discussione in questi minuti a Montecitorio la “Mozione Calabria”. L’onorevole Maria Grazia Laganà Fortugno ha pronunciato un intervento di cui si riporta di seguito il testo integrale.
La mozione che abbiamo presentato sulla preoccupante condizione della regione Calabria è, a mio avviso, un atto politico di responsabilità rispetto a una realtà del territorio nazionale che, più di ogni altra nel Mezzogiorno d’Italia, sembra condannata a un’inesorabile condizione di sottosviluppo, isolamento e marginalità. Oggi questa regione paga un prezzo pesantissimo per le opportunità mancate e per una politica, quella del precedente governo nazionale, fatta solo di annunci di imponenti opere pubbliche, che nei fatti non sono mai state realizzate. In questo solco, anche l’attuale governo regionale dimostra di non avere un’idea precisa e credibile del futuro della Calabria, mentre il tempo passa e, con esso, scorre via anche l’ultima grande chance di crescita, rappresentata dai fondi comunitari dell’obiettivo Convergenza che questa Regione è incapace di impegnare e spendere. I dati macroeconomici che sono parte integrante della mozione non hanno bisogno di commenti. Rappresentano in maniera chiara la situazione e spiegano perché la Calabria è, per il nostro Paese, l’emergenza tra le emergenze. Mi sia consentito di richiamare solo due cifre: quelle sulla disoccupazione, che sfiora il 20% – quasi il doppio della media nazionale –, e quella sul calo del Pil che a fine anno si attesterà al 3,2%. Sono numeri spaventosi che evocano i peggiori scenari di crisi che l’Europa abbia conosciuto negli ultimi mesi. Di fronte a questa situazione, occorre capire cosa fare. È per questo che abbiamo deciso di portare la questione Calabria in Parlamento, perché la Calabria è un problema dell’intero Paese. Tuttavia, l’epoca dell’assistenzialismo, degli aiuti a pioggia e della politica piagnona è finita. La crisi in atto è gravissima, nonostante gli sforzi che l’Italia sta compiendo per uscirne e che vengono riconosciuti al Governo dalla comunità internazionale. Non è questo il tempo delle richieste sul piano economico. Ma è il tempo di sfruttare le opportunità che ci vengono concesse, affinché la Calabria riesca a risollevare la sua condizione e, in questo modo, da problema dell’Italia si trasformi in leva per il rilancio del Mezzogiorno, che oggi continua a costituire la più drammatica questione nazionale: forse, va riconosciuto con onestà, anche il più grave limite alla ripresa del sistema Paese. La vera occasione di sviluppo futuro per la Calabria è il porto di Gioia Tauro. Il terminal container tirrenico è una delle più importanti realtà del Mediterraneo, sia per la sua posizione strategica, sia per l’elevato numero di merci movimentate. Ma tutto questo, in oltre quindici anni, non è stato sufficiente a trasformare l’economia calabrese che continua a essere asfittica. I problemi di Gioia Tauro – ed è su questi che si può e si deve intervenire – sono molto chiari. Innanzitutto, va affrontata la questione dell’insufficiente collegamento di quest’area con i principali assi paneuropei, per l’inadeguatezza delle infrastrutture ferroviarie e autostradali: si pensi alla Salerno-Reggio Calabria che, dopo anni di lavori, costituisce ancora in parte assai consistente un cantiere. E comunque, una volta che le opere saranno terminate, il risultato sarà assai modesto, con un’autostrada che nel 2013, quando pare che sarà completata, sarà di gran lunga meno moderna e sicura della media europea. In secondo luogo, è cruciale il tema del polo logistico nell’area retroportuale. Solo la realizzazione di insediamenti produttivi nella vasta porzione di territorio che si trova alle spalle delle banchine può garantire una produzione di valore aggiunto che porti ricchezza alla Calabria. Ma per attrarvi investimenti è necessario creare condizioni favorevoli che rendano appetibile la Piana della Gioia Tauro. Sotto questo profilo, è indispensabile colmare l’esistente gap di competitività, attraverso la realizzazione di una Zona economica speciale, con l’abbattimento delle accise sul carburante in ambito portuale e la fiscalizzazione degli oneri sociali. Riteniamo che questo sia il principale supporto che dallo Stato possa e debba arrivare a favore del Porto. Oltre, naturalmente, alla prosecuzione dell’azione di contrasto nei confronti della ’ndrangheta e della criminalità organizzata che costituisce il presupposto indefettibile per consentire a Gioia Tauro di divenire oggetto d’interesse da parte degli investitori. Soprattutto di quelli degli Stati che fanno parte dell’area del Brics e che, in questo momento, registrano elevatissimi tassi di crescita. Ma la legalità è una precondizione dello sviluppo anche per altri comprensori del territorio calabrese, come la Locride: una terra di grande cultura, autentico giacimento di beni archeologici, dotata di importanti potenzialità dal punto di vista turistico. Questo territorio però continua a soffrire di mali atavici. Su tutti, l’isolamento, dovuto a un sistema dei trasporti assolutamente carente per la pericolosità e l’inadeguatezza della Statale 106 e per la condizione della tratta ferroviaria jonica, che ormai può essere definita una “linea fantasma”. Se la Calabria è l’emergenza dell’Italia, la Locride è l’emergenza della Calabria, con i gravissimi problemi legati allo smaltimento dei rifiuti, al sistema della depurazione, che in tutta la regione è al collasso, e al settore della sanità, dove l’attuazione del Piano di rientro dal debito regionale sta procurando un inaccettabile depauperamento dei servizi offerti ai cittadini. Anche questa è la Calabria oggi. Lontana anni luce dall’Europa e vicina a un baratro dal quale non risalirebbe più, se dovesse cadervi, andando più a fondo del punto già bassissimo in cui è scivolata fino ad ora. Ma se ciò accadesse, allora le conseguenze sarebbero pesantissime non solo per i calabresi, ma per tutti gli italiani. Dobbiamo impedirlo.