Reggio Calabria. Faccio subito presente, a scanso di equivoci e strumentalizzazioni, di fare parte di quella sparuta minoranza di cittadini e professionisti che non hanno mai votato la destra ed il suo condottiero Scopelliti. In questi giorni la discussione, se tale può definirsi, in vari ambiti cittadini si aggroviglia sul così detto manifesto per Reggio sottoscritto da circa 500 cittadini, di cui la stragrande maggioranza professionisti affermati e persone oneste. Francamente non mi sono impressionato dal “peso” delle firme, tra cui autorevolissimi esponenti del mondo delle professioni, tra questi lo stimato Avvocato Alberto Panuccio, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Calabria, bensì sul modo e sui contenuti di un documento che per la prima volta, negli ultimi dieci anni, coinvolge una larga fetta della tanto reclamata società civile. Non mi è neppure sfuggita la presenza delle importantissime associazioni di categoria, i cui rappresentati vivono forse il momento più nero delle loro aziende. Ma la domanda che mi sono posto, è di come sia possibile che questa buona fetta di società civile reggina, abbia trovato l’intento comune di rivendicare un ruolo per Reggio, senza nessuna discussione circa il momento che vive la Città, senza alcun approfondimento, magari pubblico, circa l’analisi della situazione economica e sociale, le sue cause (oltre la crisi mondiale!), e soprattutto le soluzioni condivisibili per potere superare l’oggettivo momento tragico che vive Reggio Calabria, in sostanza senza dire quale sia, o quale ruolo vorrebbero per Reggio. Istintivamente ho pensato che molti professionisti abbiano sottoscritto quel documento, dopo anni di silenzio, perché foraggiati, in senso buono, da quel sistema di gestione del potere e modo di vivere denominato modello Reggio, ma poi, a mente fredda, e scorrendo i nomi, mi sono convinto che un professionista, per quanto importanti possano essere gli incarichi professionali elargiti dalla politica in assenza di clientela “spontanea”, non abdica al proprio ruolo di libero, appunto, professionista prima ancora che uomo e persona. Ed allora la spiegazione di quanto accaduto va data sul piano prettamente culturale, e cioè dal fatto che per un decennio la così detta società civile è stata coinvolta nelle parate politiche, così come negli innumerevoli convegni più o meno interessanti, solo per comodo di chi ha sempre ritenuto di scegliere le sorti di Reggio senza condividere nulla, facendo quasi convincere la società civile stessa, che altro modello di “governance” non può esistere. È difficile immaginare che uno stuolo interminabile di avvocati, architetti, medici, professori universitari, primari ospedalieri, rappresentanti di istituzioni importanti come la Camera di Commercio, esprimano il loro pensiero in modo talmente stringato e soprattutto senza intraprendere un minimo di approfondimento sulla situazione che vive Reggio e le cause che così l’hanno ridotta. È troppo poco dire che Reggio è fatta da persone perbene, perché se questo è il messaggio, dovrebbero spiegare a chi si rivolgono che la pensa diversamente e per quali finalità, e soprattutto cosa intendono per persone perbene, se considerano tali chi ha tolto il coperchio sulla gestione deprecabile del Comune o chi ha tentato strenuamente di camuffarne gli effetti e le verità. È del tutto evidente che i professionisti elencati in calce al documento non si sognerebbero di considerare Reggio un enclave privo di un ordinamento giuridico democratico ed ispirato ai principi della Costituzione italiana, quindi respingo il pensiero che quelle firme siano una pressione verso il Governo al fine di non sciogliere il Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, così come sono convinto che tutti gli elencati siano convinti che chi ha commesso un reato vada punito e la Città vada risarcita se è stata derubata. Ma ciò che non emerge in quel documento, è lo sguardo al futuro che ci si aspetta dalla “intelligenza” che esprime la Città, e cioè lo stacco netto dalle cause che hanno portato allo sfacelo di Reggio e la proposta per tornare ad essere quella Reggio bella e gentile di che i più piccini non hanno conosciuto. Ecco è proprio questo il rischio, che i figli di questa città, crescano irrimediabilmente avvolti in una cultura dell’omertà e della omologazione a cattivi modelli. Auspico francamente che i firmatari del documento si diano da fare per essere parte attiva dei processi decisionali della Città, si sottraggano al giogo degli incarichi e delle prebende, se mai si siano sottomessi, facciano emergere la netta differenza tra il malaffare che ha investito il Comune in questi anni, ed il valore che essi stessi possono esprimere per il bene comune, acquisendo consapevolezza che la Città deve mutare e crescere, economicamente, culturalmente, in maniera legalitaria e difendendo strenuamente le sue istituzioni da chi le mette a rischio. Solo così i firmatari del documento avranno il giusto riconoscimento dalla Città tutta, cosa ben diversa dalla riconoscenza di qualche potente pro tempore di turno.
Avvocato Giuseppe Basile